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È lecita la telecamera in condominio anche senza l'unanimità dei condomini

È lecito il sistema di videosorveglianza installato dal singolo proprietario esclusivo senza il placet di tutti gli altri?
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

Niente da fare per proprietario dell'immobile che vuole far spegnere l'impianto video installato per motivi di sicurezza: la riservatezza è violata solo se l'obiettivo inquadra parti private. "È lecito il sistema di videosorveglianza installato dal singolo proprietario esclusivo senza il placet di tutti gli altri anche se l'obiettivo punta anche sulle parti comuni dell'edificio.

Sicché non vi sarebbe violazione della privacy in quanto il cortile del fabbricato o il relativo accesso non rientrano nei concetti di domicilio e privata dimora: questi sono destinati a essere utilizzati da un numero indeterminato di soggetti". Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Roma con la pronuncia n. 3977 del 20 febbraio 2015 in merito alla liceità delle telecamere di sicurezza in condominio.

I fatti di causa. Tizio e Caio (proprietario e conduttore di un immobile in condominio) con citazione esponevano che la società Beta aveva apposto su spazi comuni del condominio alcune telecamere finalizzate a riprendere cose e persone in aree comuni in pieno contrasto con le norme sulla privacy.

Inoltre veniva contestato alla convenuta l'illegittima apposizione di vasi sui vialetti condominiali, impedendo così alle vetture di transitare e parcheggiare in violazione delle disposizioni del regolamento condominiale.

Nel presente giudizio interveniva il Condominio in adesione delle richieste degli attori in merito alla rimozione delle telecamere e dei vasi, nonché del risarcimento del danno.

Utilizzo dell'impianto di videosorveglianza in condominio

La videosorveglianza nel condominio. In materia di installazione di impianti volti a consentire la videosorveglianza sulle parti comuni dell'edificio condominiale, la norma di cui all'art. 1122 ter c.c., va necessariamente coordinata con l'art. 134, D.Lgs. n. 196 del 2003, che riserva al Garante della privacy la promozione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, la cui osservanza costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali effettuato da soggetti privati e pubblici.

Quindi tale attività, di installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni, deve sempre essere contemperate con il rispetto del diritto alla tutela della privacy del singolo condomino.

Il rispetto della privacy. Il Garante della privacy ha distinto le riprese svolte dai singoli condomini a scopi personali e quelle che invece vengono effettuate dal condominio per controllare le sue parti comuni.

Il primo caso si riferisce a quando il condomino intende sorvegliare la propria porta di casa oppure il posto auto.

A tal proposito è importante che il sistema di videosorveglianza sia installato in modo tale che l'obiettivo della telecamera riprenda unicamente la porta d'ingresso e non il pianerottolo.

Difatti, l'installazione di impianti volti a consentire la videosorveglianza sulle parti comuni dell'edificio condominiale deve ritenersi legittima allorquando l'inquadratura riprenda la zona immediatamente di fronte alla porta di casa, ed illegittima allorquando abbia ad oggetto la zona condominiale corrispondente al pianerottolo o alle scale o alle porte d'ingresso degli appartamenti confinanti. (In tal senso Trib. Salerno Ordinanza 30 aprile 2015).

Invece, nel caso di telecamere poste dal condominio per sorvegliare le parti comuni, dovranno essere adottate tutte le misure e le precauzioni previste dal Garante, cioè: la presenza di appositi cartelli della presenza di telecamere.

Queste potranno riprendere solo le aree comuni da controllare, evitando la ripresa di luoghi circostanti quali strade, altri edifici, edifici commerciali eccetera.

La delibera e la tutela dei condomini. Con la riforma del condominio (legge n. 220/2012), il legislatore è intervenuto nella materia introducendo l'articolo 1122 ter c.c. secondo cui: «le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136» (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio).

L'amministratore deve quindi eseguire la delibera nel pieno rispetto delle condizioni di legittimità, per non incorrere in responsabilità personali.

