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Ovvero dei cavilli da tenere a mente quando intendiamo sfrattare l'inquilino.
Avv. Caterina Tosatti - Foro di Roma 

Quando il conduttore (al secolo noto come 'inquilino') rimane moroso nel pagamento degli oneri condominiali, il locatore, tra le varie ipotesi da coltivare, potrà intimare lo sfratto per morosità.

Ma cosa è necessario sapere della procedura di sfratto per non rischiare di fare un buco nell'acqua?

Ci aiuta a ricordare la sentenza della Corte d'Appello di Catania, resa il 16 giugno 2020.

Chi domanda, comanda

Mai come nella vicenda sottoposta all'esame della Corte d'Appello siciliana è possibile vedere plasticamente dimostrato questo vecchio detto: il potere della domanda sta però nel saper fare quella giusta, per ottenere la risposta che vogliamo.

Nel caso concreto, il locatore aveva intimato lo sfratto per morosità al conduttore, affermando che costui era rimasto moroso per due mesi di canone e per gli oneri condominiali - ricordiamo che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 9, 5 e 55 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, il mancato pagamento degli oneri accessori che «superi quello di due mensilità del canone» costituisce motivo di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, ai sensi dell'art. 1455 c.c.

Il conduttore si opponeva allo sfratto, deducendo (e provando) di aver pagato interamente le quote condominiali contestate - era reale, invece, la morosità sui canoni che infatti venivano pagati subito dopo la notifica dello sfratto.

Il Giudice dello sfratto, a causa dell'opposizione del conduttore, come previsto per legge, mutava il rito, invitando le parti a depositare memorie integrative dei reciproci atti introduttivi (sfratto e opposizione).

Nelle sue memorie integrative il locatore chiedeva pronunciarsi la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore e la condanna dello stesso al pagamento di «tutte le somme a lui intimate, oltre alle spese legali».

Il Tribunale, ritenendo la domanda di risoluzione 'nuova' rispetto a quanto chiesto con lo sfratto - e, pertanto, inammissibile - la rigettava e respingeva anche la condanna al pagamento degli oneri condominiali, perché il locatore non aveva provato di aver dovuto 'sanare' lui stesso la morosità a favore del Condominio.

A seguito di tale pronuncia, il locatore era anche condannato a rifondere al conduttore le spese legali.

Il locatore interponeva appello, sostenendo che:

  • egli aveva provato di aver pagato gli oneri, depositando la ricevuta di pagamento con le note conclusive - cioè l'ultimo atto che le parti depositano prima della sentenza;
  • la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento non era nuova, perché essa era da ritenere implicitamente contenuta nell'atto di intimazione di sfratto per morosità;
  • la domanda di risoluzione così ammessa andava accolta perché il conduttore pagava sì i canoni, benché dopo la notifica dello sfratto, ma non pagava gli oneri condominiali, così rimanendo moroso;
  • a fronte di quanto sopra, le spese legali non andavano accollate al locatore, ma al conduttore.

Chiedi e ti sarà dato… o quasi

La Corte d'Appello non accoglie l'appello proposto dal locatore verso la sentenza del Tribunale, se non in parte (compensa le spese legali, anziché porle interamente a carico del locatore).

Perché?

Innanzitutto, la Corte corregge in parte la sentenza di I°, dove questa afferma che la domanda di risoluzione per inadempimento fosse nuova.

Citando giurisprudenza anche recente della Corte di cassazione, il Collegio spiega che, quando il conduttore si oppone allo sfratto per morosità, si apre una fase di cognizione piena (che segue il c.d. 'rito lavoro', in virtù del richiamo dell'art. 447 bis c.p.c.) e che l'oggetto del giudizio deve essere definito con gli atti introduttivi (intimazione di sfratto, da un lato e opposizione del conduttore dall'altro) e con le memorie integrative disposte dal Giudice ai sensi dell'art. 426 c.p.c. quando muta il rito, così che il locatore, che abbia chiesto lo sfratto per morosità, ben può «emendare [cioè, correggere, N.d.r.] le sue domande, ma anche modificarle, soprattutto se in evidente dipendenza dalle difese svolte da controparte».

Nel caso concreto, quindi, il locatore che aveva chiesto lo sfratto per morosità e poi aveva cambiato la domanda in risoluzione per inadempimento, a fronte del mancato pagamento degli oneri accessori, aveva fatto bene - da un punto di vista formale - pur essendosi dimenticato di riportare detta domanda nelle Conclusioni, cioè la parte delle sue memorie integrative in cui 'elenca' ciò che chiede al Giudice, ma questo non viene ritenuto un errore fatale, in quanto ciò che egli chiedeva era deducibile dal tenore e dal contenuto dell'intero atto ed anche dell'intimazione di sfratto.

Quindi, perché rigettare la domanda di risoluzione?

