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Che cosa succede se l'amministratore dimissionario si rimangia la parola e decide di restare in carica?

Quando l'amministratore dimissionario decide di restare in carica, è possibile garantire la continuità gestionale del condominio attraverso la prorogatio e la rinomina da parte dell'assemblea.
Avv. Alessandro Gallucci 

Rispondiamo ad una domanda che ci viene spesso rivolta: in una riunione condominiale l’amministratore del condominio in cui abito rimetteva il mandato nelle mani dell’assemblea. Nel frattempo i condomini non riuscivano a nominare un altro amministratore.

A quel punto diffidavo l’amministratore uscente e dimissionario dal compiere qualunque atto di gestione della compagine.

Egli mi rispondeva negativamente dicendo che doveva continuare ad amministrare per garantire la continuità di gestione della compagine.

Successivamente, vista l’impossibilità di nominare un altro mandatario, quello in carica provvisoria revocava le sue dimissioni e si faceva riconfermare dall’assemblea.

Tutto ciò è regolare? Per rispondere a questa domanda è necessario tenere presenti due aspetti.

L’amministratore è il mandatario della compagine
L’amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (così, ex multis, Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148).

Il mandatario, vale la pena ricordarlo, è figura obbligatoria in quelle compagini con almeno cinque partecipanti. Egli dura in carica un anno e può essere revocato in ogni momento. Il suo incarico, è utile dirlo, scade automaticamente alla scadenza dell’anno di gestione.

La prorogatio serve a garantire continuità di gestione
Da quel momento e fino all’assemblea ordinaria annuale, egli manterrà il suo incarico in prorogatio. Lo stesso dicasi per il caso di revoca e conseguente nomina.

I giudici di merito (Corti d’Appello, Tribunali e Giudici di pace) e di legittimità (Corte di Cassazione) sono concordi nell’affermare che " in tema di condominio di edifici, l'istituto della "prorogatio imperii" che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore - è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e, pertanto, non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129 cod. civ., comma 2, o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina.

Ne consegue che l'assemblea può validamente essere convocata dall'amministratore la cui nomina sia stata dichiarata illegittima non ostando a tale conclusione il dettato di cui all'art. 66 cod. civ., comma 2, in quanto il potere di convocare l'assemblea, da tale norma attribuito a ciascun condomino, presuppone la mancanza dell'amministratore, che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione f per qualsivoglia causa, del mandato dell'amministratore o di illegittimità della sua nomina" (così, ex multis, Cass. 23 gennaio 2009 n. 1405, in senso conf. da ultimo Trib. Roma 11 febbraio 2011 n. 2963).

L’assemblea è sovrana e può rinominare l’amministratore dimissionario
Come per ogni contratto anche per quello che lega condominio e amministratore le parti, una volta sciolto, possono anche decidere di incontrarsi nuovamente.

In definitiva: salvo diverse indicazioni del regolamento di condominio ed eccezion fatta per il caso di revoca giudiziale, nessuno può vietare la rinomina dell’amministratore dimissionario.

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