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Amministratore ingiuriato e diffamato: il condomino colpevole deve risarcire il danno morale

In ambito condominiale non è raro che un condomino esagitato arrivi ad ingiuriare e poi diffamare l'amministratore di condominio.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

È bene sottolineare che l'offesa riguardante un assente e comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione (595 c.p.). Quest'ultimo è un reato punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Chi offende una persona presente (si parla allora di ingiuria) non viene più giudicato in sede penale, ma commette "soltanto" di un illecito civile.

In ambito condominiale non è raro che un condomino arrivi ad ingiuriare e poi diffamare l'amministratore di condominio.

Viene da domandarsi se la vittima di tali condotte possa richiedere o meno il risarcimento del danno morale. Il problema è stato recentemente affrontato dalla Corte di Appello di Messina (sentenza n. 703 del 25 agosto 2023).

All'amministratore ingiuriato e diffamato spetta il risarcimento del danno morale. Fatto e decisione

L'amministratore di un supercondominio (un avvocato che rivestiva anche un ruolo istituzionale nel Consiglio Comunale della sua città) comunicava ai condomini l'impossibilità di far luogo all'assemblea per mancanza del numero legale; successivamente, mentre stava per andarsene, un condomino - con cui aveva precedentemente discusso - gli indirizzava espressioni offensive; lo stesso partecipante al condominio, anche dopo che se ne era andato, continuava ad offendere l'amministratore (che definiva "pagliaccio"), arrivando pure ad insultare una condomina che in una seduta precedente aveva votato per la conferma detto professionista.

A fronte di tale comportamento la vittima si rivolgeva al giudice civile per richiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali, quali conseguenza dell'ingiuria e della diffamazione nei propri confronti.

Il Tribunale, però, dopo aver rigettato l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato tentativo di mediazione, affermava che i testimoni non avevano chiarito le circostanze in cui si era verificato il fatto, così da consentire una esatta visione dell'evento e del comportamento delle parti presenti.

In ogni caso secondo il giudice di primo grado non era stato provato il pregiudizio subito dall'attore.

Quest'ultimo si rivolgeva alla Corte di Appello, facendo presente, tra l'altro, che appellare un avvocato con espressioni ingiuriose in presenza (così era emerso dal verbale assembleare) di più di sessanta condomini e continuare ad apostrofarlo, in sua assenza, con l'espressione "pagliaccio" costituiva una condotta ingiuriosa assolutamente grave, gratuita e spregevole diretta a compromettere intenzionalmente il suo onore, decoro e la sua reputazione personale e professionale.

Secondo l'amministratore, quindi, il Tribunale aveva tralasciato di considerare la rilevanza dell'offesa subita e la circostanza che gli insulti erano stati proferiti alla presenza di oltre sessanta condomini, peraltro senza plausibili motivi e con l'evidente intento di gettare discredito.

Secondo il soggetto leso dai fatti sopra descritti era possibile desumere, seppure in via presuntiva, l'esistenza di un danno morale ex articolo 2059 c.c. (sofferenza interiore derivante dall'illecito).

Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, la Corte di Appello non ha messo in dubbio la commissione dell'illecito ad opera del condomino esagitato.

Secondo gli stessi giudici di secondo grado il convenuto ha insultato l'appellante e tale condotta, anche a fronte dell'esclusione dall'assemblea, non costituisce mera critica dell'operato dell'amministratore, tale diritto non potendo trasmodare nell'insulto.

Tenuto conto di quanto sopra la Corte ha concluso che le frasi proferite dal condomino hanno certamente causato dolore, rabbia alla vittima, procurandogli un danno morale (che è stato quantificato in € 5.000).

Diffamazione e ingiuria contro l'Amministratore

Considerazioni conclusive

Il diritto di satira rientra nella scriminante dell'esercizio di un diritto ex art. 21-33 Cost. e 51 c.p. che, nell'apprezzare il linguaggio simbolico e paradossale dello scritto satirico, deve comunque rispettare il metro consueto di correttezza e del rispetto dei valori fondamentali.

In quest'ottica la Cassazione ha precisato che raffigurare un amministratore nella veste di Pinocchio può rientrare nel diritto di satira se il contenuto comunicativo non trascende in espressioni offensive e dispregiative (Cass. pen., Sez. V, 27/05/2016, n. 41785).

Invece le frasi pronunciate alla presenza di più persone, con le quali l'amministratore di un condominio viene tacciato di illecita appropriazione del denaro a lui versato dai condomini al fine di far fronte a debiti personali od impiegarli in viaggi, in assenza di qualsivoglia elemento attestante la veridicità di quanto affermato, integrano senz'altro il delitto di diffamazione (Cass. pen., 10/04/2020, sez. V, n. 11913).

Allo stesso modo sussiste l'offesa e "l'animus diffamandi" richiesto dall'art. 595 c.p., quando le dichiarazioni rese dal condomino insinuano il dubbio circa la correttezza della condotta di amministratore e, nel riportare la conoscenza di un possibile nuovo amministratore, ritenuto "valido", con cui rimpiazzarlo, alludono implicitamente all'inidoneità dello stesso a ricoprire la carica, cercando, con tali maniere, di intaccarne la stima e reputazione acquisita nel contesto di riferimento rappresentato dall'opinione degli altri condomini (Cass. pen., sez. V, 01/04/2022, n. 12186).

In tali casi è possibile richiedere il risarcimento del danno alla reputazione che non è in re ipsa, identificandosi tale tipologia di danno non con la semplice lesione in sé dell'interesse tutelato dall'ordinamento, ma con le conseguenze derivanti da tale lesione, sicché la sua esistenza nel caso concreto deve essere allegata e provata dalla parte che ne chiede il risarcimento, anche attraverso il ricorso a presunzioni gravi precise e concordanti, assumendo rilevanza a tale fine, quali parametri di riferimento, la diffusione e la rilevanza dell'offesa e pure la stessa posizione sociale della vittima (Trib. Monza 1 febbraio 2023, n. 231).

Sentenza
Scarica App. Messina 25 agosto 2023 n. 703
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