È cosa nota che il regolamento contrattuale possa interferire nei diritti che i condòmini vantano sia nei riguardi dei beni comuni che delle singole proprietà. Tale statuto normativo può infatti porre seri vincoli alla possibilità di godere non solo delle parti e dei servizi condominiali ma anche delle unità abitative di cui i condòmini sono titolari esclusivi. In tale specifico contesto si pone il seguente quesito: si può vietare l'affitto in condominio?
In buona sostanza, si tratta di comprendere se il regolamento contrattuale può impedire ai singoli condòmini di concedere in locazione le proprie unità immobiliari, stabilendo un divieto assoluto di affitto che prescinde dalla tipologia di contratto (locazione breve, abitativi a canone libero o concordato, transitorio, ecc.). Approfondiamo la questione.
Il regolamento condominiale può vietare le locazioni?
Partiamo da un dato certo: il classico regolamento assembleare non può vietare ai condòmini di concedere in locazione le proprie unità immobiliari, non potendo interferire nella sfera di autonomia che spetta a ciascun proprietario.
Ai sensi dell'art. 1138 c.c., il regolamento votato a maggioranza dall'assemblea può contenere solamente le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese - secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino - nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.
Il divieto di locare le unità immobiliari site nell'edificio, se contenuto in un regolamento assembleare, è radicalmente nullo.
È infatti pacifico in giurisprudenza (Cassazione, sez. Unite, sentenza n. 9839 del 14/04/2021) che debbano qualificarsi nulle, tra le altre, le delibere dell'assemblea condominiale che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condòmini.
Il regolamento contrattuale può vietare l'affitto?
Il regolamento contrattuale - adottato all'unanimità dai condòmini, in assemblea oppure mediante accettazione all'interno dell'atto di acquisto - può certamente porre limiti molto più vincolanti rispetto allo statuto votato in assemblea.
È noto, infatti, come il regolamento approvato all'unanimità sia in grado di incidere sui diritti individuali dei singoli condòmini, restringendo le facoltà che gli stessi normalmente vanterebbero sulle rispettive proprietà.
Il regolamento contrattuale può quindi porre un vincolo sulle unità immobiliari, ad esempio imponendo che le stesse abbiano una specifica destinazione d'uso - in genere abitativo.
Di qui al divieto assoluto di locare l'immobile il passo non è breve. Sul punto c'è discordanza di vedute:
- secondo un orientamento, il regolamento contrattuale non può vietare indistintamente ogni tipo di locazione, trattandosi di un vincolo troppo pesante e, sostanzialmente, ingiustificato. Una cosa, infatti, è stabilire che l'appartamento non possa essere convertito a locale ad uso commerciale, altro è imporre che esso possa ospitare esclusivamente il proprietario.
Si tratterebbe, in buona sostanza, di un vincolo sul godimento del bene che esorbiterebbe anche dalla portata del regolamento contrattuale;
- secondo altra tesi, invece, non vi sarebbero limiti al potere del regolamento contrattuale il quale, trovando la propria legittimazione nella volontà concorde di tutti i proprietari, potrebbe legittimamente vietare qualsiasi tipo di locazione.
A parere di chi scrive, la soluzione da preferire è la prima: il regolamento contrattuale può impattare sulla funzione oggettiva da imprimere all'unità immobiliare ma non può stabilire chi possa abitarvi all'interno.
Il condomino, quindi, dovrebbe ritenersi sempre libero di affittare la propria unità immobiliare, nel rispetto della destinazione d'uso stabilita nel regolamento contrattuale.
Il regolamento contrattuale può vietare alcuni tipi di locazione?
Ci si chiede se il regolamento contrattuale possa vietare alcune tipologie di locazione, come ad esempio gli affitti brevi stipulati a scopo turistico.
Secondo l'art. 4 del d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (conv. con mod. dalla L. 21 giugno 2017, n. 96), per locazioni brevi si intendono «i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici».
Il divieto di locazioni brevi potrebbe essere giustificato dalla necessità di salvaguardare la tranquillità condominiale dal flusso di vacanzieri.
Anche la legittimità del divieto di locazioni brevi è tuttavia dubbia in quanto, pur trattandosi di contratto solitamente adibito a scopi turistici, in realtà non altera la destinazione d'uso dell'immobile, che rimane comunque ad uso abitativo.
Il regolamento contrattuale può invece proibire che negli immobili vengano svolte attività di B&B, affittacamere e, più in generale, attività ricettive, purché però il divieto sia indicato espressamente all'interno di una delle clausole: un generico divieto di svolgere "attività rumorose" oppure che "turbano la quiete del condominio" sarebbe illegittimo.
Per quanto riguarda la giurisprudenza, è stato affermato che il divieto di adibire i singoli appartamenti dello stabile condominiale a "locande e pensioni", previsto dal regolamento contrattuale, non può essere interpretato come divieto di svolgere attività di affittacamere, né tantomeno come divieto di locare singole stanze di un appartamento a diverse persone (Trib. Milano, sentenza n. 1947/2018).
In un'altra pronuncia (Trib. Milano, sentenza n. 11275/2018), l'interpretazione del regolamento dettata dai giudici ha ritenuto compatibile l'attività imprenditoriale di casa vacanza in quanto la sola messa a disposizione di arredamento, connessione wi-fi, aria condizionata e l'assenza di servizi quali il cambio biancheria, non può essere assimilata a quelle vietate dal regolamento condominiale.