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Bollette dell'acqua mai pagate: il Tribunale conferma lo slaccio del condominio moroso e lo condanna per lite temeraria

Il Tribunale di Tempio Pausania ha confermato lo lo slaccio del servizio idrico e l'interruzione del servizio fognario nei confronti di un intero condominio.
Avv. Giuseppe Nuzzo - Foro di Lecce 

Il Tribunale di Tempio Pausania (ordinanza del 10 luglio 2018) ha confermatolo lo slaccio del servizio idrico e l'interruzione del servizio fognario nei confronti di un intero Condominio, composto da 50 appartamenti, per la grave morosità accumulata dai condomini nel corso degli anni, giunta a circa 60milan euro di bollette non pagate.

Il giudice ha anche condannato il Condominio per lite temeraria, per essersi opposto senza validi motivi e per soli fini dilatori alle procedure di slaccio nonostante la grave morosità, la legittimità degli importi (confermata in un precedente procedimento giudiziario) e i numerosi solleciti inviati dal società fornitrice del servizio idrico, che ha più volte preannunciato la sospensione della fornitura. "Un comportamento processuale abusivo tale da dover essere stigmatizzato", si legge nell'ordinanza, punito con una sanzione di circa 1100 euro, che si aggiunge alle spese legali (circa 4mila), anch'esse a carico del Condominio.

Il fatto. L'ultimo avviso di sospensione della fornitura idrica era stato affisso su uno dei cancelli d'ingresso del condomino lo scorso anno, ma invece di regolarizzare la propria posizione nei confronti della società fornitrice, i condomini avevano preferito fare ricorso ex art. 700 c.p.c. Secondo i condomini, l'affissione di tale avviso violava la procedura di slaccio prevista dal regolamento idrico integrato, che prevede un onere di doppia comunicazione a carico della società fornitrice.

In ogni caso, il Condominio sosteneva di aver versato gli importi precedentemente richiesti e di voler provvedere al pagamento delle restanti bollette.

Quanto al periculum in mora, i legali del condominio paventavano l'impossibilità di poter soddisfare le più basilari esigenze di vita, igienico-sanitarie, con evidenti ripercussioni anche sull'abitabilità degli immobili di cui si componeva il Condominio.

Equitalia. Alla fornitura di acqua si applica la prescrizione quinquennale

Slaccio legittimo. In un primo momento il giudice aveva sospeso la procedura di slaccio: si trattava, però, di un provvedimento d'urgenza "inaudita altera parte" senza sentire la controparte, ovvero il gestore del servizio idrico.

Quando si è entrati nel merito della vicenda, però, i legali del gestore hanno facilmente dimostrato la correttezza dell'operato della società e il pieno rispetto delle procedure di messa in mora previste in caso di grave morosità.

Il Tribunale aveva quindi revocato la sospensiva e confermato la legittimità dello slaccio, evidenziando che il Condominio non solo non aveva contestato di essere moroso, ma aveva anche omesso di specificare in relazione a quali fatture la procedura attivata fosse da considerarsi illegittima. Quanto alla situazione di pericolo invocata dal Condominio, questa era stata in realtà da quest'ultimo causata attraverso condotte omissive nei pagamenti e nella comunicazione dell'elenco dei condomini morosi, che aveva reso più gravosa la riscossione dei crediti.

La condanna per lite temeraria. Contro tale decisione il Condominio, non contento, aveva deciso di presentare reclamo al posto di versare quanto dovuto per il servizio idrico e fognario di cui aveva beneficiato senza pagare. L'esito è stato lo stesso.

Con l'ordinanza in commento, Il Tribunale ha ancora una volta respinto le difese del Condominio, con in più, questa volta, il riconoscimento della temerarietà della lite ex art. 96 c.p.c. Si tratta di un'aggravante prevista dal codice di procedura civile "diretta a stigmatizzare le condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione o di difesa", spiegano i giudici nell'ordinanza depositata nei giorni scorsi, "si servano dello strumento processuale a fini dilatori o del tutto strumentali, contribuendo così ad aggravare il volume (già di per sé notoriamente eccessivo) del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti". I giudici hanno anche evidenziato il comportamento proposito del gestore del servizio idrico nei confronti del Condominio moroso: la società, infatti, "ha mostrato la massima apertura ai fini di una definizione delle pendenze attualmente esistenti".