Il locatore aveva svolto una difesa 'incongruente'; egli aveva sostenuto l'inadempimento grave del conduttore al contratto di locazione, ma, dai documenti prodotti e da quanto le stesse parti hanno dedotto ed eccepito, risultava invece che il conduttore avesse pagato gli oneri condominiali, producendone le ricevute, mentre aveva pagato, per quanto dopo la notifica dello sfratto, i due canoni di locazione di cui era moroso - e per tale motivo, la Corte poi compenserà le spese di lite del I° e II°.

Pertanto la Corte sottolinea come l'atteggiamento ed il contegno del conduttore, che era rientrato della morosità dei canoni immediatamente dopo la notifica dello sfratto, non potesse essere tale da giustificare un esito così grave e plateale come la risoluzione del contratto per grave inadempimento, essendo venuto meno proprio il connotato della gravità.

Sfratto per morosità, decreto ingiuntivo e canoni di locazione futuri

Ci permettiamo di fare un inciso su questo punto, per citare un passo di recente sentenza del Tribunale di Roma, 17 giugno 2020, laddove si ricorda che «in materia di locazione ad uso abitativo […] nel caso in cui il conduttore abbia omesso di pagare una o più mensilità del canone locativo (ovvero oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone), la valutazione della gravità e dell'importanza dell'inadempimento ex art. 1455 c.c., non è rimessa all'apprezzamento discrezionale del Giudice, ma è predeterminata legalmente ex artt. 5 e 55 della L. del 27 luglio 1978, n. 392 (v. Cassazione del 21.6.2017 n. 15348, Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 19/01/2017) 21/06/2017, n. 15348).» Questo significa, secondo il Giudice romano che «la L. del 27 luglio 1978, n. 392 contiene due articoli (5 e 55) che incidono sull'applicabilità dell'art. 1455 c.c.; in realtà gli artt. 5 e 55, più che determinare l'inapplicabilità dell'art. 1455 c.c., offrono un criterio (predisposto dal legislatore) relativo alla valutazione della gravità dell'inadempimento.

Difatti, in base all'art. 5, il mancato pagamento di una o [più, N.d.R.] rate del canone determina l'inadempimento del conduttore.

Questa valutazione legislativa (relativa alla gravità dell'inadempimento ex art. 5) potrebbe subire delle modifiche se il conduttore richiedesse il termine di grazia per il pagamento ex art. 55: è prevista la sanatoria, cioè è possibile far degradare l'inadempimento da grave a non grave se il conduttore paga in udienza (sanando la morosità).

Circa l'obbligazione del solvere praetium locationis [pagare il canone, N.d.R.], la valutazione della gravità e della importanza dell'inadempimento del conduttore in relazione all'interesse del locatore insoddisfatto è ancorata dal legislatore ad un parametro (quantitativo e temporale) predefinito, che esclude ogni discrezionale considerazione ad opera del Giudice, tenuto unicamente a verificare il presupposto dell'inadempimento

Sfrattato il conduttore che non paga gli oneri condominiali

Infine, la Corte evidenzia come il locatore, avendo sostenuto la morosità del conduttore per il pagamento degli oneri condominiali, non abbia però fornito la prova di averli sostenuti in sua vece a favore del Condominio.

Infatti, il locatore non solo depositò tardivamente le ricevute di pagamento degli oneri condominiali (solo con le note conclusive), il ché equivale a non depositare, ma queste non erano nemmeno relative agli oneri in contestazione, bensì a mensilità scadute successivamente all'intimazione di sfratto.

Quindi, come ci ricorda il Giudice dell'appello, quando il locatore chiede lo sfratto per morosità del conduttore dovuto ad inadempimento agli oneri condominiali, si danno due ipotesi; se il pagamento degli oneri era dedotto in contratto di locazione sotto forma di importo periodico fisso oppure era individuabile tramite criterio di calcolo sempre indicato in contratto, così da poter semplicemente eseguire un'operazione matematica per ricavare il dovuto, allora il locatore può limitarsi a produrre il contratto e chiedere lo sfratto - lo stesso dicasi per il Decreto ingiuntivo relativo alla morosità del conduttore.

Se invece gli oneri condominiali «debbano essere calcolati in base ai criteri di riparto adottati in sede di bilancio preventivo e consuntivo deliberato dalla assemblea dei condomini e siano dovuti dal conduttore a rimborso dei pagamenti effettuati dal locatore», allora il locatore dovrà produrre in giudizio «le delibere condominiali approvative dei criteri di riparto delle spese e i documenti dimostrativi degli esborsi effettivamente sostenuti e richiesti a rimborso», cioè le delibere di approvazione del rendiconto o consuntivo, a seconda della spesa di cui si tratta e la prova di aver pagato al Condominio quanto spettante al conduttore prima di proporre l'azione giudiziale.

Sentenza
Scarica App. Catania 16 giugno 2020 n. 1011
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