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Tribunale o Giudice di Pace?

Non sempre è agevole decidere quale sia il giudice competente per le questioni condominiali. Ecco qualche utile indicazione.
Avv. Gianfranco Di Rago 

Se nella lite tra condòmino e condominio è in gioco un conflitto tra proprietà individuale e proprietà comune il giudice competente deve essere individuato in base al valore della causa. Infatti questo tipo di controversie non rientrano fra quelle relative alla misura e alle modalità d'uso dei servizi condominiali, che l'art. 7 c.p.c. riserva alla competenza funzionale del Giudice di Pace. Ma non è sempre facile capire quando rivolgersi a quest'ultimo giudice, piuttosto che al Tribunale. Vediamo di capire un po' meglio i termini della questione.

Il concetto di giudice competente.

La competenza, in ambito processuale, ha una funzione di limite, in quanto definisce l'ambito di azione del giudice, al quale è attribuita dalla legge la potestà di decidere le controversie.

Poiché i giudici sono numerosi, occorre stabilire delle regole in base alle quali predeterminare, in aderenza al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.), a chi competa in via generale la decisione di ogni singola causa.

La legge ha quindi previsto tutto un sistema di regole precise per stabilire, prima dell'inizio del processo, chi debba essere il giudice competente.

Il codice di procedura civile regola la competenza agli artt. 7 e seguenti e distingue una competenza per valore, determinata dall'entità economica della causa, per materia, determinata dalla natura della causa, e per territorio, determinata da un rapporto esistente tra la causa e il territorio e, quindi, tra la causa e l'ufficio giudiziario avente giurisdizione su quel territorio.

La ripartizione degli affari giudiziari in base al criterio del territorio risponde prevalentemente a esigenze di tipo organizzativo, mentre quella operata sulla base dei criteri del valore e della materia risponde a valutazioni che attengono alle caratteristiche della lite, per cui si ritiene che una controversia possa essere decisa meglio da un giudice piuttosto che da un altro.

A quanto sopra consegue che gli atti compiuti da un giudice al di fuori della propria competenza sono invalidi e, più precisamente, affetti dal vizio di incompetenza. Quest'ultima, come previsto dall'art. 38 c.p.c., può essere eccepita dalla controparte processuale o rilevata d'ufficio dal giudice entro determinati limiti temporali.

È anche opportuno ricordare come anche l'individuazione dell'organismo presso il quale attivare la procedura di mediazione obbligatoria, prodromica all'avvio delle cause in materia condominiale, sia in qualche modo sottoposta a un principio di competenza territoriale, in quanto la parte istante è tenuta a rivolgersi a un organismo che abbia sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.

La competenza del Giudice di Pace e quella del Tribunale relativamente al contenzioso condominiale.

Capita spesso di doversi rivolgere al Giudice di Pace per questioni condominiali, ad esempio per il mancato pagamento delle spese comuni.

Questo perché il Giudice di Pace ha competenza per valore per le cause fino a cinque mila euro, sempre che non si tratti di questioni attribuite dalla legge alla competenza di altro giudice.

Ma esiste un altro caso in cui una determinata tipologia di cause condominiali è assegnata dalla legge addirittura alla competenza funzionale del Giudice di Pace (essendo quindi soltanto quest'ultimo il giudice competente).

Si tratta delle controversie relative alla misura e alle modalità d'uso dei servizi condominiali (art. 7, comma 3, n. 2, c.p.c.).

Rientrano nella prima tipologia le controversie che riguardano le riduzioni o le limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini e hanno a oggetto quei provvedimenti condominiali che, esulando dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini.

Appartengono invece alla seconda categoria le cause che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione, ossia quelle relative al modo più conveniente e opportuno con cui tali facoltà devono essere esercitate, nel rispetto delle facoltà di godimento riservate agli altri condomini, in proporzione delle rispettive quote.

La Cassazione, in una recente decisione (ordinanza n. 36967 del 26 novembre 2021), ha inoltre chiarito che dalle controversie rientranti nell'art. 7, comma 3, n. 2, c.p.c. vanno tenute distinte quelle che vedono messo in discussione il diritto stesso del condomino a un determinato uso della cosa comune, che rimangono quindi soggette agli ordinari criteri della competenza per valore (se quest'ultimo è indeterminabile, la competenza spetterà sempre al Tribunale).

Vediamo allora di fare qualche esempio per meglio comprendere l'applicazione dei criteri sopra indicati. Si pensi alla questione dell'utilizzo del cortile comune.

Qualora tra condòmino e condominio si controverta sulla soluzione migliore per consentire la sosta delle autovetture, la causa deve intendersi relativa alle modalità d'uso del bene comune, in quanto pertinente alle modalità di esercizio del diritto di cui ogni condòmino è titolare, rientrando quindi nella competenza del Giudice di Pace. Al contrario, nel caso in cui si dibatta della legittimità o meno dell'utilizzo del cortile per il parcheggio, la competenza appartiene al Tribunale, essendo in contestazione il diritto stesso di poter utilizzare in un certo modo il bene comune e non soltanto le relative modalità di utilizzo.

Qualora, infine, la discussione sia relativa alla deliberazione assembleare con la quale sia stato disposto che i condòmini possano usare il cortile soltanto in determinate ore del giorno, ci si troverà di fronte a una controversia relativa alla misura d'uso dei servizi condominiali, anch'essa di competenza del Giudice di Pace.

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