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Quando il cortile può dirsi condominiale, anche solo in parte? Quando invece di proprietà singola con possibilità di costituire un diritto di servitù?

Dovrebbe ritenersi che gli spazi dei cortili siano di proprietà esclusiva dell'originario titolare dell'immobile in forza di titolo contrario.
Avv. Anna Nicola 

Il caso è tratto dal Tribunale di Monza n. 1193 del 25 maggio 2022.

La fattispecie

Una società costruisce dei condomini su particolari particelle e fogli.

Ad un certo punto l'avente causa dii questa società fa un nuovo accatastamento a proprio nome di parte del cortile comune, istituendo una servitù pedonale.

Gli attori lamentano l'illegittimità di tali operazioni di accatastamento e trasferimento, stante la natura di bene comune del cortile, e domandano l'accertamento dell'inesistenza di diritti altrui sugli spazi comuni, la declaratoria di nullità degli atti di trasferimento e costituzione di servitù, nonché l'ordine ai convenuti di lasciare tale porzione di cortile libero e sgombro da persone e cose, in piena e libera disponibilità materiale e giuridica del Condominio.

Si costituisce in giudizio la società eccependo che il Regolamento Condominiale non riporta i cortili tra le parti comuni e che, dunque, il dante causa ne aveva ceduto validamente la titolarità quale proprietario esclusivo del bene, come del resto dimostrato dall'atto di vendita.

Deduce, inoltre, il difetto di condominialità dell'area ex art.1117 c.c. ed eccepisce, in via riconvenzionale, l'intervenuto acquisto per usucapione del diritto di proprietà della porzione di cortile condominiale.

Gli attori rinunciano alla domanda di nullità della servitù di passaggio pedonale per sopravvenuta carenze di interesse.

Si arriva a decisione.

La presunzione di condominialità

Il Tribunale ricorda che ai sensi dell'art. 1117 c.c. "Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; ..."

I convenuti costituiti hanno evidenziato che la presunzione di condominialità - dettata da questa norma- di un bene può essere vinta qualora risulti diversamente dal titolo e che il regolamento condominiale non menziona tra le parti comuni i cortili.

Alla luce di ciò, dovrebbe ritenersi che gli spazi dei cortili siano di proprietà esclusiva dell'originario titolare dell'immobile in forza di titolo contrario, il quale poteva, dunque, disporne liberamente.

Questo fatto troverebbe conferma dal tenore del contratto di vendita del fabbricato di dall'originario proprietario al dante causa dell'odierna convenuta, laddove vengono ceduti, tra le altre cose, "quindici atti di vendita dell'intero compendio immobiliare", dai quali si evincerebbe come la "tettoia all'attuale mappale 460... viene indicato come di proprietà esclusiva della società venditrice con la scritta... TETTOIA", oltre che dall'avvenuta costituzione di una servitù di passaggio "al mappale 460 del foglio 57 ed a favore dei boxes garage ai subalterni 705 e 704 del mappale 11... limitatamente alla superficie necessaria per il mero accesso ed utilizzo degli stessi boxes garages".

Il tribunale afferma che, benché circostanziati, questi rilievi difensivi sono infondati, dovendo la domanda attorea trovare pieno accoglimento.

Il ragionamento del Giudice è il seguente.

L'art.1117 c.c. introduce una presunzione di condominialità dei beni che sono per titolo o per loro natura destinati ad un utilizzo collettivo da parte dei condomini, contenendo un'elencazione meramente esemplificativa delle parti comuni perché suscettibile di essere integrata anche da beni non menzionati nella norma o nel regolamento condominiale, tra i quali il cortile condominiale, che assolve normalmente funzioni di interesse collettivo e che presuppone un godimento comune del medesimo, dovendosi intendere per tale lo spazio comune posto (come nella specie) sul lato interno rispetto alla facciata del fabbricato con la funzione di dare luce e aria alle unità immobiliari.

La Cass. n.23316/2020 ha infatti evidenziato che: "In materia di condominio, il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell'art. 1117 c.c., essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, senza che la presunzione possa essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all'edificio condominiale".

Superamento della presunzione

Com'è noto, la presunzione può essere superata se le cose, per obbiettive caratteristiche strutturali, servono in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno in questi casi il presupposto per il riconoscimento della contitolarità perché a destinazione particolare del bene vince l'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario.

La norma può poi essere anche derogata dal titolo, cioè da un atto di autonomia privata che, espressamente, disponga un diverso regime delle parti di uso comune (cfr. Cass. n. 7889/2000).

Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto.

Se in tale sede la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni risulti riservata ad un solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa qualificarsi tra quelli comuni (Cass. n. 5442/1999; n. 1498/1998; n. 11844/1997).

Questa osservazione è già di per sé sufficiente ad escludere la configurabilità di una proprietà esclusiva sulla porzione di cortile in questione. Ciò perché si è voluto disporre individualmente dell'area non sulla base del regolamento di condominio, cioè del primo atto di vendita.

Nulla dice in tal senso il primo atto.

Né il regolamento condominiale costituisce titolo valido ad escludere i cortili dalle parti comuni per il solo fatto che gli stessi non sono espressamente menzionati tra di esse, né tantomeno a riservare la proprietà esclusiva di detti spazi a singoli condomini, stante l'incompatibilità tra una simile clausola e la funzione tipica del regolamento, volta a disciplinare l'uso dei beni condominiali e la ripartizione delle spese tra i condomini.

Le disposizioni del contratto di vendita dall'originario proprietario espressamente menzionano la "tettoia", quale pertinenza dei lotti sub a) e c) oggetti di cessione, in quanto non si tratta di clausole che prevedono un'espressa riserva di proprietà di una porzione di cortile in capo all'originario unico titolare, ma nulla per il resto.

Ciò che viene ceduto è la tettoia quale manufatto e non l'area sottostante, essendo comunque consentita, al singolo condomino, la costruzione di manufatti nel cortile comune di un fabbricato condominiale, purché non alterino la normale destinazione di quel bene (Cass. n. 5551/2016; Cass. n. 3098/2005; nello stesso senso, Cass. n. 3942/1991).

Si ricorda che le pattuizioni, contenute nell'atto di acquisto di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini ovvero di quelle relative alle parti condominiali dell'edificio, devono essere espressamente e chiaramente menzionate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche, oneri reali o, quanto meno, obbligazioni propter rem (cfr. Cass. n. 5336/2017; Cass. n. 4905/1990; Cass. n. 2330/1971).

Ad ogni modo, nel caso di specie, è lo stesso titolo di acquisto degli attori a confermare la natura condominiale dell'intera area cortilizia.

Il Tribunale esamina l'eccezione riconvenzionale dei convenuti, volta ad ottenere l'accertamento dell'intervenuta usucapione della proprietà sullo spazio a cortile. L'eccezione è infondata perché l'area è stata posseduta uti dominus, continuativamente ed ininterrottamente, con interversione del possesso sussumibile dalla costituzione di servitù a favore dei proprietari.

I convenuti tuttavia non riescono a fornirne piena prova, dovendo il singolo condomino allegare e dimostrare di avere goduto del bene attraverso un proprio possesso esclusivo, in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza opposizione per il tempo utile a usucapire.

Deve trattarsi di condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituito da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l'intenzione di non possedere più come semplice compossessore (cfr. Cass. n. 9380/2020; Cass. n. 1004/2004).

Così non è nel caso di specie.

Sentenza
Scarica Trib. Monza 25 maggio 2022 n. 1193
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