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Il tuo studio di amministrazione condominiale è strutturato per fronteggiare difficoltà impreviste e imprevedibili? Alla scoperta della resilienza

L'obiettivo che ciascun amministratore di condominio dovrebbe porsi è garantire una performance positiva e stabile nel tempo.
Dott.ssa Mirella Stigliano 

Il processo di rivalutazione della figura professionale di amministratore è lento ma inarrestabile. Solo pochi anni orsono, il solo associare la figura dell'amministratore di condominio all'imprenditore scatenava più di qualche sorrisino ironico che mal celava un cinismo e un disprezzo incomprensibile ma diffuso.

Parlare di imprenditorialità non è più un attentato di lesa maestà, ma una sfida con la quale confrontarsi.

E se il condominio diventasse "pazzo"? Verso la formazione psicologica dell'amministratore.

La parola "sfida" ne evoca un'altra, molto in voga in questo momento, che merita un approfondimento, ovvero resilienza quel folle e lucido istinto di sopravvivenza che ti fa "risalire" sulla scialuppa di salvataggio per raggiungere gli obiettivi prefissati; l'abilità di rialzarsi dopo l'ennesima caduta; la capacità di ristrutturare i fallimenti considerandoli tappe intermedie verso il successo. "Nonostante tutto": è questa la mia definizione di resilienza.

La magia di questa parola trova applicazione, seppur con sfumature diverse, in psicologia, ingegneria, biologia e management.

Ed è proprio quest'ultimo ambito che merita più di una riflessione. L'amministratore oculato, previdente e lungimirante deve chiedersi "Il mio studio professionale è strutturato per fronteggiare difficoltà impreviste e imprevedibili?

In questa professione, che nell'imprevedibilità ha il suo caposaldo, le minacce sono davvero molte. La lista è talmente lunga e soggettiva che si rischiano generalizzazioni pericolose.

Solo per citarne alcune, si potrebbe dover fare i conti con un imprevisto risarcimento danni per negligenza o per mancato adeguamento normativo, il cambiamento del software gestionale, le dimissioni impreviste di una risorsa su cui facevamo molto affidamento, l'apertura nelle vicinanze di un nuovo studio di amministrazioni, ecc.

Ebbene, Il nostro studio professionale ha la forza per rialzarsi ed essere più competitivo di prima? E, ancora meglio, "Il mio studio è resiliente?"

L'obiettivo che ciascun amministratore dovrebbe porsi è garantire una performance positiva e stabile nel tempo che altro non è, che scongiurare di vanificare il lavoro duro di annidi sacrifici e fare un salto di qualità nella gestione dello studio. Alcuni studiosi della resilienza aziendale (v. Resilience di G.B. Pirotti e M. Venzin) ritengono che:

  1. Gli studi professionali più resilienti sono quelli che sono percepiti "autentici" dai propri clienti. La sfida dell'autenticità è duplice perché implica sia la necessita di focalizzarsi su servizi chiari e identificabili ma, soprattutto, richiede la capacità di veicolare ai propri clienti la cultura aziendale e i valori morali che la sorreggono.
  2. Gli studi più resilienti sono quelli che riescono ad anticipare i bisogni dei clienti. Ci si interroga su quali siano le nuove esigenze o si è ancorati allo stereotipo "si è sempre fatto così"?
  3. Gli studi più resilienti sono quelli che riescono ad essere eccellenti non solo sul prodotto finale ma per l'intero processo. Si è efficienti solo nella gestione dell'imprevisto o a fare i rendiconti oppure si garantisce una performance omogenea e pianificata su tutto ciò che la professione richiede?
  4. Gli studi più resilienti sono quelle che hanno chiaro il loro "core business". In che cosa siete i migliori? E, soprattutto, cosa fate per veicolare questa eccellenza che vi contraddistingue?
  5. Gli studi più resilienti sono quelle che hanno un orientamento a lungo termine. Solitamente si ragiona con una visione dall'oggi al domani, sempre troppo orientati ai risultati immediati, senza una prospettiva che vada oltre.

    Talmente orientati a risolvere gli imprevisti degli altri che i propri neanche si prendono in considerazione.

    Un esempio per tutti, spesso l'idea di un successore non è nemmeno contemplata e quando un figlio non è disponibile a continuare l'attività dello studio c'è il panico più totale.

  6. Le aziende più resilienti sono quelle che uniscono velocità e qualità delle decisioni. Per decidere velocemente occorre pianificare e non rimandare. Spesso si riscontra una mancanza di metodo e un'improvvisazione veramente deleteria. Rimandare "tutto a domani" non è resilienza è sopravvivenza.

    Saper prendere decisioni velocemente non vuol dire rinunciare ad una buona qualità delle decisioni, tutt'altro, la velocità si traduce spesso nell'anticipare le esigenze del cliente.

  7. Gli studi professionali più resilienti sono quelli che sono organizzate secondo una "logica di famiglia". Ciò non vuol dire affatto che se la professione è svolta tra familiari ha più successo, vuol dire assoluta necessità di sviluppare senso di appartenenza, condivisione degli obiettivi aziendali, fidelizzazione del dipendente.

    Vuol dire coinvolgere tutti i collaboratori, scendere dalla torre di avorio, porte di vetro che restano aperte, fare riunioni per individuare come e dove migliorare, confrontarsi sull'avanzamento lavori. Insomma, la chiave di successo per essere resilienti è sentirsi parte di una famiglia.

    La fiducia nelle relazioni interpersonali gioca un ruolo centrale perché in ultima istanza sono le persone che vi lavorano a rendere più o meno resiliente un'azienda.

    Le persone con le loro emozioni e con le loro motivazioni sempre troppo spesso sottovalutate.

  8. Gli studi professionali più resilienti sono quelli in cui il leader non ha paura del cambiamento ma lo valuta, lo analizza e se ne fa promotore. La differenza tra un buon manager e un buon leader è che il manager fa le cose bene e il leader fa la cosa giusta.

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