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Può il singolo condomino procedere al frazionamento del proprio alloggio in condominio?

Vi sono disposizioni normative da rispettare o può farlo liberamente?
Avv. Anna Nicola 

Questo tema è stato oggetto della decisione del Tribunale di Roma 3381 del 3 marzo 2022.

Può il singolo condomino procedere al frazionamento del proprio alloggio in condominio? La fattispecie

Nel caso di specie il condomino che voleva dividere in due alloggi il proprio appartamento impugna la deliberazione assembleare con cui il condominio aveva negato l'autorizzazione ad effettuare i lavori finalizzati al frazionamento del suo immobile in due distinte unità abitative.

Nello specifico l'attore ha evidenziato che simile decisione era illegittima perché il frazionamento in oggetto è qualificabile come uso legittimo dei beni condominiali - ai sensi dell'art. 1102 cod. civ. - non alterandone la destinazione, non arrecando agli stessi alcun pregiudizio (anche sotto il profilo del decoro architettonico) e tantomeno impedendone il pari uso agli altri condomini.

Il dissenso del condominio, prosegue l'attore, gli ha causato un grave pregiudizio economico per essere stato costretto a disattendere l'adempimento di un contratto preliminare di vendita - avente ad oggetto una sola porzione frazionata del suo immobile - e per dover restituire di conseguenza al promissario acquirente il doppio (euro 100.000,00) della caparra ricevuta (euro 50.000,00), nonché per essere indotto ad alienare l'intera proprietà ad un prezzo decisamente inferiore a quello di mercato.

Ha quindi chiesto la nullità della delibera impugnata - o comunque il suo annullamento - e la condanna del condominio al conseguente risarcimento dei danni nella misura di euro 50.000,00, con riserva di agire in separata sede per l'ulteriore danno afferente alla vendita dell'intero immobile ad un prezzo inferiore a quello di mercato.

Il condominio costituendosi in giudizio ha contestato le asserzioni attoree.

Il tribunale dà in parte ragione all'attore sulla base delle seguenti considerazioni.

La norma di riferimento, l'art. 1122 c.c.

L'art. 1122 c.c. consente l'esercizio dei poteri dominicali al condomino sempreché non arrechi pregiudizio alle parti comuni (e comunque nel rispetto dell'altrui proprietà esclusiva).

Il condomino ha il diritto di godere e disporre dell'appartamento, apportandovi modifiche o trasformazioni che ne possano migliorare l'utilizzazione, con il limite di non ledere i diritti degli altri condomini.

Al fine di verificare la legittimità dell'intervento edilizio compiuto nell'appartamento, occorre accertare se tale realizzazione abbia determinato o sia comunque in concreto, seppure potenzialmente, in grado di arrecare pregiudizio all'utilizzazione e al godimento delle cose comuni che ai sensi dell'art. 1102 cod. civ. spetta ai comproprietari

In mancanza di un espresso divieto contenuto nel regolamento condominiale, il condomino può anche dividere il suo appartamento in più unità ove da ciò non derivi appunto concreto pregiudizio agli altri condomini (cfr. Cass. n. 13184/2016).

Il diniego assembleare - manifestato con la delibera impugnata - risulta dunque illegittimo in quanto non supportato da valide motivazioni riguardo ad eventuali pregiudizi in tal senso: pregiudizi che - sulla base degli accertamenti compiuti dal c.t.u. - erano comunque da escludere in quanto il condomino aveva dichiarato per iscritto che i lavori "non avrebbero alterato la destinazione delle parti comuni... e non avrebbero impedito agli altri partecipanti di farne parimenti utilizzo, secondo il loro diritto" e "non avrebbero pregiudicato la statica e, tenendo conto della situazione concreta, il decoro architettonico dell'edificio".

Il condominio non può ignorare la suddivisione dell'originariamente unica proprietà

La domanda risarcitoria

Non subisce la stessa sorte la domanda risarcitoria dell'impugnante perché dichiarata inammissibile. L'attore aveva originariamente prospettato - nell'atto di citazione - il danno derivante dalla restituzione al promissario acquirente (della porzione immobiliare frazionata) di un importo doppio (euro 100.000,00) rispetto a quello ricevuto a titolo di caparra (euro 50.000,00) ed ha espressamente riservato ad una separata sede l'azione risarcitoria per l'"ulteriore danno afferente la vendita dell'intero immobile ad un prezzo inferiore a quello di mercato con il consequenziale acquisto di un nuovo immobile".

Con la prima memoria ex art. 183 c.p.c. - essendo stato l'intero immobile frattanto venduto nel corso del giudizio - ha però formulato una differente domanda risarcitoria per il danno appunto derivante da tale vendita ad un prezzo inferiore a quello di mercato (oltre che per il rimborso delle spese connesse alla ricerca e all'acquisto di un nuovo immobile).

Si tratta - per quanto sopra precisato - di una domanda inammissibile in quanto fondata su circostanze sopravvenute - ed alternative rispetto a quelle originariamente prospettate - costituenti oltretutto oggetto di un'espressa riserva di azione in separata sede.

La pretesa risarcitoria originaria non è più attuale in quanto fondata su circostanze da ritenere superate proprio in conseguenza della vendita (effettuata in favore del medesimo soggetto - già promissario acquirente della sola porzione frazionata - che non ha mai ricevuto in restituzione il doppio della caparra).

Sembra comunque opportuno rilevare che la vendita dell'intero immobile (al prezzo pattuito) sarebbe pur sempre da ricondurre ad un'autonoma valutazione personale dello stesso alienante e dunque il minor corrispettivo ottenuto (rispetto al valore di mercato) non potrebbe ritenersi sic et simpliciter imputabile sul piano causale - in via immediata e diretta - al diniego assembleare in questione (non potendosi d'altra parte nemmeno escludere che la mancata esecuzione dello stesso contratto preliminare - nei tempi previsti - sia dipesa anche da circostanze del tutto indipendenti rispetto a tale diniego).

Sentenza
Scarica Trib. Roma 3 marzo 2022 n. 3381
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