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La nuda proprietà comporta per il beneficiario la perdita dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica?

La Suprema Corte si sofferma su aspetti della decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica.
Avv. Nicola Frivoli 

Con provvedimento emesso in data 14 aprile 2023, n. 10017, la Corte di Cassazione, Sezione III, si è pronunciata su due motivi di censura in ambito di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica.

La nuda proprietà comporta per il beneficiario la perdita dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica? Fatto e decisione

Il ricorrente, per l'effetto dell'alienazione in suo favore effettuata dal padre con contratto di compravendita e di successiva costituzione di usufrutto in favore della madre, essendo risultato nudo proprietario, perdeva il requisito dell'impossidenza richiesto dall'art. 11, comma 1, lett. c) L.R. Lazio n. 12/1999.

In primo grado, intentando azione contro Roma Capitale, la domanda veniva rigettata, rilevando il giudice di prime cure, la perdita di un requisito soggettivo imprescindibile per fruire di un alloggio di edilizia pubblica, con la conseguente decadenza dal beneficio della assegnazione.

Avverso tale pronuncia di prime cure, il ricorrente proponeva appello innanzi alla Corte d'appello di Roma, che in data 11 marzo 2019, emetteva sentenza di conferma della pronuncia di primo grado, rigettando il gravame.

La Corte territoriale, confermando la decisione di primo grado, aveva affermato che per effetto dell'acquisto della proprietà dell'immobile, il beneficiario aveva perso il requisito suindicato, non avendo rilievo la circostanza che abbia deciso, successivamente a detto acquisto, di costituire, in favore della madre e a, titolo gratuito, l'usufrutto sull'immobile stesso, essendo venuto meno, in costanza di rapporto, del beneficio dell'impossidenza.

Avverso tale pronuncia, l'appellante proponeva ricorso in cassazione adducendo due motivi di censura, e l'appellante Roma Capitale resisteva con controricorso.

La Cassazione rilevava che il codice civile non prevedeva la nuda proprietà (art. 832 c.c.) come diritto distinto dalla proprietà: i suoi tratti contenutistici sono desunti, infatti, dal combinato disposto delle norme in tema di proprietà e di quelle in tema di usufrutto, ossia in via di mera sottrazione, dal contenuto del primo, dei poteri e delle facoltà che formano il contenuto del secondo.

Pertanto, del tutto infondato risultava l'assunto del ricorrente laddove contestava la mancata previsione della legge regionale citata dell'istituto della nuda proprietà, nel senso di escluderla da novero degli acquisti ritenuti rilevanti in quanto ostativi all'assegnazione dell'alloggio popolare o alla permanenza della stessa.

La norma regionale, là dove prevede la proprietà di immobile quale diritto incompatibile con l'assegnazione di alloggio, non sta, per ciò stesso, a contrario, ritenendo invece compatibile la titolarità della nuda proprietà, ma al contrario, in assenza di diversa specificazione, vi comprende anche la proprietà gravata da usufrutto.

Gli ermellini rimarcano la fondatezza della nella sentenza impugnata, in ordine alla decadenza dal diritto all'assegnazione in locazione di un alloggio economico e popolare che risponde all'esigenza oggettiva di evitare che abitazioni destinate a categorie sociali meno protette rimangano nella disponibilità di chi non ne abbia effettivamente bisogno.

La Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto " l'art. 11, comma 1, lett. e), della legge reg. Lazio 6 agosto 1999, n. 12, là dove prevede, tra i requisiti soggettivi per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica destinata all'assistenza abitativa, la "mancanza di titolarità" del diritto di proprietà "su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare" secondo gli altri requisiti di ubicazione e valore ivi indicati deve intendersi riferito sia all'acquisto del diritto di proprietà su immobile gravato da usufrutto, sia, come nella specie, all'acquisto della piena proprietà, seguito successivamente dalla costituzione di un usufrutto".

Considerazioni conclusive: applicazione della Riforma Cartabia

Per completezza, la Cassazione ha applicato, dichiarando inammissibilità del secondo motivo di denuncia, la Riforma Cartabia, ritenendo nella fattispecie posta al suo vaglio, la tardività del deposito dei documenti da parte del ricorrente, secondo cui il nuovo testo dell'art. 372 cod. proc. civ. - come modificato dall'art. 3, comma 27, lett. h), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. riforma Cartabia), applicabile anche al presente procedimento in virtù della disposizione transitoria di cui all'art. 35, comma 6, d. lgs. cit. - se da un lato non richiede più, come il precedente, la notifica (nella specie non effettuata) del deposito, mediante elenco, alle altre parti (ciò in coerenza con l'obbligatorietà del deposito telematico previsto dall'art. 196-quater disp. att. cod ... proc. civ., introdotto dall'art. 4, comma 2, d.lgs. cit.), dall'altro, ha però fissato in quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio il termine entro il quale il deposito va effettuato: termine nella specie non rispettato essendo stati detti documenti depositati, unitamente alla memoria.

In conclusione, la Suprema Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.

Sentenza
Scarica Cass. 14 aprile 2023 n. 10017
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