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Responsabilità per infiltrazioni dalla colonna di scarico

Danni derivanti dalla colonna delle acque nere: il condomino danneggiato ha diritto a un risarcimento limitato se è stato negligente.
Avv. Mariano Acquaviva 

Il Tribunale di Cosenza, con la sentenza n. 413 dell'8 marzo 2023, ha affrontato uno dei tanti casi di infiltrazioni d'acqua in condominio. La fattispecie è particolarmente interessante in quanto il giudice calabrese, nel dare ragione all'attore, ha tuttavia evidenziato la sua condotta negligente: se infatti si fosse attivato tempestivamente per porre rimedio, infatti, avrebbe potuto evitare una parte dei danni poi patiti. Analizziamo il caso.

Infiltrazioni dalla colonna di scarico: fatto e decisione

Uno dei condòmini conveniva in giudizio la compagine per sentirla condannare al pagamento dei danni patiti a causa del distacco, nella zona del soffitto, della colonna di scarico condominiale.

Secondo l'attore, nonostante la formale messa in mora del condominio, nulla era stato fatto per provvedere alle necessarie riparazioni. Chiedeva pertanto il risarcimento dei danni derivanti dal pregiudizio diretto subito dall'appartamento e dalla conseguente sua non abitabilità.

Si costituiva il condominio ritenendo che le infiltrazioni lamentate provenissero dall'abitazione del piano superiore.

Secondo il convenuto, a seguito dell'intervento dei vigili del fuoco era stato constatato che era rotta la colonna montante degli scarichi delle acque nere e bianche dove si notava che alcuni proprietari stavano effettuando lavori si ripristino.

Secondo il Tribunale di Cosenza non ci sono subbi: la colonna di scarico delle acque nere, ossia la tubazione che consente il deflusso delle acque fognarie, è un impianto comune e, pertanto, dei danni da essa derivanti risponde l'intera compagine.

Va quindi applicata la responsabilità per danni da cose in custodia di cui all'art. 2051 c.c., che individua una forma di responsabilità oggettiva che ha fondamento giuridico nella circostanza che il soggetto chiamato a rispondere si trovi in una relazione particolarmente qualificala con la cosa, intesa come rapporto di fatto o relazione fisica implicante l'effettiva disponibilità della stessa, da cui discende il potere - dovere di custodirla e di vigilare, affinché non arrechi danni a terzi.

Il condominio va quindi condannato non solo al risarcimento del danno ma anche al compimento dei lavori necessari al ripristino dei luoghi.

Ciononostante, il Tribunale di Cosenza rileva come l'entità del risarcimento debba essere ridotta in applicazione dei principi di cui all'art. 1227 c.c. in tema di concorso del fatto colposo del creditore: secondo il Ctu, infatti, l'esecuzione dei lavori necessari a prevenire i danni poteva essere effettuata dallo stesso attore in tempi abbastanza brevi.

Non può pertanto essere accolta appieno la richiesta risarcitoria, se non nei limiti del danno non attribuibile alla negligenza dell'attore stesso.

Infiltrazioni dalla colonna di scarico: considerazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Cosenza si pone nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità. Secondo la Suprema Corte, «L'art. 1227, comma 2, c.c., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l'uso della normale diligenza, impone a quest'ultimo una condotta attiva, espressione dell'obbligo generale di buona fede, diretta a limitare le conseguenze dell'altrui comportamento dannoso, intendendosi comprese nell'ambito dell'ordinaria diligenza, a tal fine richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici» (Cass. civ, sez. lav., 05/08/2021, n. 22352).

Nel caso in esame, per come emerge dalla descrizione dei lavori di ripristino contenuta nella Ctu, una condotta diligente dell'attore avrebbe consentito nell'arco di qualche mese la piena utilizzabilità dell'immobile, senza lo svolgimento di attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici; per tale ragione, il risarcimento a titolo di lucro cessante deve essere riconosciuto limitatamente a quanto l'attore, anche se fosse stato diligente, non avrebbe comunque potuto impedire.

Sentenza
Scarica Trib. Cosenza 8 marzo 2023 n. 413
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