Il codice civile, disciplinando ruolo e compiti dell’amministratore di condominio ed individuando nell’assemblea l’organo deputato, in via principale e fatti salvi i casi di ricorso all’Autorità Giudiziaria, a dare inizio e cessazione a questo rapporto fiduciario, specifica chiaramente quali debbano essere i quorum deliberativi per giungere alla nomina e/o alla revoca del legale rappresentante dei condomini.
Nell’art. 1136 c.c. si dice chiaramente che le decisioni concernenti la nomina e la revoca dell’amministratore di condominio devono essere adottate con la maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino quanto meno 500 millesimi.
In sostanza una volta nominato, l’amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni momento con le stesse maggioranze previste per l’atto di nomina.
Al termine del periodo naturale di gestione, un anno per l’appunto, il codice civile (art. 1130, secondo comma, c.c.) impone al mandatario dei condomini di rendere il conto della propria gestione. Egli, sostanzialmente, dovrà redigere il rendiconto consuntivo e quello preventivo e convocare l’assemblea ordinaria annuale per sottoporli all’assemblea per la loro approvazione.
Nella stessa assemblea, essendo scaduto il termine naturale del suo mandato, l’amministratore dovrà sottoporsi al giudizio dei condomini che dovranno decidere se proseguire con lui il rapporto fiduciario per la gestione delle parti comuni dello stabile, o se sostituirlo.
Nonostante, in alcune circostanze, si senta dire che egli all’assemblea ordinaria annuale si presenti dimissionario (è usuale che nell’ordine di giorno di convocazione dell’assemblea si scriva dimissioni e nomina amministratore), è più corretto affermare che l’amministratore si presenterà decaduto dall’incarico per scadenza del termine.
L’art. 1135 c.c., nell’elencare gli argomenti che devono essere inseriti nell’ordine del giorno, parla chiaramente di conferma dell’amministratore.
In sostanza tre sono i possibili esiti dell’assemblea:
a)conferma dell’amministratore;
b)revoca dell’amministratore e conseguente nomina di nuovo legale rappresentante;
c)impossibilità a decidere (per mancato raggiungimento delle necessarie maggioranze).
In tale ultimo caso si è soliti affermare che l’amministratore uscente proseguirà nel proprio incarico in prorogatio.
Il quesito che ci si è posti, stando a quanto detto dal codice civile, è il seguente: posto che nell’art. 1136 c.c. si menzionano espressamente la nomina e la revoca ma non la conferma dell’amministratore, il quorum necessario per quest’ultimo atto è lo stesso a quello dei primi due o, in qualche modo, si è voluto differenziarli?
Al riguardo tanto in dottrina, tanto in giurisprudenza non si registrano posizioni univoche.
Quello che pare essere l’orientamento maggioritario propende per l’identità di ratio dei tre atti e di conseguenza per la necessità anche di raggiungere le maggioranze indicate dall’art. 1136 c.c. anche per la conferma dell’amministratore.
Secondo la Cassazione, infatti, “come ripetutamente affermato […] (v. Cass. 3797-78; 71-80 ecc.), non solo in caso di nomina o revoca dell'amministratore, ma anche in quello di conferma è necessaria la maggioranza di cui all'art. 1136 4 c.c. civ., trattandosi di delibere che hanno contenuto ed effetti giuridici uguali ” (Cass. 4 maggio 1994, n. 4269).
Non è da sottovalutare, però, quell’orientamento minoritario, da ultimo espresso dal Tribunale di Roma, secondo il quale “la conferma dell'amministratore in carica è fattispecie ben diversa da quella della nomina e della revoca in quanto è rielezione dello stesso nella carica precedentemente ricoperta per la cui deliberazione è sufficiente la maggioranza prevista dal III° comma dell'art. 1136 c.c.” (così Trib. Roma 15 maggio 2009 n. 10701).
Stando a questa tesi, dunque, per la conferma dell’amministratore, in seconda convocazione, sarebbe sufficiente il voto favorevoli di un terzo dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno 333 millesimi.
Va, infine, sottolineato, qualunque sia l’opzione preferibile, che la conferma dell’amministratore con un quorum inferiore a quello necessario comporta l’annullabilità della deliberazione (cfr. su tutte Cass. SS.UU. n. 4806/05).