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Quando l'immobile locato è già “abitato” da tarli

Risoluzione del contratto di locazione per inadempimento. La parte locatrice deve provare il vizio.
Avv. Biarella Laura - Avvocato del Foro di Perugia 

La massima (non ufficiale). Nella fattispecie ove la parte conduttrice domandi in giudizio la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della parte locatrice, ed in specie per l'asserita sussistenza di un vizio che diminuisca, in modo apprezzabile, l'idoneità dell'immobile all'uso pattuito, questa deve provare l'esistenza del vizio, mentre spetta alla locatrice, per andare esente da responsabilità, fornire la prova che il vizio era conosciuto, ovvero facilmente conoscibile, dal conduttore, ovvero provare la propria incolpevole ignoranza al momento della consegna del bene.

In merito alle migliorie non autorizzate dal proprietario, il conduttore non può vedersi riconosciuto il ristoro di danni conseguiti a un'attività che non avrebbe potuto compiere e rispetto alla quale la parte locatrice è rimasta del tutto estranea.

La vicenda. La conduttrice di un immobile ad uso abitativo domandava la risoluzione del contratto, unitamente al risarcimento dei danni, asserendo che l'appartamento era infestato da tarli e, quindi, non idoneo all'uso pattuito.

Parte convenuta resisteva alla spiegata domanda, richiedendo, in via riconvenzionale, il pagamento dei canoni, oltre al rimborso delle spese anticipate per le utenze.

Il Tribunale dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento della locatrice, per l'effetto, condannandola a restituire alla conduttrice un importo quantificato in oltre seimila euro.

Il giudice territoriale rigettava l'appello principale, al contempo accogliendo parzialmente quello incidentale della conduttrice, riconoscendo alla stessa un ulteriore importo quale risarcimento dei danni conseguenti all'acquisto di mobili e alle spese per migliorie apportate all'immobile. La proprietaria ricorreva quindi per la cassazione della pronuncia di seconde cure.

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La decisione. La III Sezione civile accoglie soltanto il quinto motivo, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di risarcimento del danno avanzata per spese di migliorie del bene, confermando la liquidazione delle spese effettuata nel merito, compensando le spese del giudizio di legittimità.

Immobili non a norma. Come si può tutelare il conduttore?

L'onere della prova in relazione al vizio del bene. Il collegio, preliminarmente, ha provveduto ad inquadrare la fattispecie nello schema normativo dell'articolo 1578 c.c. ("Vizi della cosa locata"), rilevando l'inesattezza dell'affermazione secondo la quale alla conduttrice era sufficiente provare il contratto e allegare l'inadempimento, gravando sulla locatrice l'onere di dimostrare l'esatto adempimento.

Nel dettaglio, la norma dell'articolo 1218 c.c. invocata dalla Corte e il richiamo alla pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili, 30 ottobre 2001, n. 13533 (in particolare, il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione ovvero per il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale ovvero legale del suo diritto e, qualora previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento) avrebbero potuto valere in relazione alla violazione dell'obbligo di mettere a disposizione della parte conduttrice l'appartamento oggetto della locazione (integrante un'ipotesi di inadempimento in senso proprio), bensì non anche nel caso di domanda di risoluzione formulata ai sensi dell'articolo 1578 c.c., rispetto alla quale grava sul conduttore l'onere di individuare, e dar prova, della sussistenza del vizio che diminuisce in modo apprezzabile l'idoneità del bene all'uso pattuito.

Di rimando, sul locatore convenuto grava l'onere di dimostrare che i vizi erano conosciuti, ovvero facilmente riconoscibili, dal conduttore medesimo, oppure di provare di avere, in assenza di colpa, ignorato i vizi al momento della consegna, al fine di andare esente dal risarcimento dei danni derivati dai vizi della cosa (cfr., ex multis, Corte di Cassazione, Sezione III civile, 26 aprile 2010, n. 9910 dove, in materia di disciplina dei vizi della cosa locata prevista dall'art. 1578 c.c., mentre ai fini dell'esercizio delle azioni di risoluzione ovvero riduzione del corrispettivo di cui al comma I della citata norma il locatore risulta esonerato da responsabilità qualora provi che si tratti di vizi conosciuti oppure facilmente riconoscibili dal conduttore al momento della consegna del bene locato, nell'ipotesi contemplata dal comma II, con riferimento all'eventualità in cui il conduttore abbia esercitato l'azione di risarcimento danni, il locatore risulta esente da responsabilità esclusivamente nel caso in cui egli offra la prova di avere, senza colpa, ignorato i vizi stessi).

Dopo aver corretto, nel senso suesposto, la motivazione resa dal giudice di seconde cure, la Cassazione, respingendo il motivo formulato sul punto, ha evidenziato che decisione risulta conforme alla previsione dell'articolo 1578 c.c., poiché:

  • la Corte ha considerato provata la presenza dei tarli alla stregua del preventivo prodotto dall'attore e ha ritenuto - sulla base del notorio e della circostanza che la tarlatura riguardava i soffitti - che il vizio incidesse in modo apprezzabile sull'idoneità all'uso abitativo;
  • ha ritenuto, altresì, che la locatrice fosse consapevole dell'esistenza del vizio o, comunque, che lo avesse colpevolmente ignorato;
  • non ha ritenuto che il vizio fosse conosciuto o facilmente conoscibile dal conduttore già al momento della consegna del bene.

Migliorie eseguite in assenza di autorizzazione. Altresì, la ricorrente censurava la sentenza per avere riconosciuto alla conduttrice il rimborso delle spese sostenute per il rifacimento di un muretto esterno e delle fognature.

In particolare, la ricorrente evidenzia che, in conformità del disposto di cui all'art. 1592 c.c. (rubricato "Miglioramenti"), le migliorie apportate al bene immobile in assenza dell'autorizzazione del locatore non danno diritto a rimborso alcuno, a tal fine evidenziando che una clausola del contratto in questione stabiliva l'impegno del conduttore a non apportare modifiche all'immobile senza il preventivo consenso scritto del locatore e che, ad ogni modo, le stesse non avrebbero comportato alcun compenso ovvero indennizzo.

Ciò posto, la proprietaria si doleva della circostanza che il giudice di seconde cure avesse "surrettiziamente" attribuito alla conduttrice un rimborso per migliorie, e riconoscendoglielo a titolo di risarcimento del danno, in tal modo violando finanche il principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, nonché il criterio di cui all'art. 1223 c.c., il quale vuole risarciti i soli danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta del mancato adempimento.

Il collegio di legittimità condivide la tesi, esposta sul punto, dalla ricorrente, ed in relazione agli esborsi sostenuti a titolo di migliorie.

Nei fatti, per l'esecuzione di siffatte migliorie la conduttrice non aveva richiesto il necessario consenso della locatrice.

Ciò posto, il conduttore non può vedersi riconosciuto il ristoro di danni conseguiti a un'attività che non avrebbe potuto compiere e rispetto alla quale la locatrice risulta rimasta del tutto estranea.

Ciò neppure "per avere effettuato inutilmente esborsi finalizzati al miglioramento della cosa locata mai potuta fruire per inadempimento della locatrice" (come affermato dalla Corte territoriale), poiché l'iniziativa autonoma assunta dal conduttore ha comportato l'assunzione del rischio relativo all'inutilità degli esborsi.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, sez. III Civile, 10 febbraio 2017, n. 3548
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