Pendenze, ovvero il debito di quasi 60mila euro, per il quale l'Azienda aveva proposto anche un eventuale piano di rientro.

A fronte di ciò, il Collegio ha ravvisato nella proposizione del reclamo da parte del Condominio "un comportamento processuale abusivo" del proprio diritto di azione o difesa, finalizzato a ritardare il pagamento di quanto dovuto: il condominio - osserva il Tribunale - "ha omesso di osservare quel minimo di diligenza nella preliminare verifica dei necessari presupposti per la proposizione della domanda giudiziale che le avrebbe consentito di avvedersi dell'infondatezza della propria pretesa e della propria linea difensiva e, quindi, di potere prevedere, con giudizio ex ante, le conseguenze dei propri atti".

Morosità e sospensione dei servizi comuni. Casi come quello affrontato nell'ordinanza in commento sono, purtroppo, sempre più frequenti e pongono una serie di problematiche a cui non è sempre facile dare una soluzione.

In questi casi si contrappongono le ragioni del gestore/fornitore del servizio, che ovviamente richiede il pagamento di quanto dovuto, con la necessità di garantire ai condomini quei servizi (acqua, luce, gas,) indispensabili per le ordinarie esigenze della vita quotidiana, connessi con diritti essenziali, tutelati anche a livello costituzionale.

A questo proposito, il TAR Lazio - Latina, con la sentenza n. 711/2015, conformandosi ai precedenti giurisprudenziali in materia, ha ribadito che il Sindaco non può intervenire d'autorità per imporre al gestore il riallaccio dell'acqua, in quanto il Comune è estraneo al rapporto contrattuale utente-gestore. La giurisprudenza amministrativa sembra ormai concordare sul principio secondo il quale il Comune e, più in generale, la pubblica amministrazione, non può intervenire d'autorità nella sfera dei rapporti tra privati utilizzando gli strumenti del diritto pubblico. A tal proposito, si segnala la recente sentenza del TAR Piemonte (n. 996 del 27 maggio 2015) che ha annullato l'ordinanza con cui il Sindaco imponeva al Condominio il ripristino del riscaldamento centralizzato e l'eliminazione degli impianti autonomini, a tutela dei condomini rimasti senza riscaldamento. Tornando alla gestione del servizio idrico, e in senso parzialmente diverso dall'orientamento prevalente, si segnala anche la decisione del TAR Catanzaro (sentenza n. 358/2012), che ha invece confermato l'ordinanza sindacale emessa per il rispristino dell'erogazione dell'acqua; ma in quel caso specifico, a non pagare era lo stesso Comune-utente e lo "stop" non riguardava solo singole utenze.

Amministratore infedele. In alcuni casi - pochi per fortuna - la situazione di morosità non è causata dall'inadempimento dei singoli condomini, bensì dalla cattiva gestione dell'amministratore condominiale.

Un caso limite è stato oggetto di una recente sentenza del Tribunale di Campobasso del 4 aprile 2017, che ha condannato per appropriazione indebita l'amministratore di condominio che tratteneva per è il denaro versato dai condomini per pagamento delle forniture di gas, utilizzando per fini personali.

Nella fattispecie, il giudice ha accertato che l'imputato, amministratore di un edificio condominiale di proprietà dello I.A.C.P., dopo aver raccolto le quote condominiali destinate al pagamento delle varie utenze, regolarmente versate dai condomini, tratteneva indebitamente il denaro destinato alle bollette del gas.

Comportamento che aveva spinto la ditta fornitrice del servizio, stante le morosità accumulate, ad interrompere l'erogazione del gas, lasciando al freddo, nel mese di gennaio, l'intero condominio.

L'imputato ha provato a difendersi sostenendo di aver trattenuto le quote condominiali perché creditore a sua volta di somme da parte di altri condominii da lui amministrati, sempre di proprietà dello IACP.

Una sorta di compensazione, che, però, secondo il Tribunale, non può operare nel caso di specie, perché gli enti condominiali debitori nei confronti dell'amministratore sono diversi dal condominio a cui si riferiscono le utenze del gas non pagate. Insomma, non scatta alcuna compensazione, perché debitore e creditore non coincidono.

La sospensione del servizio nei confronti dei singoli condomini morosi

Molto spesso, però, la situazione di morosità riguarda singoli condomini. Ciò che può verificarsi in questi casi è che, a causa dei morosi, anche i condomini in regola con i pagamenti subiscano tutta una serie di conseguenze negative, come, appunto, l'interruzione del servizio idrico o di riscaldamento.

