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Omofobia in Condominio: quando i condomini si coalizzano e l'amministratore fa un passo indietro.

Quando l'omofobia si manifesta in condominio: il silenzio complice dei condomini e l'assenza di intervento dell'amministratore possono aggravare le conseguenze per le vittime di atti persecutori.
Dott.ssa Valeria Ria Psicologa-Psicodiagnosta 

Il fatto. Pochissimi anni fa, per la precisione era l'anno a cavallo tra il 2013 e il 2014, in un paese della nostra penisola, che non andremo a sottolineare perché non ci interessa il posto, ma gli avvenimenti, una coppia omosessuale, veniva letteralmente perseguitata da un loro vicino di casa all'interno di un condominio di cinque piani.

Mentre un unico soggetto e la figlia, all'epoca ancora minorenne, manifestavano palesemente e con un odio crescente la loro avversione per la relazione amorosa dei due neo-condomini, il resto del condominio… indovinate un poco? Taceva.

Nello specifico di questa vicenda le continue intimidazioni, le umiliazioni e i gesti lesivi nei confronti della coppia si sono concluse con la fuga della coppia dallo stabile, con la denuncia e successiva condanna del condomino e della figlia in materia di atti persecutori, e con la fine della relazione tra i due giovani messa a dura prova da tutta la vicenda, provocando nei due conseguenze psicofisiche non da poco, la vendita immediata e con svalutazione di un immobile acquistato a 150 mila euro da ristrutturare e rivenduto a 120 mila euro ristrutturato, il timore per la propria incolumità e per l'incolumità della persona amata, la conseguente emersione di un disturbo depressivo, la modifica definitiva della propria condotta di vita.

Nella sentenza di condanna al condomino stalker il giudice, nella premessa, specifica la necessità di distinguere le condotte palesi dell'imputato dal clima di ostilità dello stabile perché ovviamente nell'orientamento italiano non esiste il reato condominiale, o il reato di odio collettivo, ovviamente perché andavano delimitate, definite e differenziate le azioni dalle intenzioni e ovviamente perché la diffusione di responsabilità che possiamo serenamente definire omertà, non è un reato di complicità in relazione ad alcuni articoli del codice penale, perché essere a conoscenza e tacere, come abbiamo evidenziato altrove ci rende complici solo da un punto di vista psichico o morale non da un punto di vista penale.

Ma ai fini delle nostre riflessioni: il resto del condominio cosa faceva? Taceva!!!Un altro aspetto che emerge è che dal momento del trasferimento della coppia nello stabile l'ostilità non era accesa né violenta ma si manifestava solo una morbosa curiosità nei confronti di questi ragazzi, una sorta di intuizione sussurrata ma di cui probabilmente non si voleva avere consapevolezza proprio perché le ostilità sono iniziate quando i due sono stati visti mano nella mano scambiarsi un bacio sulla guancia!

Un bacio sulla guancia! Questo il primo affronto che ha dato vita al tutto perché il problema non era che i due fossero omosessuali quanto il fatto che lo palesassero.

E su queste premesse ci viene in aiuto la mia personale passione per i proverbi. Quelle frasi della saggezza popolare, quando il popolo è saggio, che in poche parole definiscono un mondo di esperienze, e nel condominio, in materia di omofobia e atti persecutori conseguenti, il tacere degli altri condomini, si può serenamente definire complicità perché… chi tace acconsente.

Nel caso di questa specifica vicenda, infatti, le azioni sono ascrivibili ad un individuo singolo ma di fatto sono espressione di un clima che si può definire gruppale, non solo in termini condominiali ma anche in termini societari.

Se ci rifacciamo alle teorie psicologiche dei gruppi questo specifico caso di omertà è ben diverso dall'omertà che abbiamo precedentemente visto in relazione alle percosse e agli abusi familiari, mentre nel caso in cui in condominio si abbia percezione di un uomo che usa violenza su una donna, per lo più può farci tacere un vissuto negativo nei confronti dell'uomo violento, il timore che palesando il disaccordo con la condotta in qualche modo l'uomo violento possa rivolgere la violenza a noi, e non secondario anche il fatto che fattivamente le condotte persecutorie e lesive avvengono in uno spazio "privato" e non in spazi condominiali come nel caso portato all'attenzione dove gli atti persecutori si traducevano anche in deturpazione delle aree condominiali.

Diciamo che in tal caso l'omertà è complice perché nessuno agisce per salvare qualcuno che magari dentro di noi desideriamo si salvi, mentre in caso di persecuzioni condominiali di matrice omofoba e/o razziale, l'attivazione psichica potrebbe essere diversa: il non agire, il tacere, il volgere lo sguardo altrove potrebbe significare semplicemente che l'individuo che agisce la violenza si fa portavoce di istanze di espulsione e avversità che tutti hanno ma che non agiscono mentre il persecutore ha la personalità adatta ad assumere il ruolo di portare all'azione i pensieri di ostilità di un gruppo intero. In questi casi specifici il popolo è tutt'altro che saggio!

Della vicenda proposta quello che colpisce insieme al silenzio che accoglieva le condotte criminali del condomino, è un particolare che appare banale, ma non lo è. L'amministratore dello stabile in corso di questi avvenimenti, abbandonava la direzione dello stabile.

Non ci sono notizie del motivo, magari l'amministratore aveva motivazioni contingenti altre, magari di natura personale, non è dato saperlo dal materiale disponibile, ma in termini di azioni pratiche mi sorge spontanea la domanda relativa a cosa potrebbe o può fare un amministratore in casi del genere, come potrebbe affrontare questioni di questo genere che non sono di natura tecnica ma di natura squisitamente relazionale?

Come siano o non siano andati i fatti in questione probabilmente lo sanno con certezza solo ed esclusivamente le persone coinvolte, il punto che ci può interessare è: cosa faremmo noi se vicino alla nostra abitazione venisse a vivere una coppia omosessuale?

Nel caso più roseo probabilmente ci sarebbe qualche naso che si torce e la necessità di "abituarsi" all'idea. Nei casi peggiori, se non arriviamo agli atti persecutori, abbiamo magari proprietari di casa che non affittano le proprie sacre dimore a persone omosessuali, ben inteso, non a ladri o spacciatori, i proprietari di casa non chiedono il casellario giudiziario, ma si preoccupano di non ospitare nelle proprie dimore persone omosessuali!

Questo perché l'omofobia che si manifesta in condominio è diretta figlia della cultura omofoba di cui siamo parte, tutti, omosessuali compresi che educati con contenuti eterosessisti fin dalla prima infanzia interiorizzano la colpa di essere ciò che sono, ed un esempio di ciò è l'idea di creare una co-housing per anziani LGBT che è stata vista come una idea ottima dalla stessa comunità LGBT come se al contrario non fosse una ghettizzazione!

Le teorie sull'omofobia si sprecano eppure siamo ben lontani dal capire di preciso di cosa si tratti perché probabilmente l'andare a fondo della questione metterebbe tutti noi in contatto con una parte di noi estremamente angosciante, perché l'omofobia da definizione è la paura delle persone omosessuali ovvero delle persone che amano una persona simile (sessualmente) a loro, ma in realtà l'omofobia è la paura di qualcuno simile a noi che fa qualcosa di molto diverso da noi e da ciò che ci hanno insegnato essere "normale".

Ecco perché non ci interessa dove gli avvenimenti presi in considerazione siano avvenuti perché allo stato attuale questi eventi potrebbero tranquillamente avvenire sul nostro pianerottolo e probabilmente anche noi gireremmo la testa altrove.

È lecito fotografare il vicino che viola le regole?

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