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Divisione e assegnazione della casa coniugale: problema conguaglio

Assegnazione della casa coniugale, la posizione delle Sezioni Unite.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Per casa familiare si intende l'immobile nel quale si è svolta la vita della famiglia e che sia tale da assicurare un'adeguata sistemazione abitativa ai figli della coppia separata/divorziata. Si tratta, quindi, del complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l'esistenza domestica della comunità familiare.

L'assegnazione della casa coniugale

La casa familiare, sia in sede di separazione che in quella di divorzio, può essere assegnata ad uno dei due coniugi; l'assegnazione prescinde dalla titolarità della proprietà (la casa, infatti, può anche essere di proprietà dell'altro coniuge, o addirittura di terzi).

In particolare secondo il primo comma dell'articolo 337-sexies c.c., il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà.

Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.

Questa disposizione (art. 337 sexies cc) è applicabile anche in sede di divorzio.

Il presupposto imprescindibile per l'assegnazione è quindi l'esistenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti (infatti, l'assegnazione della casa coniugale ad uno dei due coniugi in assenza di figli, è sostanzialmente inammissibile, salvo qualche rarissima eccezione).

La giurisprudenza ha chiarito che il provvedimento di assegnazione della casa familiare, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell'assegnazione (art. 1599, comma 3, c.c.); se trascritto, è opponibile al terzo acquirente senza limiti di tempo (salva la sopravvenuta caducazione dell'interesse dei figli alla detenzione).

In ogni caso l'assegnazione della casa coniugale costituisce un diritto personale di godimento, ma non è in alcun modo assimilabile ad un diritto reale.

Divisione e assegnazione della casa coniugale: problema conguaglio

Chiarito quanto sopra bisogna evidenziare come sia possibile che la casa coniugale sia in comproprietà tra i due coniugi. Se uno dei due vuole "sciogliere la comunione", cioè dividere giudizialmente il bene si possono verificare due ipotesi:

a) l'immobile viene attribuito in proprietà esclusiva al coniuge assegnatario della casa familiare, con conguaglio a favore dell'altro comproprietario;

b) l'immobile viene attribuito in proprietà esclusiva al coniuge non assegnatario della casa familiare, con conguaglio a favore dell'altro comproprietario.

Problema: nella determinazione del conguaglio, si deve tener conto della diminuzione del valore dell'immobile derivante dalla presenza del diritto personale di godimento sull'immobile a favore del genitore ivi convivente con i figli?

Divisione e assegnazione della casa coniugale: le tesi contrapposte

Secondo una tesi l'assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l'immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l'altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non sia eventualmente modificato, sicché nel giudizio di divisione se ne deve tenere conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro coniuge ovvero venduto a terzi (Cass. civ., Sez. II, 22/04/2016, n. 8202).

Secondo altra tesi nel giudizio di divisione della casa coniugale di proprietà di entrambi i coniugi, in precedenza assegnata ad uno di essi in sede di separazione, nel caso in cui l'immobile venga attribuito a quest'ultimo, il diritto di abitazione derivante dal provvedimento di assegnazione non deve influire in alcun modo nella determinazione del valore dell'immobile e quindi nella determinazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge.

In caso contrario, si verificherebbe una penalizzazione del coniuge non assegnatario al quale verrebbe corrisposta una somma inferiore alla metà del valore commerciale del bene (Cass. civ., Sez. II, 20/12/2018, n. 33069).

La posizione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno aderito a quest'ultima tesi (sentenza 9 giugno 2022 n. 18641).

Quindi: riconoscere al coniuge a cui è attribuito l'immobile per intero una decurtazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge già comproprietario, in virtù del diritto di godimento già' riconosciutogli con l'assegnazione, costituirebbe un suo ingiustificato arricchimento, in quanto egli si troverebbe ad essere titolare di un bene non gravato da alcun diritto altrui, in virtù della produzione del suddetto effetto estintivo.

Di contro, se in sede di divisione la casa viene assegnata al coniuge non titolare del diritto di abitazione, costui subisce la permanenza del gravame del diritto di abitazione dell'ex coniuge e, quindi, di tale gravame si deve tener conto nel momento in cui si stabilisce il conguaglio dovuto al coniuge assegnatario della casa.

Sentenza
Scarica Cass. Sez. Un. 9 giugno 2022 n. 18641
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