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Perché se il manufatto è abusivo si può chiedere comunque l'accertamento dell'acquisto per usucapione?

Perché la mancanza di autorizzazione amministrativa non impedisce l'acquisto per usucapione a costruire a distanza inferiore da quella di legge?
Avv. Alessandro Gallucci 

Costruire un edificio o magari anche solamente un piccolo manufatto, è cosa nota, necessita di autorizzazioni amministrative. Le costruzioni abusive sono opere illegittime e, a meno che non sia possibile sanare l'abuso, con la così detta concessione in sanatoria, l'autore dell'illecito è soggetto a sanzioni anche di natura penale.

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Un manufatto che è oggetto di abuso edilizio va considerato tamquam non esset e come tale incapace di produrre alcun effetto giuridico, oppure la sua presenza dà comunque al suo proprietario la possibilità di vantare dei diritti.

Detta più specificamente: un diritto connesso ad manufatto abusivo può essere usucapito?

La Corte di Cassazione è stata chiamata ad affrontare l'argomento.

Al riguardo ci pare utile porre l'attenzione sul contenuto di una delle sentenze in materia, ossia n. 3979 del 18 febbraio 2013, che ha il pregio di rispondere con chiarezza, confutando nuovamente un precedente contrario orientamento, alla domanda ed ai dubbi riguardanti gli effetti giuridici che un manufatto abusivo può essere in grado di produrre nei rapporti tra privati.

Manufatto abusivo, attenzione alle distanze

La pronuncia citata poc'anzi trae origine dalla più classica delle "beghe" di vicinato: vediamo quale.

Tizio eseguiva opere di manutenzione della propria abitazione e Caio gli constava, citandolo in giudizio, la loro irregolarità. A quel punto Tizio, nel difendersi, chiedeva l'eliminazione di altre opere eseguite da Caio su un cortile comune perché a suo dire queste erano abusive. Caio, di contro, chiedeva l'acquisto per intervenuta usucapione dei manufatti realizzati nel cortile comune.

Risultato: sia in primo che in secondo grado Tizio veniva condannato a rimuovere le opere abusive e Caio otteneva l'accertamento dell'usucapione inerente alle proprie.

Da qui il ricorso per Cassazione che nella sostanza, tra le altre, ha dovuto rispondere alla seguente domanda: com'è possibile acquistare per usucapione delle opere edilizie abusive?

Perché le opere edilizie abusive possono essere acquistate per usucapione?

La risposta fornita dalla Suprema Corte è articolata e convincente: qui ne riportiamo una sintesi e i passaggi più importanti.

Secondo gli ermellini il fatto che manchi l'autorizzazione amministrativa alla costruzione di un manufatto non costituisce di per sé ragione per impedirne l'acquisto per usucapione di diritti ad esso connessi, ove si sia in presenza dei requisiti proprio di questo istituto (art. 1158 c.c.) ossia «del possesso ultraventennale della costruzione, con opere, quindi, visibili e permanenti, in presenza, inoltre, di un possesso continuo, non interrotto, non viziato da violenza o clandestinità» (Cass. 18 febbraio 2013, n. 3979).

Questa l'affermazione di principio. Vediamo le ragioni addotte dai giudici di piazza Cavour per arrivare a questa conclusione. Il difetto di autorizzazione amministrativa inerente alla costruzione contestata esula dal giudizio che riguarda il rispetto delle norme dettate in materia di distanze, norme poste a tutela del diritto soggettivo del privato.

D'altra parte, dice la Corte, il diritto al rispetto delle distanze non subisce alcuna compressione per il rilascio dell'autorizzazione, la quale altro non è che un provvedimento amministrativo che esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico tra l'amministrazione ed il privato che ha realizzato la costruzione. Come dire: concessione edilizia o meno le distanze vanno rispettate.

Conseguenza di ciò, a contrario, è «che la mancanza di detto provvedimento autorizzativo non può neppure incidere sui requisiti del possesso "ad usucapionem", in linea, fra l'altro, con la sentenza di questa Corte n. 594/1990 (citata dal giudice di appello), laddove si afferma che l'esecuzione di una costruzione in violazione delle norme edilizie da luogo ad un illecito permanente e la cessazione della permanenza è determinata, fra le altre cause, dal decorso del termine ventennale utile per l'usucapione del diritto di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova.

Conformemente a tale precedente giurisprudenziale, in più recenti pronunce di questa sezione è stato affermato il principio che, in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle de regolamenti e degli strumenti urbanistici (Cass. n. 4240/2010; n. 22824/2012)» (Cass. 18 febbraio 2013, n. 3979).

In buona sostanza secondo la Cassazione, una cosa sono le violazioni delle norme amministrative finalizzate all'ottenimento dei provvedimenti necessari per costruire e quindi i rapporti tra privati e pubblica amministrazione, altro le irregolarità delle disposizioni dettate in materia di distanze o più in generale quelle afferenti profili relativi a rapporti tra privati.

In questo contesto, chiosano i giudici spazzando via ogni dubbio sulla bontà di precedenti giurisprudenziali difformi, «anche per il diritto di proprietà, benché imprescrittibile, opera la distinzione tra effetto estintivo ed effetto acquisitivo in relazione al decorso del tempo sicché, coerentemente con la disciplina di tale diritto, comprensivo di quello al rispetto delle distanze legali, non vi è ragione per escludere, nell'ambito del rapporto privatistico, l'usucapione da parte del confinante del diritto a mantenere l'immobile a distanza inferiore a quella legale, ferma restando, nel rapporto tra privati e P.A., la disciplina pubblicistica dettata per la tutela delle prescrizioni urbanistiche di pubblico interesse».

In questo modo, specificano i giudici investiti della vicenda, altro non si fa che contemperare l'interesse del privato a non sottostare alla possibilità che il vicino possa agire senza limitazioni di tempo al fine di ottenere il rispetto delle distanze legali, «con la salvaguardia dei poteri riservati in materia alla P.A. che, in quanto autorità deputata al controllo del territorio, può incidere esclusivamente sul rapporto pubblicistico con il proprietario e responsabile dell'abuso, reprimendo l'illecito edilizio anche attraverso l'ordine di demolizione della costruzione eseguita in assenza o totale difformità o variazione essenziale della concessione edilizia» (Cass. 18 febbraio 2013, n. 3979).

Come dire: ad ognuno il suo. Il privato agisce a tutela dei propri diritti, la Pubblica Amministrazione per la tutela dell'interesse generale.

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