La caparra confirmatoria - che ha una funzione eclettica, in quanto è volta a garantire l'esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte - consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di rivolgersi al giudice, ed indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell'inadempimento della controparte.
In caso di pattuizione di caparra confirmatoria, ai sensi dell'art. 1385 c.c., la parte adempiente, per il risarcimento dei danni derivati dall'inadempimento della controparte, può scegliere tra due rimedi, alternativi e non cumulabili tra loro:
A) recedere dal contratto e trattenere la caparra ricevuta (o esigere il doppio di essa), avvalendosi della funzione tipica dell'istituto, che è quella di liquidare i danni preventivamente e convenzionalmente, così determinando l'estinzione ope legis di tutti gli effetti giuridici del contratto e dell'inadempimento ad esso;
B) chiedere, con pronuncia costitutiva, la risoluzione giudiziale del contratto, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 c.c. ed il risarcimento dei conseguenti danni, da provare a norma dell'art. 1223 c.c.
Solo qualora la parte non inadempiente non eserciti il recesso, e richieda in giudizio l'adempimento o la risoluzione del contratto e l'integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali (art. 1385 c.c., comma 3), essa non può incamerare la caparra o esigerne il doppio.
Del resto, in uno stesso contratto ben può essere stipulata una clausola penale, in aggiunta alla caparra confirmatoria.
In tale ipotesi, la clausola penale ha la funzione di limitare preventivamente il risarcimento del danno nel caso in cui la parte che non è inadempiente preferisca, anziché recedere dal contratto, domandarne l'esecuzione o la risoluzione.
Si noti che normalmente la caparra viene versata al momento della firma del preliminare.
Come ha recentemente precisato la Cassazione è possibile che le parti nel preliminare stabiliscano il versamento della caparra, in epoca successiva alla stipulazione del contratto preliminare, ma prima del rogito.
In tale ipotesi, come hanno precisato i giudici supremi, in caso di inadempimento di una parte del contratto preliminare, la parte adempiente può contare sulla la facoltà di recedere e di trattenere la caparra ricevuta o di pretendere il doppio di quella data solo dal momento in cui la caparra confirmatoria viene materialmente corrisposta (Cass. civ., Sez. II, 29/11/2022, n. 35068).
Se la caparra non viene corrisposta, la parte adempiente può rivolgersi al giudice per pretendere l'adempimento dell'obbligo di versamento della caparra promessa.
Se il promittente acquirente (in una data successiva alla firma del preliminare ma prima del giorno del rogito) non versa la caparra promessa, la domanda giudiziale per ottenere il versamento della caparra non può essere intesa come dichiarazione di recesso dal preliminare da parte del promittente venditore, ma come mera intenzione di ottenere l'esecuzione di una delle obbligazioni da esso scaturenti.
Quindi, nel nostro caso, il contratto preliminare non si non scioglie e resta vigente l'obbligazione di arrivare al rogito.