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Pluralità di locatori: è legittima l'azione di rilascio dell'immobile proposta da uno solo?

La pluralità di proprietari costituisce “unica parte locatrice”.
Avv. Giuseppe Nuzzo - Foro di Lecce 

Il caso. Madre e figlia, proprietari dell'immobile con circostante terreno alberato, a fronte del mancato pagamento dei canoni dovuti, intimavano al conduttore lo sfratto per morosità.

Il Tribunale di Catania, Sezione Specializzata Agraria accoglieva la domanda, dichiarando la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore e ordinando il rilascio del compendio.

In secondo grado, la Corte di Appello rilevava la mancata partecipazione al giudizio degli eredi dell'altra parte concedente e rimetteva la causa al giudice di primo grado per l'integrazione del contraddittorio per mancata partecipazione al giudizio degli eredi dell'altra parte concedente.

Avverso la decisione d'appello, la proprietaria dell'immobile proponeva ricorso in cassazione per la violazione o falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso.

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Il rilascio dell'immobile è atto di ordinaria amministrazione. Gli Ermellini richiamano anzitutto il consolidato orientamento secondo cui "il comproprietario può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile per finita locazione, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti" (Cass. civ. n. 7416/1999.

Conformi, Cass. civ. n. 537/2002; Cass. civ. n. 14530/2009; Cass. civ. n. 1986/2016 e n. 12386/2016).

Invero, la giurisprudenza di legittimità ha più volte evidenziato che, nelle vicende del rapporto di locazione, l'eventuale pluralità di locatori integra una parte unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione.

Sugli immobili oggetto di comunione concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quantomeno della maggioranza dei partecipanti alla comunione.

Non è necessaria la partecipazione di tutti i comproprietari. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile in comunione e che ciascun condomino è legittimato ad agire per il rilascio del detto immobile, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione per il quale deve presumersi sussistente il consenso già indicato, senza che sia necessaria la partecipazione degli altri e, quindi, l'integrazione del contradittorio (Cass. civ. n. 19929/2008). Da qui la decisione della Suprema Corte.

Non risulta condivisibile il ragionamento seguito dalla Corte d'Appello, secondo cui la pronuncia di risoluzione chiesta da uno soltanto dei locatori determinerebbe il risultato inaccettabile di sciogliere il contratto per una delle parti solamente lasciando inalterato il vincolo nei confronti dell'altra.

La pluralità di proprietari costituisce "unica parte locatrice". A contrario, secondo la Cassazione deve ritenersi che, ove non consti il dissenso degli altri partecipanti alla comunione, lo scioglimento del rapporto chiesto da uno dei locatori produca effetti per l'intera "unica" parte locatrice.

Il princìpio. Secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 17933 del 4 luglio 2019, va pertanto ribadito che in caso di pluralità di locatori, ciascuno di essi gode di pieni poteri gestori e - presumendosi, in difetto di prova contraria, il consenso degli altri locatori- può agire al fine di ottenere il rilascio dell'immobile, dovendosi pertanto escludere la necessità di integrazione del contraddittorio.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, n. 17933 del 4 luglio 2019
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