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generale01

Spese studio medico

Ho uno studio medico in Lombardia e mi è stata chiesta una somma addizionale annua alle spese condominiali.

La quota è stata decisa arbitrariamente nell'ultima assemblea condominiale. Ero disposto a pagare una cifra ragionevole di mia volontà, visto il viavai di persone che possono frequentare lo studio (consumo di luce scale, ascensore, ecc.) ma mi hanno imposto un pagamento doppio rispetto a quanto disposto.

Vorrei chiedervi se è giusto di pagare e a quali conseguenze vado incontro in caso di mio rifiuto. Esistono sentenze in merito?

Ringrazio e saluto cordialmente

Senza unanimità, nulla possono, se l’assemblea, senza il consenso di tutti i comproprietari, dovesse disporre in tal senso la relativa deliberazione sarebbe da considerarsi nulla e come tale impugnabile in ogni momento da chiunque v’avesse interesse.

@ generale01

Aggiungo che, potresti tu stesso offrire una quota, visto che eri già disposto a farlo, la quale dovrà essere approvata all'unanimità in assemblea.

No, la legge non consente alcuna modifica dei criteri di riparto delle spese in riferimento all'uso degli immobili condominiali. Lo ha precisato anche la Cassazione (sent. 432/2007) sottolineando che l'ipotesi di addebitare spese maggiori in base all'uso "manca di qualsiasi fondamento normativo, a prescindere dal fatto che si dovrebbe procedere alla revisione delle tabelle millesimali ogni volta in cui muti la destinazione delle singole unità immobiliari". Spese maggiori possono essere addebitate solo con l'unanimità dei condomini, ossia con il voto a favore anche dei proprietari ai quali viene chiesto di farsi carico dell'aumento. (22 ottobre 2013- la repubblica.it)

Ciao Tulio, la quota che ho proposto non è stata accettata
Allora paga la quota stabilita, ossia quella che stai pagando, senza nessun aumento, hai dimostrato la tua buona volontà, non è stato accettato, allora nulla.

Come si dice, chi troppo vuole nulla stringe.

 

E' affetta da nullità la delibera dell'assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condòmini, si modifichino i criteri legali (art. 1123 cc) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune.

Ciò, perché eventuali deroghe venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca. (Corte di Cassazione, n. 17101/2006)

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