Una società prende in affitto un locale commerciale e due unità immobiliari. Il contratto di locazione di questi beni immobili è unico e prevede il versamento di un canone di locazione omnicomprensivo. I due appartamenti sono inagibili ma la conduttrice questo lo sapeva fin dall’inizio.
Accade, tuttavia, che il proprietario non esegue per intero gli interventi manutentivi necessari a renderli utilizzabili.
L’inquilina, quindi, provvede di propria iniziativa e decide di autoridurre il canone locatizio pattuito.
Il proprietario, irritato da tale condotta, chiede ed ottiene decreto ingiuntivo di pagamento per le somme non versate.
La conduttrice propone opposizione spiegando che a suo modo di vedere nulla era dovuto e l’autoriduzione doveva considerarsi legittima.
Il fatto descritto è realmente accaduto ed arrivato fino alla Corte di Cassazione che, lo scorso 26 giugno, ha deciso ponendo fine alla controversia. In che modo? Sentenziando l’illegittimità della così detta autoriduzione del canone.
Si legge in sentenza che “ la conduttrice non poteva unilateralmente procedere alla riduzione del canone (nella misura che essa riteneva proporzionale al mancato godimento dei due apertamente), ma avrebbe potuto agire, nei confronti del locatore che riteneva inadempiente, con l'azione di adempimento ovvero con quella di risoluzione”.
Infatti, proseguono gli ermellini motivando questa presa di posizione, “ secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità (ex plurimis: Cass., n. 102701/2002 in tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone (e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita) costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che provoca il venir meno dell'equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell 'ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell'art. 1578, prim o comma, cod. civ., per ripristinare l'equilibrio del contratto, turbato dall'inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata.
Tale norma, infatti, non da facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluta al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti”.
In più, chiosano da piazza Cavour,” nel caso di specie, quando è subentrata nel contratto, la società era già a conoscenza della inagibilità dei locali e quindi era tenuta a corrispondere il canone complessivamente pattuito”. (Cass. 26 giugno 2012 n. 10639).
Come dire: nel caso di specie è da ritenersi di dubbia legittimità perfino l’azione giudiziaria volta alla riduzione del canone o alla risoluzione del contratto perché la conduttrice era a conoscenza dell’inagibilità e ai sensi dell’art. 1578, primo comma, c.c. queste azioni sono esperibili “ salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili”.
Sintetizzando: il locatore deve sempre essere molto attento quando decide di concludere il contratto per evitare di pregiudicarsi azioni giudiziarie future e soprattutto per valutare bene l’offerta da avanzare al fine di concluderlo.