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Immissioni moleste provenienti dall'immobile adibito a struttura ricettiva: il condominio non può convenire in giudizio

L'art. 844 è norma a tutela della proprietà e la conseguente azione ha natura reale e, pertanto, è esperibile solamente dai condomini che si ritengano lesi.
Avv. Vito Sola - Foro di Roma 

Il fatto. Un Condominio adiva il Giudice di Pace di Roma al fine di accertare l'avvenuta violazione, da parte di un condomino, del regolamento condominiale e dell'art. 844 c.c. ed inibire allo stesso tutti i comportamenti illecitamente protrattisi, oltre al risarcimento dei danni.

Il regolamento condominiale, infatti, vieta di destinare gli immobili privati a strutture turistico-ricettive. In primo grado la domanda veniva accolta ed il convenuto condannato al risarcimento dei danni in favore del Condominio.
Il convenuto si rivolge in appello al Tribunale di Roma, lamentando l'erroneità della sentenza impugnata.
Il Tribunale di Roma ha ritenuto fondate le doglianze del condomino e si è pronunciato nel senso di ritenere insussistente la legittimazione ad agire in capo al Condominio in relazione alla violazione dell'art. 844 c.c.

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Le questioni giuridiche. La sentenza in commento offre la possibilità di affrontare due istituti di grande rilevanza e attualità in materia condominiale: la possibilità di adibire il proprio immobile a struttura turistico-ricettiva e la legittimazione attiva del Condominio per il risarcimento del danno da immissioni ex art. 844 c.c.

La destinazione dell'immobile ad attività ricettiva (casa vacanza, bed and breakfast, affittacamere et similia). Quanto al primo profilo si osserva che nel caso di specie il Condominio si era dotato di espressa previsione regolamentare con la quale si vietava la destinazione degli appartamenti ad attività ricettiva abituale.

Tale previsione, la cui portata applicativa è vastissima atteso il fenomeno dei cd. affitti brevi, favorito dalle note piattaforme digitali, è oggetto di vasta giurisprudenza, non sempre univoca, ora ammettendone la legittimità, ora limitandone l'opponibilità ai terzi acquirenti.

Il precedente richiamato dalla sentenza in commento (Corte di Cassazione, sent. n. 6769/2018) si è espresso nel senso chetale previsione, contenuta in un regolamento condominiale, comportante limiti alla destinazione delle proprietà, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e che, dunque, per esplicare i propri effetti anche nei confronti di eventuali e successivi terzi acquirenti è necessario che siano trascritte nei pubblici registri immobiliari o menzionate ed accettate negli atti di acquisto (in tal senso anche la risalente, ma chiarissima sul tema, Cass. civ. Sez. II, 24/03/1972, n. 899).

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La tutela contro le immissioni moleste ex art. 844 c.c. La disposizione normativa richiamata, com'è noto, dispone che " Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso".

La fattispecie in esame è oggetto di interpretazione estensiva, dovuta al richiamo alle "simili propagazioni", ed è stata applicata a tutte quelle fattispecie che, pur tra loro eterogenee, presentino gli stessi attributi delle ipotesi normativamente elencate.

L'art. 844 c.c. è norma a tutela della proprietà e, come osservato, è funzionale ad impedire turbative o molestie nei rapporti tra fondi confinanti e prevede due distinte tutele: reale e risarcitoria.

Da un lato, l'azione prevista ha natura reale poiché viene esperita al fine di accertare l'illegittimità delle immissioni ed imporre la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie alla cessazione delle stesse; dall'altro, ha natura risarcitoria poiché è volta a reintegrare il danno subìto.

Sulla base di tale premesse, dunque, il Tribunale ha ritenuto che il Condominio, quale ente gestorio, e, quindi, immateriale, non fosse legittimato alla proposizione dell'azione risarcitoria poiché la domanda volta a conseguire la tutela del bene salute può essere accolta solo laddove avanzata da persone fisiche.

Il Condominio, infatti, quale ente di gestione ha il diritto di agire solo per la tutela dei beni condominiali (artt. 1130 e 1131 c.c.) e non del diritto alla salute, che ha natura personale.

Per concludere. Il regolamento condominiale ben può prevedere limitazioni al diritto di proprietà dei singoli condominii, vietando la destinazione degli immobili a strutture turistico-ricettive (casa vacanza, bed and breakfast, affittacamere et similia). Nel caso in cui vengano violate tali prescrizioni si possono percorrere due strade.

La prima, è che il Condominio si rivolga al Giudice competente al fine di ripristinare la legalità regolamentare violata ed inibire, dunque, lo svolgimento delle attività vietate.

La seconda, qualora dalle attività vietate discenda altresì un pregiudizio per i condomini, riconducibile all'art. 844 c.c., è che i singoli condomini si rivolgano al Giudice al fine di determinare la cessazione delle molestie, ed inibire, dunque, lo svolgimento delle attività vietate, ed ottenere il risarcimento del danno subìto (previa idonea dimostrazione dello stesso).

La massima. Il Condominio non può agire ai sensi dell'art. 844 c.c. nei confronti di chi disturba la quiete condominiale con la condotta propria o dei suoi ospiti: per il risarcimento dei danni subiti, solamente i singoli condomini danneggiati possono convenire in giudizio il condomino. Tribunale di Roma sentenza 243 dell'8 gennaio 2020

Sentenza inedita
Scarica Tribunale di Roma 243 dell' 8 gennaio 2020
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