Trasformare un giardino condominiale in spazio di manovra per le auto, costruendo una recinzione e abbattendo due alberi, non costituisce un'innovazione e neppure prefigura un mutamento di destinazione d'uso della cosa comune.
È quindi da ritenere legittima la delibera dell'assemblea approvata con il quorum previsto dall'art. 1136, comma 2, del Codice civile, ossia il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio.
Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Pordenone con la sentenza n. 79 del 2 febbraio 2016 in merito al mutamento di destinazione dell'uso della cosa comune.
I fatti di causa. Tizio (condomino e proprietario di un immobile) con citazione proponeva opposizione alla delibera assembleare avente ad oggetto la realizzazione di lavori di recinzione dello scoperto condominiale.
In particolare, l'attore esponeva che i lavori di recinzione determinavano il mutamento della destinazione d'uso del giardino condominiale e l'abbattimento di due alberi e che la delibera era da ritenersi viziata in quanto adottata senza l'osservanza delle maggioranze e delle formalità prescritte dagli artt. 1117 ter c.c. e 1120 c.c.
Costituendosi in giudizio, il condominio convenuto contestava in toto la richiesta dell'attore e insisteva nella validità della delibera.
Il problema della vicenda: l'innovazione e la modificazione d'uso in condominio. A tal proposito si evidenzia chela legge dice solamente quando le innovazioni possono essere deliberate, ma non ne fornisce una definizione. Per sapere cosa sono, quindi, bisogna guardare all'opera della giurisprudenza.
Ormai da tempo la Cassazione, quando viene chiamata a pronunciarsi in materia, afferma che “per innovazioni della cosa comune, ai sensi dell'art. 1120 c.c., devono intendersi le modificazioni materiali di essa che ne importino l'alterazione dell'entità sostanziale o il mutamento della sua originaria destinazione, con conseguente implicita incidenza sull'interesse di tutti i condomini” (Cass. 30 giugno 2014 n. 14207-Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Quindi, in tema di condominio, per innovazioni delle cose comuni devono intendersi non tutte le modificazioni, ma solamente quelle modifiche che, determinando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti.
Quanto alle modificazioni delle destinazioni d'uso delle parti comuni, la norma prevista dell'art.1117 ter cod.civ., prevede che per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni.
Dal precetto normativo esposto non viene comunque in esame ogni modifica della fruizione del bene, ma soltanto quella che sia finalizzata al perseguimento di interessi del condominio.
L'interpretazione del Tribunale di Pordenone. Conformemente ai principi esposti dalla giurisprudenza, il Giudice ha precisato che la deliberazione dell'assemblea con cui sia disposta l'apposizione di cancelli all'ingresso dell'area condominiale, al fine di disciplinare il transito pedonale e veicolare ed impedire l'ingresso indiscriminato di estranei, attenendo essa all'uso ed alla regolamentazione della cosa comune, senza alterarne la funzione o la destinazione, né sopprimere o limitare la facoltà di godimento dei condomini, non ha ad oggetto un'innovazione, e non richiede, pertanto, l'approvazione con un numero di voti che rappresenti i due terzi del valore dell'edificio. (In tal senso Cass. n. 4340 del 21 febbraio 2013).
Difatti il richiamo all'art. 1117-ter del Codice civile, secondo il Tribunale, non era pertinente in quanto i lavori si limitavano alla posa sul terreno di piastre in ghiaino lavato «finalizzate a meglio delimitare i percorsi carrai e pedonali» e che quindi non alterano la struttura materiale e funzionale dello scoperto verde.
Per quanto riguarda invece l'abbattimento dei pini, sostituiti da due piante di leccio, il giudice ha evidenziato che gli alberi non presentavano «particolari profili di pregio apparendo invece senz'altro fungibili» e pertanto la loro eliminazione era da considerarsi «strumentale al miglioramento della circolazione all'interno dello scoperto condominiale e alla fruizione dello spazio comune».
Ne consegue che ai fini dell'approvazione della deliberazione de qua è sufficiente la maggioranza prescritta dall'art. 1136 comma 2 c.c., ovvero la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, dal momento che la delibera aveva ad oggetto un tipo di intervento che non poteva qualificarsi nè come "innovazione" nè come "cambio di destinazione d'uso", questa è stata ritenuta pienamente valida ed efficace.