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L'amministratore in prorogatio può chiedere un decreto ingiuntivo?

La perpetuatio di poteri dell'amministratore: caratteristiche, durata e modalità.
Avv. Marco Borriello - Foro di Nola 

Può accadere che l'amministratore di un condominio esaurisca il proprio incarico perché, ad esempio, è scaduto il suo mandato oppure perché questi ha deciso di dimettersi, magari per presunte incompatibilità ambientali.

In tali circostanze, si discute se l'amministratore sia esautorato dai propri poteri o se, invece, possa continuare ad esercitarli fino a quando l'assemblea, accertate le circostanze che impongono la sostituzione del professionista uscente, non provveda alla nomina del nuovo incaricato.

Più specificatamente, questa situazione viene descritta con i termini prorogatio o, meglio ancora, perpetuatio di poteri. In pratica, l'amministratore, ad esempio dimissionario, pur non essendo più in carica, nell'interesse del condominio e, in qualche misura, nel rispetto della volontà dei proprietari, continua ad esercitare i propri compiti.

Ebbene, fino a quando si protrae questa determinata situazione? Tra i poteri che conserva l'amministratore in prorogatio c'è anche quello relativo alla richiesta di un decreto ingiuntivo? L'amministratore, in attesa della nomina del professionista entrante, può recuperare le somme dovute dai condòmini morosi?

Prorogatio amministratore: cosa significa?

Come sovente accade in questi casi, è la giurisprudenza a fornire i dovuti chiarimenti per specificare in cosa consiste la prorogatio dell'amministratore condominiale.

In particolare, osserva la Cassazione «l'amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'articolo 1129 c.c. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri... Ma tale principio - nell'elaborazione giurisprudenziale, in che trova propriamente la sua genesi (in difetto di esplicita enunciazione normativa) - si giustifica in ragione di una presunzione di conformità, di una siffatta perpetuatio di poteri dell'ex amministratore, all'interesse ed alla volontà dei condomini"(ex multis Cass. n. 1445/1993)».

L'elaborazione giurisprudenziale si è spinta ad individuare l'esigenza di tutelare l'interesse del condominio ad avere un amministratore con pieni poteri anche nel caso in cui venga revocato oppure la sua nomina venga annullata in sede giudiziale «in tema di condominio di edifici, l'istituto della "prorogatio imperii" - che trova fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministratore - è applicabile in ogni caso in cui il condominio rimanga privato dell'opera dell'amministratore, e pertanto non solo nei casi di scadenza del termine di cui all'art. 1129, secondo comma, c.c., o di dimissioni, ma anche nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina (ex multis Cass. n. 14930/2013)».

Prorogatio amministratore: fin quando dura?

Come è noto, l'amministratore resta in carica per un anno, rinnovabile per un periodo corrispondente. Può accadere, quindi, che il mandato del professionista scada oppure che questi manifesti la volontà di dimettersi o ancora che l'assemblea revochi l'incarico all'amministratore o, infine, che la sua nomina venga annullata a seguito di un procedimento giudiziale.

Come saprai, in tutti questi casi, la scelta del nuovo amministratore e il conferimento dell'incarico non sono automatici, ma richiedono una decisione assembleare assunta nel rispetto di un certo quorum e di determinate maggioranze. Si tratta di condizioni che, non sempre, si realizzano velocemente.

Infatti, può succedere, per mera negligenza dei còndomini, che trascorra un certo lasso di tempo prima di riunirsi validamente oppure che l'assemblea non trovi alcun accordo sulla scelta del sostituto. In quest'ultima ipotesi, potrebbe, persino, essere necessario ricorrere al Tribunale per la nomina del nuovo amministratore.

Insomma, come avrai sicuramente capito, sono varie le circostanze nelle quali l'amministratore uscente potrebbe ritrovarsi a dover attendere le decisioni del condominio. Si tratta della classica condizione dove si riconosce al professionista la cosiddetta perpetuatio di poteri sino alla sua sostituzione.

Responsabilità dell'amministratore di condominio per i contratti eccedenti i suoi poteri

Lo conferma la consolidata opinione giurisprudenziale secondo la quale «l'amministratore condominiale, la cui nomina sia stata dichiarata invalida, continua ad esercitare legittimamente, fino all'avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari (Cass. n. 18660/2012)».

Oppure ancora «la "perpetuatio" di poteri in capo all'amministratore di condominio uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all'art. 1129 c.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta "perpetuatio" all'interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell'assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione da parte dell'amministratore cessato dall'incarico (Cass. n. 12120/2018)».

Ricapitolando, quindi, la prorogatio dell'amministratore si verifica per vari motivi: scadenza dell'incarico, dimissioni, revoca, annullamento della delibera di nomina. Essa durerà sino a quando non interverrà la nomina del Tribunale oppure la delibera assembleare in cui sarà scelto e votato il sostituto.

I poteri dell'amministratore revocato giudizialmente per giusta causa non sono prorogabili.

L'amministratore in prorogatio può agire contro i condomini morosi?

La prorogatio di poteri dell'amministratore uscente, così come è stata configurata dalla giurisprudenza, presuppone che il professionista conservi i propri poteri e debba assolvere ai propri compiti sino all'avvenuta sostituzione deliberata, ad esempio, in assemblea.

A questo proposito, possiamo immaginare una situazione dove la sostituzione sembra un evento lontano nel tempo. Per esempio, quando non c'è accordo tra i proprietari ed è necessario ricorrere al Tribunale; una circostanza che presuppone una prorogatio duratura e dove ogni attività gestionale dell'amministratore, ivi compresa la necessità di avviare un procedimento d'ingiunzione contro i còndomini inadempienti, può essere oltreché legittima persino obbligatoria «... l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso... (Art. 1129 co. 9 c.c.)».

Pertanto, sino a quando non si verificherà la predetta sostituzione, sembra logico dedurre che l'amministratore possa agire in recupero nei confronti dei condomini morosi poiché tale attività è doverosa e corrisponde, altresì, ad uno specifico interesse del condominio.

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