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Compravendita a rate di un immobile: come funziona questo istituto?

Non trova accoglimento la domanda di manleva dei comproprietari se condannati al pagamento di somme a titolo di imposte ed ulteriori spese condominiali.
Avv. Anna Nicola 
29 Mar, 2022

Il caso è trattato dal Tribunale di Pavia con ordinanza del 8 marzo 2022.

Compravendita a rate con riserva di proprietà: caratteristiche e rischi

Qualifica il contratto intercorso tra le parti rapportandolo allo schema della vendita immobiliare a rate con riserva della proprietà ex art. 1523 c.c., attraverso il quale il compratore acquista la proprietà della cosa con il pagamento dell'ultima rata di prezzo, ma assume i rischi al momento della consegna.

Nel caso di specie vi è non solo l'inequivocabile tenore letterale della clausola di cui all'art. 9 del contratto, la quale opera un rinvio esplicito all'art. 1523 c.c., ma anche le ulteriori previsioni che, derogando al principio consensualistico ex art. 1376 c.c., prevedono il differimento dell'effetto traslativo della proprietà al momento del pagamento dell'ultima rata del prezzo e l'assunzione dei rischi in capo all'acquirente ("res perit domino") contestualmente alla consegna della cosa.

Ne consegue che, nel caso di acquisto con patto di riservato dominio, deve distinguersi la situazione giuridica che insorge con la stipula del negozio di vendita e che comporta l'immissione dell'acquirente nel possesso del bene immobile (assimilata all'esercizio di un diritto reale di godimento), dalla situazione giuridica che si determina con il pagamento dell'ultima rata, che solo rende l'acquirente pieno proprietario del bene acquistato.

Determinazione della natura giuridica del contratto di vendita

Anche le previsioni destinate a regolare il momento patologico del rapporto, in caso di inadempimento del compratore nel pagamento di due rate, anche non consecutive, superiori all'ottava parte del prezzo, con diritto dei venditori a ritenere le rate già corrisposte a titolo di indennità per il godimento dell'immobile, oltre al risarcimento del danno, rappresentano quel "patto contrario" contemplato dalle tipiche ipotesi previste dagli artt. 1325 c.c. e 1326, co. 2 c.c. in materia di vendita con riserva di proprietà, volto ad evitare gli obblighi restitutori derivanti dalla retroattività della risoluzione del titolo per inadempimento imputabile ex art. 1458 c.c.

Utilizzo della clausola risolutiva espressa nel contratto di vendita

Nel caso di specie il venditore si è avvalso della clausola risolutiva espressa, sulla cui base per le ipotesi di inadempimento imputabile al compratore ivi contemplate e non contrastanti con la fattispecie risolutiva legale di cui all'art. 1525 c.c., la parte venditrice si è riservata il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto senza doverne provare l'importanza, in quanto valutata dalle parti anticipatamente (Cass. n. 29301/2019; Cass. n. 17603/2018; Cass. n. 16993/2007; Cass. n. 10935/2003; Cass. n. 10102/1994

Peraltro, la volontà di avvalersi dell'effetto risolutivo di diritto in caso di mancato pagamento dei ratei del prezzo, quantitativamente superiori ad 1/8, era già stata manifestata in via stragiudiziale con apposite raccomandate.

Tacita rinuncia effetto traslativo automatico

Non assume il significato di una tacita rinuncia (per facta concludentia) all'effetto risolutivo automatico, il comportamento processuale tenuto dal venditore dinanzi alla paventata ipotesi di un accordo transattivo nel corso del giudizio, essendo piuttosto la manifestazione di un atteggiamento di "tolleranza" del creditore che può estrinsecarsi tanto in un comportamento negativo, quanto in uno positivo, ma non determina l'eliminazione della clausola risolutiva espressa per modificazione della disciplina contrattuale, né è sufficiente ad integrare un atteggiamento inequivoco di rifiuto ad avvalersene, ove lo stesso creditore, contestualmente o successivamente all'atto di tolleranza, manifesti l'intenzione di ottenere la pronuncia dichiarativa di risoluzione in caso di ulteriore protrazione dell'inadempimento (Cass. n. 14508/2018; Cass. n. 24564/2013; Cass. n. 2111/2012; Cass. n. 15026/2005; Cass. n. 1316/1998), come avvenuto a seguito del definitivo naufragio delle trattative in corso.

Il debitore convenuto non ha assolto in alcun modo l'onere della prova su di lui gravante ex art. 2697, co. 2 c.c. ed ha mantenuto un comportamento, anche processuale, che non denota la serietà degli intenti di voler adempiere l'obbligazione assunta, desumendosi dall'atteggiamento avuto argomenti di prova in senso contrario ex art. 116 c.p.c.

Onere della prova in caso di inadempimento contrattuale

La giurisprudenza è unanime (da Cass. S.U. n. 13533/2001) nell'affermare il principio di diritto per cui: "In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.

Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento" (cfr. tra le tante, da ultimo, Cass. sez. II n. 127/2022).

Ad abundantiam, si rileva che nell'atto notarile di vendita la parte acquirente si riconosceva espressamente "vera e reale debitrice" nei confronti dei venditori per la complessiva somma; tale dichiarazione assume valenza di astrazione processuale con revelatio ab onere probandi ex art. 1988 c.c. in favore del venditore. La conclusione è che la domanda è fondata e, come tale, merita accoglimento.