Esulano dalla previsione dell'articolo 1122-ter c.c. gli impianti individuali dei condòmini per la loro tutela personale e patrimoniale, che non abbisognano di alcuna autorizzazione assembleare, nemmeno se posizionati su parti comuni, il cui uso è consentito (anche con modifiche) dall'articolo 1102 c.c. nei limiti dallo stesso previsti che ricomprendono, anche la salvaguardia di stabilità, sicurezza, decoro architettonico dell'edificio.

Nella logica dell'articolo 1122-ter deve ravvisarsi la tutela di un interesse collettivo, che presiede a ogni decisione assembleare, e dunque la videosorveglianza riguarderà le parti comuni che si potrebbero definire di "utilità generale" o "diffusa".

A tal proposito è da ritenere che l'assemblea non possa autorizzare un condomino a una videosorveglianza "settoriale" (per esempio sulla rampa di scale) attigua alla propria abitazione, poiché mancherebbe un interesse condominiale, cioè collettivo, ed addirittura si verrebbe ad avallare una violazione della riservatezza dei vicini di casa (Trib. Salerno Ordinanza del 30 aprile 2015).

L'esigenza personale di sicurezza, tuttavia, può essere appagata, senza bisogno di autorizzazione, con l'impianto singolo limitato ai propri spazi privati.

Al riguardo, il Tribunale di Varese, con ordinanza del 16 giugno 2011, ha accolto l'orientamento espresso dalla Cassazione sentenza n. 44156/2008, disponendo la rimozione dell'impianto, la cui installazione non era stata decisa dall'organo assembleare, essendo stato lo strumento posizionato da uno dei comproprietari a fini di sicurezza (in questo caso è prevalso il diritto della riservatezza)

Il ragionamento del Tribunale di Roma. A seguito dell'istruttoria di causa, era emerso che vi era stato installato un impianto di videosorveglianza in grado di registrare le immagini riprese da sei telecamere, delle quali cinque poste lungo il perimetro dei vialetti condominiali; mentre, un'altra rivolta verso l'ingresso al piano seminterrato.

Il CTU, inoltre, aveva accertato che le videocamere inquadravano solo le finestre del piano rialzato di proprietà esclusiva della società convenuta.

Videocamere puntate sulle finestre del vicino. Solo violazione della privacy o anche reato?

Premesso ciò, il Giudice romano ha avuto modo di evidenziare che l'orientamento giurisprudenziale prevalente (Cassazione Civile, Sentenza 3 gennaio 2013, n. 71) chiarisce che non implica violazione della privacy «l'apparecchiatura posizionata con una angolazione ristretta alla sola apertura del cancello né sussistono gli estremi per configurare il delitto di interferenze illecite nella vita privata, nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, in quanto si tratta di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'articolo 615 bis codice penale»; sicché l'analisi va effettuata non analizzando i contrapposti interessi ma verificando se l'oggetto inquadrato dalle telecamere meriti la tutela garantita ai luoghi privati. Premesso quanto esposto, a parere del tribunale, gli spazi comuni (indicati dagli attori) non erano luoghi suscettibili di essere oggetto di privacy in quanto potenzialmente visibili da un numero indeterminato di persone che si recavano in condominio (finanche dalla pubblica via).

Ne consegue che anche in mancanza di consenso unanime di tutti i proprietari (quindi anche contro la volontà di taluni partecipanti), l'installazione di impianti di videosorveglianza delle parti comuni sono lecite; diversamente, vi sarebbe violazione della privacy il caso di telecamere puntate verso le finestre/porte delle abitazioni private dei condomini. Quanto alla rimozione dei vasi apposti lungo il vialetto, il giudice ha accolto la domanda di rimozione dei vasi in quanto vi era la palese violazione delle disposizioni regolamentari (regolamento contrattuale).

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale di Roma con la pronuncia in commento ha respinto la domanda di rimozione delle videocamere e ha accolto la domanda di rimozione dei vasi.

Sentenza
Scarica Tribunale di Roma n. 3977 del 20 febbraio 2015
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