Con sentenza emessa in data 27 maggio 2022, n. 1827, la Corte di Appello di Milano, accoglieva il gravame proposto dagli appellanti-committenti, avverso pronuncia emessa dal Tribunale di Milano, in data 19.6.2019, n. 5998, contro l'appellato-impresa esecutrice dei lavori.
Con il giudizio di prime cure, il giudice milanese, rigettava la domanda attorea in ordine alla richiesta di risarcimento dei danni ex art. 1669 c.c., derivanti da gravi difetti riscontrati nei propri immobili. In particolare, gli attori sostenevano la presenza di estese cavillature, la formazione di linee di frattura e la presenza di segni evidenti di cedimento della pavimentazione nelle unità immobiliari di loro rispettiva proprietà.
Si costituiva la società convenuta che, in via preliminare, eccepiva la decadenza e la prescrizione dell'azione per omessa denuncia e per decorso del termine breve annuale di cui all'art. 1669 c.c., in quanto gli immobili erano stati acquistati nel 2008 ed i vizi si erano manifestati nel 2013, mentre la prima denuncia risaliva al mese di marzo 2016. Nel merito affermava l'insussistenza dei presupposti per adire la tutela di cui all'art. 1669 c.c., in quanto i problemi lamentati non costituivano gravi difetti.
Il Tribunale di Milano rigettava la domanda e condannava gli attori al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale pronuncia, veniva proposto l'appello, al fine di accertare i vizi e i difetti erano gravi e rientravano nella fattispecie dell'art. 1669 c.c. L'impresa appellata, si costituiva, eccepiva in via preliminare l'inammissibilità dell'appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c.; nel merito chiedeva il rigetto del gravame, non sussistendo i presupposti di cui all'art. 1669 c.c. In via subordinata, formulava appello incidentale, chiedendo la riforma della sentenza nel capo i cui rigettava l'eccezione di decadenza e prescrizione con conseguente dichiarazione di decadenza degli attori dall'azione ex art. 1669 c.c. e/o prescrizione del relativo diritto, con vittoria di spese.
Infondatezza dell'eccezione di inammissibilità del gravame.
L'eccezione di inammissibilità formulata dall'appellato, ex art. 342 c.p.c., è stata dichiarata infondata dalla Corte territoriale, atteso che i motivi richiesta dalla disposizione contenuta nella menzionata norma, non devono essere necessariamente rigorosi a sostegno dell'appello, bensì si richiede soltanto una enunciazione chiara ed univoca sia della domanda rivolta al giudice del gravame sia delle ragioni della doglianza e delle censure (Cass. civ. sez. II, 5 maggio 2017, n. 10916).
L'eccezione di prescrizione e decadenza ex art. 1669 c.c.
L'art. 1669 c.c., recita quanto segue: "Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in part, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti dei committenti e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in anno dalla denunzia."
Va esplicitato che tale disposizione prevede una particolare obbligazione in capo all'appaltatore il quale è tenuto a garantire per un periodo di dieci anni l'opera costruita dal vizio del suolo o dal difetto di costruzione.
In sostanza ci troviamo difronte ad un obbligo consistente nel risarcimento del danno oppure in una obbligazione di fare. Ad ogni buon conto, l'appaltatore nel caso della presenza del vizio deve riparare l'edificio che minaccia rovina.
Le carenze costruttive riguardano anche elementi secondari ed accessori dell'immobile
La Corte d'Appello lombarda, nella fattispecie posta al suo vaglio, affrontava la questione dei vizi denunciati fuori termini, secondo l'assunto dell'appellato-appaltatore.
Rilevava dalla documentazione prodotta in atti che i difetti si erano manifestati alla fine del 2015, e venivano denunciati con lettera datata marzo 2016, inviata dal difensore degli appellanti.
La Corte territoriale riteneva che il termine di decadenza non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo.
Tale termine può essere quindi postergato all'esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e per stabilire il corretto collegamento causale tra gli stessi (cfr. Cass. civ. sez. II, 17.10.2017 n. 24486; Cass. civ. sez. II, 23.1.2008 n. 1463; Cass. civ. sez. II, 15.11.2006 n. 24301; Cass. civ. sez. II; 22.8.2003 n. 12386).
Gli appellati hanno avuto conoscenza e consapevolezza dei vizi solo con la relazione peritale, ovvero dalla data del deposito dell'ATP, risalente ad aprile 2015, perciò la denuncia è da considerarsi tempestiva, così come è tempestiva la successiva proposizione dell'azione ex art. 1669 c.c., avvenuta con atto di citazione a maggio 2016.
Vizi e difetti
Condivisibile è la pronuncia della Corte d'Appello di Milano nella parte in cui precisa che il giudice di primo grado ha rigettato erroneamente la domanda dei committenti, poiché i vizi contestati non rientravano tra quelli previsti dall'art. 1669 c.c.
In altri termini, costituiscono gravi vizi e difetti ex articolo 1669 c.c. anche carenze costruttive che riguardano elementi secondari e accessori che comportino un apprezzabile danno alla funzione economica dell'immobile e che siano eliminabili anche con opere di riparazione rinnovamento e sostituzione delle finiture (Cass. civ. sez. II, 6.6.2012 n.9119; Cass. civ. 11.12.1998 n. 1393).
Così come anche i vizi costruttivi che incidono sul normale godimento della cosa o ne impediscano l'utilità (come il distacco dell'intonaco) e ne impediscano la sua funzione (Cass. civ. sez. II, 9.3.2013 n. 20644).
Va, altresì, sottolineato che la comparsa di lesioni sulle piastrelle, avvallamenti e schiaggiature diffusi sulle piastrelle del pavimento, dovuti ad un evidente cedimento del sottofondo non possono che essere ricomprese nei gravi difetti contemplati dall'art. 1669 c.c., posto che hanno un'ovvia incidenza sulla funzionalità ed abitabilità dell'appartamento con conseguente menomazione del godimento dell'immobile.
Si tratta, all'evidenza, di difetti e vizi non di natura essenzialmente estetica, la cui eliminazione comporta costi non indifferenti, ma non pregiudica in alcun modo ne' la stabilità dell'immobile, ne la sua utilizzazione, risultando il pavimento ugualmente praticabile alla stregua di qualsiasi pavimento più o meno usurato e destinato a durare non decenni, ma secoli, senza alcun pericolo per chi ci cammina sopra, ma di vizi "dovuti al cedimento del sottofondo" che riducono in modo apprezzabile il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la sua normale utilizzazione in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura (vedi Cass. civ. Sez. II, 23.5.2017, n. 12943).
Il CTU incaricato ha accertato l'esistenza di tali vizi, la loro gravità e la loro riconducibilità all'impresa.
Ha rilevato che la pavimentazione in ceramica di alcuni ambienti degli appartamenti è interessata da cavillature e avvallamenti nonché da deformazione e ritiro del massetto che interessa la pavimentazione, li ha ricondotti ad una cattiva posa del massetto e ne ha imputato la responsabilità all'impresa.
Per porre rimedio alla gravità dei vizi il consulente tecnico d'ufficio ha prospettato due soluzioni: la prima che prevede il rifacimento totale del massetto solo nei locali interessati dai fenomeni e l'altra che prevede il rifacimento in tutti i locali delle unità immobiliari calcolando due ipotesi: 1) con deprezzamento da utilizzo delle piastrelle e 2) senza deprezzamento.
Posto ciò, è sicuramente condivisibile la riforma della sentenza di primo grado da parte della Corte territoriale, visto che le carenze costruttive afferiscono anche ad elementi secondari ed accessori che ledono la funzione economica dell'immobile.