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Il condomino deve opporsi al decreto ingiuntivo per poter contestare la difformità dei lavori eseguiti

La Suprema Corte si sofferma su aspetti afferenti il passato in giudicato di un decreto ingiuntivo non opposto.
Avv. Nicola Frivoli 

Con ordinanza emessa in data 16.03.2023, n. 7665, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su quattro motivi di censura in ambito di giudicato sostanziale raggiunto da un provvedimento monitorio non opposto

La vicenda: domanda autonoma a fronte di un giudicato raggiunto

In virtù di azione intentata da un condomino nei confronti di un Condominio volto ad accertate che nel corso di un appalto per lavori straordinari vi erano state delle difformità qualitative e quantitative nell'esecuzione dei lavori, rispetto a quelli contabilizzati, con un congruo esubero di spesa, con la susseguente non tenuta da parte del condomino-attore al versamento della quota spettante per i lavori realmente eseguiti.

Il giudizio veniva instaurato innanzi al Tribunale di Catania, che con sentenza n. 2688/2013 dell'11.7.2013, dichiarava inammissibile le domande spiegate, in virtù dell'incontestata esistenza di un precedente emesso decreto ingiuntivo passato in giudicato per difetto di opposizione.

In buona sostanza il condomino avrebbe dovuto, a tempo debito, contestare un provvedimento monitorio a suo carico e non agire con azione autonoma per contestare le difformità dei lavori eseguiti.

Avverso tale provvedimento di prime cure, il ricorrente proponeva appello innanzi alla Corte territoriale catanese, che, in data 26 febbraio 2018, n. 27, emetteva sentenza di conferma della pronuncia di primo grado, atteso che l'appellante non aveva opposto il decreto ingiuntivo.

Avverso tale pronuncia, l'appellante proponeva ricorso in cassazione adducendo quattro motivi di censura, e l'appellato-condominio resisteva con controricorso.

La Cassazione riteneva tutti i motivi di censura infondati.

La difformità dell'esecuzione non può essere oggetto di domanda autonoma: la decisione

La Suprema Corte rilevava che giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito e il rapporto stessi si fondano, ma anche l'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato dal decreto esecutivo (in tal senso Cass. civ. sez. VI-III, 18 luglio 2018, n. 19113; Cass. civ. sez. III, 11 maggio 2012, n. 11360; Cass. civ. sez. III; 24 marzo 2006, n. 6628).

Considerazioni conclusive

La domanda autonoma si propone dopo aver impugnato il decreto ingiuntivo e le delibere.

In altri termini, il condomino non può proporre autonoma domanda giudiziale contro la difformità dei lavori eseguiti e contestando, tardivamente, la quota a lui imputata se non ha impugnato né il decreto ingiuntivo che gli impone il pagamento del contributo condominiale per i lavori di ristrutturazione né le delibere assembleari di approvazione e di conformità degli stessi e del consuntivo finale.

Solo se le delibere condominiali fossero state dichiarate invalide, a seguito di annullamento, il percorso dell'azione giudiziale per contestare le difformità qualitative e quantitative nell'esecuzione dei lavori, sarebbe stata legittima e percorribile.

In conclusione, la Suprema Corte rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.

Sentenza
Scarica Cass. 16 marzo 2023 n. 7665
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