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Può il titolare di un posto macchina dell'autorimessa condominiale realizzare un box?

Quando è legittima la realizzazione di un box nell'autorimessa condominiale da parte del singolo partecipante.
Avv. Alessandro Moscatelli del Foro di Trani 

Il piano interrato del fabbricato condominiale adibito ad autorimessa costituisce parte comune del fabbricato ed il relativo uso deve essere disciplinato ai sensi dell'art.1102 C.C.

Ciò comporta che ogni condomino cui è attribuito un posto auto nell'autorimessa condominiale deve servirsene in modo da non alterare la destinazione degli spazi comuni ed impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Nei suddetti limiti, quindi, il singolo condomino può apportare a proprie spese le modificazioni che ritenga necessarie per il miglior godimento del suo spazio.

Va inoltre considerato che il singolo condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio notiziando preventivamente l'amministratore che ne riferisce all'assemblea, così come previsto dall'art.1120 C.C.

Tali principi sono applicabili al caso in cui in un'autorimessa condominiale il singolo partecipante, utilizzando la parete di fondo costituita dal muro perimetrale ha realizzato sulla estensione dell'originario posto auto di sua proprietà elementi verticali in muratura creando un vero e proprio box; nella parte antistante, poi, ha eretto due colonnine ed ha dotato il vano di serranda elettrica.

La fattispecie è stata oggetto di contenzioso poiché il condominio ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il singolo partecipante ritenendo che l'opera fosse illegittima ex art. 1102 C.C., avendo inglobato gli impianti di scarico condominiali, presenti nella muratura, ed un chiusino, all'interno del nuovo box, avendo abusivamente allacciato al pozzetto condominiale lo scarico del lavabo installato all'interno del box, avendo modificato un pilastro antistante il manufatto.

Secondo il condominio l'opera violava anche l'art. 1122 C.C., in quanto era idonea a menomare la funzionalità e godibilità originaria dei posti auto realizzati nell'autorimessa, violava la destinazione d'uso del bene destinato a parcheggio ed, infine, contrastava con il decoro architettonico dell'edificio e si poneva in violazione delle norme sulla sicurezza degli edifici.

Per i motivi esposti il condominio chiedeva al Tribunale l'accertamento della illegittimità delle opere realizzate e dell'uso della parte comune e, per l'effetto, la rimozione e/o la demolizione del manufatto con il ripristino dello stato dei luoghi.

Ovviamente il condomino si costituiva in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto.

La pronuncia di merito è interessante perché si occupa di molteplici profili correlati alla realizzazione dell'opera da parte del singolo partecipante nell'autorimessa condominiale.

Nel corso del giudizio veniva espletata una consulenza tecnica di ufficio in cui veniva accertato che l'intervento operato nell'autorimessa condominiale da parte del singolo condomino si era sostanziato nella tamponatura di un posto auto, di proprietà esclusiva, era stato praticamente realizzato un box in sostituzione di un posto auto delimitato a terra.

Il Tribunale di Roma ha affermato che il partecipante ha esercitato un proprio diritto ritenendo che fosse legittima la tramezzatura del posto auto nell'autorimessa comune, e la conseguente trasformazione in box, poiché il proprietario, a norma dell'art. 841 C.C., ha la facoltà di recintare (chiudere) il proprio fondo "in qualunque tempo", sempre che non gliene facciano divieto l'atto di acquisto o il regolamento condominiale avente efficacia contrattuale e non derivi un danno alle parti comuni dell'edificio ovvero una limitazione al godimento delle parti comuni dell'autorimessa", richiamando l'orientamento della Cassazione (Cass. Sez. II 25.05.1991 n. 5933; Cass. Sez. II 16.12.2014 n.26426).

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Peraltro, il c.t.u. aveva accertato che la chiusura dello spazio, che ha riguardato soltanto l'area di proprietà esclusiva, non ha determinato alcuna riduzione della zona di manovra comune, né ha reso più difficoltosa la manovra dei veicoli all'interno dell'autorimessa condominiale.

Il Giudice ha anche accertato che gli impianti di scarico condominiali, presenti nella muratura ed un chiusino non costituivano fattore ostativo all'esercizio della facoltà prevista dall'art. 841 C.C. (come affermato da Cass. n. 26426/2014). Del resto, tali beni già si trovavano su area di proprietà del convenuto e questi si era limitato a chiudere l'area stessa.

