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Locazione commerciale e destinazione urbanistica dell'immobile

Nel contratto di locazione commerciale spetta al conduttore valutare l'idoneità del bene alla destinazione urbanistica.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, le caratteristiche del locale assumono una rilevanza determinante ai fini della validità del negozio giuridico. In particolare, è di fondamentale importanza la destinazione urbanistica dell'immobile, la quale deve essere idonea all'attività che il conduttore intende esercitare all'interno del medesimo.

Su questo tema è tornata la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12115 del 22 giugno 2020, stabilendo il fondamentale principio (peraltro, già affermato nella precedente giurisprudenza) secondo cui, in tema di locazione commerciale, spetta al conduttore valutare l'idoneità del bene alla destinazione, il quale peraltro, a fronte di una destinazione urbanistica dell'immobile diversa rispetto a quella garantita nel contratto, può limitarsi a denunciare l'inadempimento del locatore allegando tale difformità.

Analizziamo il caso sottoposto alla Suprema Corte e la relativa decisione.

Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione

Una società ristoratrice stipulava contratto di locazione con altra società, proprietaria di un'unità immobiliare. Nel contratto veniva specificato che il conduttore avrebbe voluto destinare l'immobile ad attività di bar-ristorante.

Solo successivamente, la locatrice appurava che la destinazione urbanistica del bene oggetto di locazione fosse di tipo urbanistico-artigianale, al contrario di quanto garantito nel contratto, il che le precludeva la possibilità di esercitarvi l'attività di ristorazione.

La conduttrice chiedeva quindi la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, la condanna della stessa al risarcimento dei danni e la restituzione del deposito cauzionale versato.

In primo grado, la domanda dell'attrice veniva respinta. La Corte di appello, al contrario, accoglieva l'impugnazione e con essa la domanda della conduttrice, pronunciando la risoluzione del contratto di locazione intercorso tra le parti per inadempimento della locatrice, con condanna della stessa alla restituzione del deposito cauzionale e al risarcimento dei danni.

La Corte d'appello affermava infatti che il contratto prevedeva espressamente che l'immobile dato in locazione avesse una destinazione di tipo commerciale, che veniva in questo modo espressamente garantita, mentre la destinazione d'uso dell'immobile, emergente dallo strumento urbanistico, si era rivelata essere artigianale.

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Proponeva ricorso per Cassazione la società locatrice, lamentando che:

  1. la conduttrice non avesse fornito prova dell'inidoneità dell'immobile ad ospitare l'attività di ristorazione auspicata, non avendo prodotto il provvedimento di diniego dell'autorizzazione ad aprire un'attività di ristorazione;
  2. la corte d'appello non aveva correttamente interpretato le clausole contrattuali, non essendo stata garantita nel contratto una destinazione urbanistica già in atto ad attività commerciale o specificamente di ristorazione, anziché artigianale, ma che fosse soltanto garantito che la cosa locata fosse idonea all'uso che intendeva farne il conduttore.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, investita della questione inerente alla valutazione dell'idoneità del bene alla destinazione stabilita nel contratto di locazione commerciale, rigetta il ricorso, confermando le ragioni della conduttrice.

Ricollegandosi a un precedente e granitico orientamento della Suprema Corte (ex multis: Cass., sent. n. 14731/2018; Cass., sent. n. 1735/2011; Cass., sent. n. 20796/2018), in materia di locazione ad uso non abitativo il mancato ottenimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell'attività imprenditoriale convenuta, non determina in automatico la nullità del contratto per difetto di causa, ma dà luogo alla responsabilità del locatore solo nel caso in cui:

  • lo stesso abbia assunto l'impegno di conseguire detti titoli;
  • il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento.

Pertanto, a fronte di una destinazione urbanistica dell'immobile diversa rispetto a quella garantita nel contratto, il conduttore può limitarsi a denunciare l'inadempimento del locatore allegando tale difformità, rimanendo esente dal dimostrare di aver preventivamente verificato che sotto il profilo indicato l'immobile fosse conforme all'uso che intendeva farne.

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Dall'altra parte, è onere del locatore, per liberarsi dalla responsabilità per inadempimento, dimostrare che la diversa indicazione sullo strumento urbanistico rispetto a quella contrattualmente garantita non sia in effetti preclusiva della possibilità di esercitare nell'immobile oggetto della locazione l'attività prevista dal conduttore ed esplicitata nel contratto, ovvero dimostrare che il conduttore non abbia ottenuto le autorizzazioni prescritte per motivi diversi dalla non conformità.

La Suprema Corte ritiene infondato anche il secondo motivo di ricorso, inerente alla cattiva interpretazione delle condizioni contrattuali operata dal giudice di merito: dal contratto di locazione, infatti, si evince chiaramente come la porzione immobiliare fosse stata concessa in locazione per l'uso cui era destinata nei titoli urbanistici, e cioè per uso commerciale.

Il locatore, dunque, si impegnava espressamente a garantire che l'immobile potesse essere utilizzato per l'uso contrattuale pattuito.

La destinazione urbanistica degli immobili nei contratti di locazione commerciale

Dalla pronuncia in esame si evincono almeno due principi:

  1. nei contratti di locazione commerciale, la destinazione urbanistica dell'immobile è elemento fondamentale del contratto, ove sia in esso espressamente prevista per garantire l'esercizio dell'attività del conduttore;
  2. alle condizioni di cui al punto precedente, il conduttore deve solamente allegare la diversa indicazione sullo strumento urbanistico rispetto a quella stabilita nel contratto.

Per liberarsi da responsabilità, il locatore dovrà dimostrare a sua volta che, nonostante la diversa destinazione dell'immobile, l'attività commerciale che il conduttore intende intraprendere sia comunque possibile.

In altre parole, il locatore deve provare in giudizio che la diversa destinazione urbanistica del bene non sia di per sé ostativa all'attività economica che il conduttore ha stabilito di voler intraprendere nel contratto.

In alternativa, può anche dimostrare che il conduttore non abbia ottenuto le autorizzazioni prescritte per motivi diversi dalla non conformità.

Al contrario, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative.

Tutto ciò significa che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato.

La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche che lo abilitano all'ottenimento di specifiche licenze amministrative, diventa rilevante quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore.

Sentenza
Scarica Cass. 22 giugno 2020 n. 12115
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