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Il cortile è (praticamente sempre) condominiale!

Non si può impedire il parcheggio nella corte, a meno che non si dimostri che essa non sia comune in base al titolo di proprietà
Avv. Mariano Acquaviva 

Un'altra lite riguardante l'uso del cortile condominiale. Gli attori agivano in giudizio invocando l'inibizione della facoltà dei convenuti di utilizzare la corte per parcheggio o sosta temporanea dei loro veicoli. A sostegno della domanda, gli attori allegavano di aver trasferito ai convenuti il solo diritto di passo sulla corte, senza possibilità di parcheggio o sosta temporanea.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22012 del 12 luglio 2022, stronca gli attori: se non si fornisce rigorosa prova del fatto che la corte sia di proprietà esclusiva, essa deve intendersi comune. Insomma: il cortile è (praticamente sempre) condominiale, in quanto l'elenco delle parti comuni di cui all'art. 1117 cod. civ. non costituisce una mera presunzione vincibile con ogni mezzo, bensì una vera e propria scelta del legislatore che può essere "sconfitta" solamente se si dimostra che il titolo di proprietà asserisce il contrario oppure che, attese le caratteristiche strutturali del bene, esso non possa che essere esclusivo. Approfondiamo la questione.

Cortile: passaggio ma non parcheggio

Come anticipato, agivano in giudizio alcuni proprietari per ottenere la condanna dei condòmini che usavano la corte per la sosta dei propri veicoli, contrariamente al rogito che invece concedeva loro solamente il diritto di passo, senza possibilità di parcheggio, nemmeno temporaneo.

Dal loro canto, i convenuti ritenevano che la corte fosse condominiale e che, pertanto, essa potesse essere utilizzata anche per la sosta dei veicoli, ovviamente nel rispetto dei diritti degli altri condòmini.

La natura giuridica del cortile in condominio

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ritiene corretta la qualificazione giuridica operata dal giudice di secondo grado, secondo cui la corte fosse condominiale.

Secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale, infatti, l'art. 1117 c.c., in altri termini, non introduce una presunzione di appartenenza comune di determinati beni a tutti i condòmini, ma fissa un criterio di attribuzione della proprietà del bene, che è suscettibile di essere superato mediante la produzione di un titolo che dimostri la proprietà esclusiva di quel bene in capo ad un condomino, o a terzi, ovvero attraverso la dimostrazione che la res, per le sue caratteristiche strutturali, sia materialmente asservita a beneficio esclusivo di una o più unità immobiliari comprese nel condominio (cfr. Cass., sent. dell'8 settembre 2021).

In relazione ai cortili, in particolare, si è affermato che «l'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luci in vedute su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'art. 1102 c.c., considerato che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono utilmente fruibili a tale scopo dai condomini stessi, cui spetta la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere, appunto, aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in materia di luci e vedute, a tutela dei proprietari degli immobili di proprietà esclusiva.

In proposito, l'indagine del giudice di merito deve essere indirizzata a verificare esclusivamente se l'uso della cosa comune sia avvenuto nel rispetto dei limiti stabiliti dal citato art. 1102, e, quindi, se non ne sia stata alterata la destinazione e sia stato consentito agli altri condòmini di farne parimenti uso secondo i loro diritti: una volta accertato che l'uso del bene comune sia risultato conforme a tali parametri deve, perciò, escludersi che si sia potuta configurare un'innovazione vietata» (Cass., sent. del 09 giugno 2010).

Il cortile del fabbricato, dunque, assolve alla primaria funzione di fornire aria e luce alle varie unità immobiliari che presentano aperture su di esso, e per questo motive esso rientra nell'ambito delle parti comuni dell'edificio.

Cortile condominiale e trasformazione in parcheggio

In tal modo, la Corte di Appello ha in sostanza affermato che, una volta accertato che un determinato bene, per la sua funzione, rientra nelle parti comuni dell'edificio, si configura un vincolo di accessorietà necessaria tra esso e le singole porzioni dell'edificio oggetto di proprietà individuale, tale che il trasferimento di una delle seconde implica ope legis la cessione anche di tutti i correlati diritti sulle parti comuni dello stabile.

Il principio è in linea con l'insegnamento di questa Corte, secondo cui «le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria» (Cass., ord. n. 22361 del 26 ottobre 2011).

