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Autorimesse e gallerie non sono parti comuni

Locali sotterranei per autorimesse e gallerie commerciali non rientrano tra le parti che si presumono comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.
Avv. Valentina Papanice 

Autorimesse, gallerie e condominio

Le autorimesse e le gallerie commerciali non rientrano nell'ambito, di cui all'art. 1117 c.c., delle parti che all'interno del condominio possono presumersi comuni; dunque, in assenza di una diversa specificazione espressa nel titolo di acquisto, dette parti devono considerarsi di proprietà di singoli condomini.

Conseguentemente, salva diversa disposizione contenuta nel titolo, non è legittima la richiesta di pagamento delle spese condominiali riferite alle stesse.

Questo, in sintesi, il principio sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 23001 del 2019.

La Corte non è nuova a tale tipo di valutazioni.

Possiamo anzi dire che quelle sulla natura condominiale delle parti poste all'interno dei condomini rappresentano una buona parte delle controversie in materia condominiale; peraltro, un filone ben nutrito da due cause, a parere di chi scrive: l'una di natura teorica, l'altra di natura pratica.

La prima causa è da rinvenirsi nelle norme stesse ed è data dalla circostanza che l'elenco di cui all'art. 1117 c.c. non è esaustivo, dunque se tale caratteristica di norma aperta è utile per poter ricomprendere nell'elenco qualunque parte o servizio che, dati i progressi tecnologici e la creatività degli architetti non sono immaginabili, ma effettivamente svolgano la funzione di parti comuni alle unità immobiliari, al contempo diviene occasione di mille diatribe.

Ma perché tanta vivacità nel dibattito? Perché dalla natura condominiale del bene deriva l'applicazione delle norme di cui l'art. 1117 c.c. è solo l'inizio, comprese quelle - e così siamo alla seconda causa del filone - che impongono e regolano il pagamento delle spese condominiali.

In buona sostanza, tutto deriva dalle responsabilità connesse alla comproprietà del bene, soprattutto ai costi della detta tenuta, ma non solo.

E, spesso, la differenza sul rendiconto non è da poco. S'immagini, pensando al caso qui in esame, la differenza di costo in capo a ciascun condomino nel caso in cui si ammetta che le spese relative ad una galleria siano di spettanza di tutti i condomini o invece lo si escluda.

Una differenza che val bene una causa.

Quindi, per tornare a noi, questa volta si ragiona a proposito di gallerie commerciali e autorimesse.

Gallerie e autorimesse sono parti comuni? La parola al giudice

Ebbene, una volta consultata, la Corte afferma che no, non si tratta di parti comuni secondo l'art. 1117 c.c.

Come noto, l'art. 1117 c.c. contiene un elenco di beni comuni; tale elenco, lo abbiamo già detto, non è esaustivo: ai beni ivi indicati possono aggiungersene altri; il criterio, come è stato ampiamente affermato dalla giurisprudenza, è quello della relazione di accessorietà strumentale e funzionale: in sintesi, se il bene serve alle unità immobiliari, allora va considerato condominiale.

Le autorimesse e i locali commerciali non rientrano tra le parti comuni

Non solo il criterio dell'art. 1117 c.c. non è esaustivo, ma le stesse parti ivi indicate vanno presunte quali parti comuni se il contrario non risulta dal titolo: se l'atto di compravendita stabilisce che il bene è di proprietà di tizio, non si tratta di un bene comune.

Tutte le altre parti, cioè quelle che non sono presumibili quali parti comuni (perché non rientrano nel l'elenco dell'art. 1117 c.c. né hanno una relazione di accessorietà strumentale e funzionale con le unità immobiliari) lo sono solo ove il titolo affermi che lo siano; se dunque è stabilito che l'immobile dove alloggia il custode è condominiale, così è.

Differentemente, si tratta di un locale di proprietà individuale; eventualmente, se mai venduto, rimasto di proprietà del costruttore.

Ebbene, per la sentenza n. 23001 della Corte di Cassazione in commento, le autorimesse ed i locali commerciali, anche se collocati all'interno del perimetro condominiale, non rientrano tra quelli di cui all'art. 1117 c.c.; "neppure sotto l'aspetto di parte necessaria all'uso comune", cioè, deduce chi scrive, neppure perché collegati funzionalmente agli immobili individuali.

Non c'è presunzione di condominialità, con la conseguenza che il condominio non se ne può giovare (della presunzione) per richiedere il pagamento dei relativi oneri ai condomini ed i condomini, onde non pagare, non sono tenuti alla prova contraria (della condominialità); l'onere probatorio invece spetta nel caso inverso, al condomino che intenda vincere la presunzione di condominialità affermando di essere il proprietario esclusivo.

Spetta quindi al condominio, il soggetto che vanta il diritto, secondo le regole generali (di cui all'art. 2697 c.c.), dare prova documentale che il bene sia di proprietà comune.

Si citano in sentenza le decisioni emesse dalla Corte di Cassazione n. 10371/1997 proprio a proposito di autorimesse e n. 8376/1990 a proposito di vani scantinati.

Né infine, si conclude sul punto, ai fini di tale accertamento, può avere rilievo quanto stabilisce "il regolamento di condominio di formazione assembleare, o la planimetria ivi riportata, non costituendo il regolamento un titolo di proprietà, ove non si tratti di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini".

Non vi è dubbio che un regolamento non approvato da tutti non possa disporre circa i diritti di proprietà. Viceversa, un regolamento contrattuale, cioè approvato o accettato da tutti, può rappresentare quel titolo cui si riferisce l'art. 1117 c.c. e dunque stabilire che un bene escluso dal novero dei beni condominiali lo sia, o, viceversa, che un bene normalmente condominiale, nel caso specifico non lo sia.

Perché le parti dell'edificio indicate dall'art. 1117 possono essere anche di proprietà esclusiva?

Sentenza
Scarica Sent. Civile Sez. 2 Num. 23001 del 16/09/2019
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