Dettagli sul risarcimento del danno per occupazione abusiva

Considerato che, con le clausole del contratto, le parti hanno convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità (arg. ex art. 1526, co. 2 c.c.) e che la quantificazione di € 500,00 mensili per il godimento e l'uso dell'immobile sia un equo compenso, il resistente va condannato al pagamento della relativa somma oltre interessi al saggio legale dal dì del dovuto al soddisfo, a titolo di indennità di godimento dell'immobile altrui per il periodo che va dal mese di dicembre 2019 al mese di gennaio 2021, dovendo riconoscere - da quel momento - gli effetti risolutivi di diritto del contratto ex art. 1456 c.c. come da volontà comunicata al debitore a mezzo raccomandata a/r e da questi ricevuta.

Per il periodo successivo al venir meno del titolo, ritenuta provata, anche per presunzioni, l'esistenza del danno conseguenza di tipo patrimoniale - atteso che l'effettiva indisponibilità involontaria del bene in comproprietà per l'occupazione illegittima dell'acquirente (con patto di riservato dominio) abbia pregiudicato e continui a comprimere le facoltà di godimento, anche indirette, del bene ai legittimi comproprietari, che hanno manifestato interesse alla immediata restituzione (Cass. n. 36251/2021; Cass. n. 39/2021; Cass. n. 21272/2020; ma vds. Cass. civ., sez. III, ord. 17/01/2022, n. 1162 di rimessione alle S.U. per la configurabilità di un danno in re ipsa da occupazione abusiva) - è dovuta a questi ultimi una somma, a titolo risarcitorio, pari al valore locativo del bene ed equitativamente determinata in € 500,00 mensili, con decorrenza a far data dal primo del mese di febbraio 2021 sino all'effettivo rilascio dell'immobile.

Trattandosi di credito di valore (Cass. civ., sez. I, 19/03/2020, n. 7466), come tale soggetto a rivalutazione, il danno da ritardo comprende la liquidazione degli interessi sul credito espresso in moneta all'epoca del fatto e poi rivalutato anno per anno (Cass., Sez. Un., 17.02.1995. n. 1712; Cass. 08.05.1998, n. 4677).

Nella specie, l'importo sopra liquidato va "devalutato" alla data del fatto (20/01/2021) e rivalutato anno per anno secondo le variazioni ISTAT FOI relative al costo della vita - vanno calcolati gli interessi legali, fino alla data di deposito della presente sentenza.

In quanto oggetto di domanda, ove si protragga l'illecita occupazione dell'immobile, la parte resistente sarà tenuta a corrispondere ai ricorrenti, al medesimo titolo risarcitorio per condanna in futuro (in via analogica ex art. 1591 c.c.; v. Cass. civ. n. 29330/2019), un'ulteriore somma pari a € 500,00 mensili (pari al valore precedentemente pattuito per il godimento), a far data dal primo del mese successivo alla pubblicazione della presente ordinanza e così ogni 30 giorni, sino all'effettiva liberazione e riconsegna dell'immobile, libero da persone e/o cose, ai legittimi contitolari.

Inoltre, a titolo di danno emergente, va riconosciuto ai ricorrenti il rimborso delle spese per oneri condominiali riferite all'immobile nel periodo di gestione concomitante all'occupazione e da essi anticipate, come da sottoscrizione di accordo transattivo con l'amministratore del cui effettivo esborso non v'è contestazione.

Rigetto della domanda di manleva: motivazioni e implicazioni

Non può, invece, trovare accoglimento la domanda di manleva avanzata dai comproprietari "qualora questi dovessero essere condannati al pagamento di qualsiasi somma, comprensiva di eventuali sanzioni, a titolo di imposte ed ulteriori spese condominiali".

Poiché non si ha prova che le parti abbiano convenuto anche un c.d. "patto di manleva" - contratto atipico, dal quale dal quale scaturisce l'obbligo del mallevadore di tenere indenne il manlevato dalle conseguenze patrimoniali dannose di eventi o di atti il cui verificarsi sia del tutto eventuale (cfr. Cass. n. 13613/2013) - i ricorrenti non vantano un diritto di garanzia nei confronti dell'acquirente inadempiente, avendo i venditori conservato la proprietà dell'immobile al quale le imposte, gli oneri e le eventuali sanzioni sono legate quali oneri reali ed obbligazioni propter rem. Pertanto, solo dinanzi all'effettiva sopportazione di oneri immobiliari (o sanzioni accessorie) a causa del mancato acquisto, questi potrebbero vantare il diritto al risarcimento del danno dalla parte rimasta inadempiente.

Il comportamento tenuto dalla parte resistente nel corso del processo - che dapprima manifestata la volontà di addivenire ad un accordo transattivo con i ricorrenti e dipoi si è reso irreperibile per il perfezionamento, ritardando senza giustificato motivo l'esito del giudizio e la ragionevole durata del processo - porta a ritenere la difesa assunta meramente strumentale e pretestuosa, meritevole di essere sanzionata ai sensi dell'art. 96, co. 3 c.p.c. con condanna al pagamento, in favore dei ricorrenti vittoriosi, di una ulteriore somma equitativamente determinata in frazione di 1/4 delle spese di lite. Le spese del giudizio seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo, ai sensi del D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018 (scaglione di valore indeterminabile - complessità bassa; fasi di studio, introduttiva e fase decisionale; senza fase istruttoria in ragione del rito sommario prescelto; parametri minimi, in proporzione all'impegno professionale profuso).

Aspetti critici della compravendita di un immobile

Sentenza
Scarica Trib. Pavia 8 marzo 2022 n. 2278
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