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Illegittime le aperture nei muri perimetrali per favorire una servitù di passaggio

Sono illegali le modificazioni alle cose comuni fatte al fine di porre in collegamento la proprietà condominiale con altro immobile adiacente.
Avv. Mariano Acquaviva 

Il Tribunale di Pavia, con la sentenza n. 539 del 15 aprile 2022, ha affrontato un interessante caso di lavori in condominio effettuati sulle parti comuni senza alcuna autorizzazione.

È cosa nota che l'art. 1102 c.c. consenta al singolo condomino di modificare le cose comuni se ciò serve per al loro miglior godimento, purché però non venga alterata la destinazione e non sia impedito il pari utilizzo anche agli altri proprietari.

Nel caso di specie, il giudice lombardo ha dovuto condannare il condomino che aveva superato ogni limite, spingendosi a effettuare illegittime aperture nei muri perimetrali dell'edificio con l'intento di unire due ambienti. Approfondiamo la questione e analizziamo più nel dettaglio la sentenza in commento.

Servitù di passaggio e illecite aperture: il caso

Il condominio agiva in giudizio per accertare e dichiarare l'inesistenza della servitù di passaggio (actio negatoria servitutis ex art. 949 cod. civ.) costituita dal proprietario del pianterreno a favore di un immobile adiacente che, con il condominio, condivideva un locale ad uso cantina-magazzino al piano sotterraneo del fabbricato.

La servitù era stata creata materialmente attraverso illegittime aperture e modificazioni sulle parti comuni in favore dell'immobile adiacente, di proprietà di terzi. Il condominio pertanto chiedeva la rimozione delle opere sui beni, con condanna in forma specifica alla rimessione in pristino.

Lo stato degli immobili

Il Tribunale di Pavia, con la sentenza n. 539 del 15 aprile 2022 in commento, evidenzia innanzitutto come i due edifici, sebbene adiacenti, debbano ritenersi strutturalmente e funzionalmente autonomi e indipendenti tra loro, separati da un muro divisorio che si eleva in verticale sino al piano più alto dello stabile condominiale.

Diversamente è a dirsi con riguardo al locale cantina-magazzino, in quanto l'unità immobiliare a favore della quale era stata costituita la servitù è sita nel sottosuolo su cui si eleva il condominio e, pertanto, condivide con il fabbricato medesimo le strutture portanti e le fondamenta che, materialmente e funzionalmente, accedono all'edificio sovrastante, ai sensi dell'art. 1117 c.c.

Le aperture nei muri perimetrali

Il Consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice ha evidenziato che le aperture nei muri portanti del pianterreno, sebbene previste come "esistenti" dalle tavole progettuali presentate con la SCIA, in realtà non lo erano rispetto al pregresso stato dei luoghi.

Sicché, è dato certamente dedurre che le aperture sono state effettuate solo dopo l'inizio dei lavori autorizzati dal Comune e che, originariamente, i due locali sotterranei non erano collegati tra loro.

Queste aperture non autorizzate sono non solo illegittime, ma anche pericolose. Secondo il Ctu, «L'intervento strutturale di cui all'oggetto ha comportato una riduzione non trascurabile, ed in alcuni casi significativa, dei parametri meccanici fondamentali di elementi strutturali primari rispetto alla condizione ante operam.

Ne deriva una riduzione della prestazione sismica attesa ai vari stati limite e dunque una riduzione della sicurezza nei confronti delle azioni sismiche, rispetto alla condizione ante operam.

Anche in termini di staticità, o meglio di sicurezza della struttura nei confronti delle azioni verticali, la riduzione delle sezioni di muratura portante ha comportato, con particolare riferimento all'apertura nella muratura tra i due edifici al piano terreno, un aggravio al piede delle stesse degli sforzi normali».

La natura illegittima delle modificazioni unilaterali

Una tale situazione dimostra, con tutta evidenza, il superamento dei limiti di "pari uso" della cosa comune sanciti dall'art. 1102 c.c., trattandosi di modificazioni alle parti comuni (in particolare, ai muri perimetrali) fatte al dichiarato fine di porre in collegamento la proprietà condominiale con altro immobile adiacente estraneo al condominio.

Tanto è a dirsi con particolare riferimento ai muri perimetrali di delimitazione del condominio, destinati al servizio esclusivo dell'edificio stesso di cui costituiscono parte organica e che non potrebbero essere "usati" dal singolo condomino, senza il consenso di tutti, per l'utilitas di altro immobile confinante, che sia di proprietà dello stesso condomino come (a maggior ragione) di proprietà di terzi, in quanto in ambo i casi ciò implicherebbe la costituzione di una servitù in favore di un bene estraneo al condominio.

La violazione del decoro architettonico

Secondo il Tribunale di Pavia, le modificazioni apportate dal singolo condomino si pongono anche in contrasto con il divieto di alterare il decoro architettonico dell'edificio.

Nel caso di specie, è evidente che la creazione di uno spazio chiuso al piano terra, con la creazione di un vano "disimpegno" e l'installazione di una porta accessibile dalla via pubblica solo al proprietario dell'immobile adiacente, pregiudica, anche visivamente, quell'armonia e simmetria di cui godeva prima il fabbricato.

L'accoglimento dell'azione negatoria e della riduzione in pristino

In definitivo pristino

In definitiva, la domanda del condominio è fondata e merita integrale accoglimento. Va pertanto dichiarata l'inesistenza di pesi e servitù di passaggio, pedonale e di tubazioni per impianti, a carico dei beni comuni (muri divisori, perimetrali, portanti, facciata, solaio, cavedio, ecc.) facenti parte del condominio per l'utilità e maggiore comodità dell'immobile adiacente, con la conseguenza che i responsabili, a loro cura e spese, vanno condannati alla riduzione in pristino delle cose nello stato precedente alle opere illegittimamente eseguite, senza il consenso di tutti i condòmini e lesive del decoro architettonico della facciata.

Servitù di passaggio, un caso particolare

Sentenza
Scarica Trib. Pavia 15 aprile 2022 n. 539
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