La Corte di Appello, inoltre, ha ricostruito la storia dell'immobile, affermando che esso apparteneva in origine ad un unico proprietario ed era stato poi, nelle sue porzioni corrispondenti alle attuali proprietà delle parti in causa, oggetto di successivi atti di disposizione; ed ha evidenziato che gli odierni ricorrenti non avevano allegato l'esistenza di un titolo contrario idoneo a dimostrare la loro proprietà esclusiva dell'area scoperta.

Il giudice di merito, dunque, ha escluso entrambe le condizioni che, ai sensi dell'art. 1117 c.c., consentono il superamento della regola di attribuzione della proprietà dei beni elencati dalla norma: da un lato, infatti, ha rilevato che la corte oggetto di causa rientra, in ragione della sua funzione, nell'ambito delle parti comuni dell'edificio; e, dall'altro lato, ha ritenuto che gli odierni ricorrenti non avessero fornito la prova di un titolo idoneo a superare la regola di attribuzione della proprietà delle porzioni comuni dell'edificio fissata dal già richiamato art. 1117 c.c.

Il diritto d'uso del cortile

Secondo la Cassazione, bisogna precisare che i concetti di proprietà ed uso sono diversi e non confondibili tra loro: la prima va accertata in base alla natura del bene ed ai relativi titoli di provenienza, mentre il secondo va apprezzato in relazione all'effettiva utilizzazione che del bene stesso viene fatta.

Con riferimento alla clausola contenuta nel contratto di acquisto dei danti causa dei convenuti, secondo cui a questi ultimi era stato trasferito il solo diritto di passaggio sulla corte comune, il giudice di merito ha correttamente evidenziato che qualora con essa «le parti del rogito avessero voluto costituire una servitù sul cortile comune, di solo passaggio con esclusione del diritto di sosta e parcheggio, certamente tale costituzione avrebbe richiesto la partecipazione di tutti gli altri comproprietari della corte gravata in tali termini, ipotesi nel caso di specie non verificatasi, non avendo gli altri comproprietari partecipato all'atto».

Il giudice di secondo grado ha quindi escluso che la clausola in esame possa aver istituito un diritto di servitù sulla cosa di proprietà comune, in difetto di partecipazione all'atto di tutti i comproprietari del fondo servente.

Sul punto si registra una fondamentale sentenza resa dalle Sezioni unite: «La pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del cd. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi. Ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente inter partes) di natura obbligatoria» (Cass. Sez. U, sentenza n. 28972 del 17/12/2020).

Pertanto, la giurisprudenza da un lato ha ribadito che il cortile dell'edificio rientra, in linea di principio, nel novero delle parti comuni soggette alla regola di attribuzione della proprietà di cui all'art. 1117 c.c., e che spetta al giudice di merito indagare se la clausola convenzionale attributiva, ad un solo condomino, di un diritto reale di uso esclusivo su una parte del cortile predetto possa essere interpretata, come pattuizione idonea a trasferire la proprietà del cespite, ovvero a costituire un diritto d'uso di natura reale (ex art. 1021 c.c.) ovvero obbligatoria (con efficacia limitata, in tale seconda ipotesi, alle sole parti stipulanti).

Dall'altro lato, si è precisato che, in ogni caso, non è consentito istituire, per via convenzionale, un "diritto reale di uso esclusivo" su una parte comune dell'edificio, estraneo al numerus clausus dei diritti reali, poiché in tal modo si violerebbe il principio di tipicità dei diritti reali e si priverebbe di concreto contenuto il diritto dei condomini all'uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c.

Proprietà del cortile: la decisione della Cassazione

La Cassazione, con la sentenza in commento, ha quindi respinto il ricorso e confermato la sentenza di secondo grado: gli attori non hanno provato che il cortile non fosse comune, non offrendo alcuna prova che potesse superare il dettato dell'art. 1117 c.c.

La clausola che attribuiva il "diritto di passo senza possibilità neppure temporanea di sosta di automezzi", infatti, non è espressione di un accordo sulla riserva di proprietà del cortile in capo alla parte cedente.

Infine, la corte di merito ha considerato la possibilità di attribuire alla clausola convenzionale di cui anzidetto un'efficacia in termini di istituzione di un diritto reale sulla corte, escludendo anche tale eventualità, in assenza di partecipazione al rogito di tutti i comproprietari dell'ipotetico fondo servente.

Sentenza
Scarica Cass. 12 luglio 2022 n. 22012
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