Come noto, uno dei motivi principali di litigio in condominio è l'uso del bene comune, spesso oggetto di dispute tra condomini, pronti a non cedere di un millimetro in favore dell'altro. Nascono e maturano così, nei rapporti tra condomini, quegli eccessi e quegli abusi che sfociano, non di rado, in animose discussioni.
È poi chiaro che, se uno dei condomini riveste il ruolo di pubblico ufficiale, la sua condotta rischia di assumere connotati di rilievo penale e compromettere non più i rapporti tra condomini ma la sfera personale del soggetto agente.
Il caso giunto innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, ha visto un condomino condannato per il reato di peculato per aver, nelle vesti di pubblico ufficiale, parcheggiato l'autovettura di servizio nel proprio condominio.
La sentenza in commento è la n. 39832 sez. VI-Pen. del 27-09-2019, resa dalla Corte di Cassazione che ha definito il giudizio avente ad oggetto l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Genova che, in parziale accoglimento dell'appello proposto dal Pubblico ministero, ha disposto la misura interdittiva della sospensione dell'imputato dal pubblico ufficio di dirigente scolastico per la durata di 12 mesi in relazione al reato di peculato ex art. 314 c.p., comma 1.
I fatti. Veniva contestato alla condomina, dirigente scolastico supplente, che aveva la disponibilità' dell'autovettura di servizio dell'Istituto presso cui era in servizio, e che si ara appropriata della stessa, utilizzandola quotidianamente in modo esclusivo per ragioni personali, parcheggiandola, anche in orari notturni, nel condominio della propria abitazione e distraendo quindi la stessa dagli scopi istituzionali.
Da ultimo veniva sorpresa dai militari, impegnati in servizio di osservazione pedinamento controllo, rientrare nel territorio italiano allorché venne arrestata.
In punto di diritto, la questione ruota attorno alla configurabilità, nel caso di specie, del reato di peculato, disciplinato dall'art. 314 c.p. I comma oppure del reato di peculato d'uso, previsto e punito dal II comma del medesimo art. 314 c.p.
A mente del primo comma dell'art. 314 c.p., infatti, si configura il reato di peculato, allorquando "Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria" e la pena prevista è la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.
Ai sensi, invece, del II comma dell'art. 314 c.p., si avrà peculato d'uso, quando "il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita", con l'applicazione di una pena inferiore rispetto al primo capoverso" (Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni)
Fatta questa doverosa premessa al fine di inquadrare la fattispecie giuridica in esame, era emerso che la condomina si era appropriata della autovettura di servizio, per il suo utilizzo quotidiano, continuativo e sistematico - in un arco temporale di due mesi, per ragioni estranee all'ufficio di dirigente scolastico che la predetta ricopriva.
Orbene, emerge chiaramente che se sei un Pubblico Ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, l'uso del bene altrui assume una rilevanza diversa dal medesimo uso da parte di un privato.
Come ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15367/2014, anche gli insegnanti delle scuole pubbliche rivestono la qualità di pubblico ufficiale nello svolgimento delle funzioni, da intendersi non circoscritte alla tenuta delle lezioni, ma estese "alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri dei genitori degli allievi".
Nel caso specifico, dunque, era emerso che l'autovettura intestata all'Istituto da cui dipendeva la condomina, era risultata a completa disposizione della stessa, dopo che questa aveva avuto un incidente con la sua autovettura privata.
L'indagata, dunque, aveva utilizzato l'autovettura dell'Istituto, oltre che per il quotidiano percorso casa-ufficio, anche per recarsi dalla propria abitazione ai diversi istituti scolastici presso i quali prestava servizio, per poi essere lasciata nuovamente parcheggiata nel condominio di residenza anche di notte. Né la condomina aveva mai restituito l'auto alla scuola.
Dunque - si legge nel provvedimento - "la prevenuta non solo si è appropriata di una cosa mobile avuta in ragione dell'ufficio svolto, ma ha anche distratto il bene stesso, utilizzando l'autovettura per ragioni meramente personali (..) "La stessa indagata ha ammesso di aver utilizzato la macchina anche per acquistare beni personali di prima necessità; l'indagata si è giustificata dicendo di aver sempre pagato con i propri soldi il carburante".
Secondo il più recente orientamento, il reato di peculato mira alla tutela di un bene di rilevanza superiore: l'integrità patrimoniale della amministrazione, sempre che le cose oggetto di peculato abbiano un valore economico rilevante e rilevabile.
Essenziale, per la struttura del reato, è la presenza di due elementi costitutivi fondamentali: la condotta di espropriazione del bene dal legittimo proprietario e la condotta di impropriazione di quel medesimo bene con l'instaurazione di una nuova signoria sul fatto.
Deve, dunque, verificarsi la cd. interversio possessionis ovverosia la condotta posta in essere dal pubblico ufficiale che si appropria, mettendola nella sua disponibilità, della cosa pubblica così comportandosi nell'utilizzo della stessa uti dominus, ovvero come se ne fosse il proprietario.
La condotta, così costituita, distingue il reato di peculato, ad esempio, dalla diversa fattispecie del reato di truffa aggravata ai sensi dell'art. 61, n. 9 c.p. che si ritiene qualificato laddove si commetta il reato con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione ovvero ad un pubblico servizio.
In giurisprudenza, infatti, l'elemento differenziale è costituito proprio dalla modalità di possesso del denaro o della cosa mobile altrui, oggetto di appropriazione.
Se, infatti, nell'ipotesi di reato di cui art. 314 c.p. (peculato) il pubblico ufficiale è già in possesso del bene per ragioni di ufficio o servizio, nella truffa (art. 640 c.p.), invece, il soggetto agente, privo del possesso (in assenza delle ragioni di ufficio o servizio, pone in essere una condotta attiva finalizzata a procurarsi il bene stesso, in modo fraudolento, con artifizi o raggiri.
In passato, la Corte di Cassazione, con la sentenza 34765/2016, aveva confermato la condanna per peculato e non peculato d'uso, a carico dell'amministratore pubblico che aveva usato quotidianamente l'auto di servizio per fare commissioni del tutto personali.
Così come si segnala in giurisprudenza il provvedimento n. 50754 del 12 novembre 2014 con cui la Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, ha affermato che "integra il delitto di peculato la condotta dell'amministratore di sostegno che, essendo abilitato ad operare sui conti correnti intestati alle persone sottoposte all'amministrazione, si appropria, attraverso apposite operazioni bancarie, delle somme di denaro giacenti sugli stessi", e ciò in quanto l'amministratore di sostegno, visti gli obblighi sullo stesso imposti dal Codice Civile va qualificato quale pubblico ufficiale.