La contestazione del condominio sulla presunta illegittimità del manufatto anche in relazione alla modifica della destinazione d'uso dello spazio parcheggio, che sarebbe stato adibito ad altro scopo, è stata anche superata dal Tribunale facendo proprio un principio espresso dalla Suprema Corte che ha statuito che "In mancanza di norme limitative della destinazione e dell'uso delle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva di un edificio condominiale, derivanti dal regolamento che sia stato approvato da tutti i condomini, la norma dell'art 1122 cod. civ. non vieta di mutare la semplice destinazione della proprietà esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, purché non siano compiute opere che possano danneggiare le parti comuni dell'edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprietà comune" (Cass. Sez. II 17.04.2001 n. 5612).

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Nè in giudizio era stato provato un effettivo mutamento della destinazione dello spazio ad usi ontologicamente diversi da quelli propri dell'autorimessa (le foto prodotte nella relazione di c.t.u. mostravano che all'interno del box era parcato un motoveicolo ed al muro era appesa una bicicletta).

Anche il piccolo lavabo realizzato nel box e l'impianto elettrico erano risultati regolarmente allacciati alla rete condominiale e non costituivano violazione alcuna poiché la Cassazione prevede che "In tema di condominio, l'allaccio di nuove utenze ad una rete non costituisce di per sé una modifica della stessa, perché una rete di servizi - sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo - è per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze.

È pertanto onere del Condominio, che ne voglia negare l'autorizzazione, dimostrare che, nel caso particolare, l'allaccio di una sola nuova utenza incide nella funzionalità dell'impianto, non potendo opporsi che il divieto all'allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unità immobiliare" (Cass. Civ. Sez. II, 17/10/2007, n. 21832).

D'altro canto, l'utilizzazione del muro condominiale per appoggiare condotte o tubazioni relative ad impianti destinati a servizio esclusivo di un'unità immobiliare era da ritenersi legittima se sussistenti le condizioni di cui all'art. 1102 c.c. (divieto di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto), nonché, con alcune limitazioni, l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze (v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5492 del 23/11/1978; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11695 del 05/12/1990; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7752 del 15/07/1995; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1162 del 11/02/1999).

Nel caso di specie non sussisteva alcuna modifica della destinazione del muro, né se ne impediva l'uso ad altri condòmini, né venivano dedotti altri inconvenienti.

Riguardo alla dedotta "demolizione" parziale di uno dei pilastri prospicienti l'autorimessa, realizzata per facilitare l'ingresso nel box, il Tribunale ha dichiarato che la rimozione di uno spigolo era del tutto priva di conseguenze sulla stabilità e sicurezza dell'edificio, come accertato dal c.t.u..

Il manufatto era stato contestato dal Condominio anche sotto il profilo del "decoro architettonico".

Ma il Tribunale ha precisato che il decoro architettonico si riferisce all'estetica dell'edificio, data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia.

Ne consegue che non siano da ritenersi vietate tutte le opere che comportino modifica dell'aspetto, ma solo quelle che incidano sull'aspetto estetico dello stabile, modificandone l'armonia generale, lo stile architettonico e la simmetria, provocando un pregiudizio economicamente valutabile per l'intero edificio e le singole unità immobiliari che lo compongono.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che il manufatto non ha determinato alcuna variazione peggiorativa dell'estetica dell'autorimessa.

L'opera presenta livelli di rifinitura equivalenti a quelli dei locali in cui è ubicata, i quali, peraltro, sono di fatto visibili dai soli condòmini e non dall'esterno ed, inoltre, i locali adibiti ad autorimessa sono locali di servizio in relazione ai quali l'aspetto funzionale è largamente predominante su quello estetico, senza considerare che già un altro box era stato realizzato da altro condomino nell'autorimessa.

In ultimo, la contestazione sulla mancata conformità della autorimessa alla normativa dettata dal D.P.R. 380/01 è stata disattesa dal Tribunale, considerato che la suprema Corte ha spiegato che "la non rispondenza di un immobile alla normativa di cui al D.M. 1 febbraio 1986 può avere rilievo solo sotto il profilo di legittimità amministrativa, ma non significa anche che senz'altro rechi danno alle parti comuni dell'edificio ai sensi dell'art. 1122 c.c." (Cass. 16.12.2014 n. 26426) e che "la prova di tale pregiudizio deve essere fornita dagli interessati in modo preciso, con riferimento alla sussistenza del danno ed all'entità dello stesso" (Cass. 01.12.2010 n.24387).

Peraltro, nel caso in esame, i VVFF hanno previsto che il box va adeguato e non demolito.

Il Tribunale di Roma, Sezione V Civile, con la sentenza n.18580 del 01.10.2019, ha rigettato la domanda del condominio ritenendo legittima la realizzazione di un box nell'autorimessa condominiale da parte del singolo partecipante.

Scarica Sentenza 94255998 1
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