La veranda realizzata su un terrazzo non può in sé debordare il perimetro del balcone soprastante, in quanto la relativa realizzazione e/o esistenza violerebbe le distanze di cui all'articolo 907 codice civile, a mente del quale: “Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo del vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'articolo 905 (1027 ss) […]”.
In ogni caso, il proprietario del piano sovrastante ha diritto ad esercitare, dalle proprie aperture, anche la veduta in appiombo, cioè quella fino alla base dell'edificio.
Sulla scorta di tale premesse, la Corte di Appello di Palermo, conSentenza del 15 febbraio 2017, ha sancito la prevalenza delle norme sui rapporti di vicinato rispetto quelle di natura condominiale, così obbligando il proprietario della veranda a procedere alla relativa rimozione.
Il fatto. Tizia, premettendo di essere proprietaria di un appartamento al secondo piano di un edificio sito in Palermo, esponeva in giudizio che, a sua volta, la proprietaria dell'appartamento ubicato al primo piano, aveva realizzato nel terrazzo di propria pertinenza, una struttura in legno coperta.
Tale “veranda – a suo dire - alterava il decoro architettonico dell'edificio, violava le distanze legali di cui all'articolo 907 c.c., e pregiudicava il proprio diritto di veduta in "appiombo", per cui ne chiedeva la rimozione.
Caia,proprietaria del manufatto, si costituiva in giudizio ed eccepiva, nel merito, la precarietà dell'opera realizzata al solo fine di proteggersi dalla continua caduta di oggetti dall'immobile sovrastante.
In primo grado il Tribunale di Palermo accoglieva la domanda di Tizia e condannavaCaia alla rimozione della copertura, oltre alla rifusione delle spese di giudizio.
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