Per cercare di limitare e gestire tali situazioni, la Legge di riforma del condominio n. 220/2012 ha dotato l'ente condominiale di un importante strumento. L'art. 63, comma 3, delle disposizioni attuative del codice civile attribuisce infatti all'amministratore la possibilità, in caso di mora nel pagamento dei contributi condominiali protratta per un semestre, di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

Problemi applicativi. La riforma del condominio ha rafforzato questo potere svincolandolo dalla espressa autorizzazione contenuta nel regolamento condominiale. Oggi, l'amministratore può direttamente sospendere i servizi comuni al condomino moroso, anche se il regolamento non lo consente espressamente e senza preventiva autorizzazione dell'assemblea. L'applicazione pratica di questa norma crea tuttavia notevoli problemi interpretativi che ne hanno finora limitato in qualche misura l'utilizzo.

I dubbi principali nascono soprattutto in ordine al tipo di servizi che possono effettivamente essere sospesi. Da un lato vi sono coloro che, dando prevalenza all'aspetto patrimoniale ed alle esigenze di certezza della gestione condominiale, ritengono possibile la sospensione di tutti i servizi condominiali suscettibili di godimento separato.

Dall'altro lato, invece, si escludono i "servizi essenziali" come acqua, luce e gas, che devono comunque essere garantiti anche ai morosi a salvaguardia di interessi superiori "costituzionalmente garantiti", in primis il diritto alla salute.

L'incertezza interpretativa ha reso gli amministratori estremamente cauti nell'utilizzo di questo strumento di autotutela. Quando ne fanno uso, opportunamente preferiscono rivolgersi al giudice per far accertare se e come procedere alla sospensione. Con tutto le conseguenze in termini di tempi, spese di giudizio e, in ultima analisi, di concreta efficacia dell'intervento.

Un caso pratico. Solo per fare un esempio tra i tanti possibili, si può richiamate l'ordinanza del 12 luglio 2017 del Tribunale di Treviso, che ha autorizzato l'amministratore del condominio a sospendere la fruizione dei servizi comuni di riscaldamento, raffrescamento e fornitura d'acqua calda sanitaria presso l'immobile di una condomina in ritardo di due annualità con il pagamento degli oneri condominiali.

Il Giudice veneto, applicando l'art. 63 disp. att. c.c., ha ritenuto ammissibile e proponibile il ricorso nelle forme di cui all'art. 702-bis c.p.c., promosso dal Condominio, in persona dell'amministratore in carica, nei confronti della condomina morosa che aveva accumulato debiti per quasi 33.800 euro. In effetti, l'art. 63 disp. att. c.c. richiede, quale unico requisito per la legittima sospensione della fruizione dei servizi, il protrarsi della morosità nel pagamento dei contributi condominiali per almeno un semestre. Morosità che risulta pienamente integrata nel caso di specie, essendo stato provato l'inadempimento della condomina in relazione al pagamento degli oneri condominiali.

Sulla base di tale presupposto, il giudice ha dato via libera alla sospensione dei servizi di riscaldamento e di fornitura d'acqua calda dell'immobile della condomina, "mediante chiusura temporanea delle rispettive valvole od in alternativa, ove queste siano site all'interno dell'unità, mediante intercettazione e chiusura delle tubazioni alloggiate nelle parti comuni", con opere a cura del Condominio ricorrente.

La richiesta di sospensione deve essere documentata. L'ordinanza appena citata è interessante perché ripropone diversi interrogativi in ordine alla "sanzione" della sospensione dei servizi comuni nei confronti dei morosi, con particolare riferimento ai servizi essenziali suscettibili di godimento separato (riscaldamento, acqua, luce, ecc.).

Secondo il Tribunale di Treviso, la sospensione può essere chiesta per questi servizi, ogni qual volta la morosità di un condomino si protrae oltre sei mesi dalla data di pagamento delle relative spettanze.

La richiesta deve provata e documentata, mentre l'individuazione del servizio comune da sospendere è svincolato dalla causale delle quote non pagate.

In buona sostanza, ogni amministratore è in grado di impedire il godimento dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, indipendentemente dalle voci contabili per cui è maturata la morosità (cfr. Trib. Brescia, 21 maggio 2014). Ad esempio, può ottenere la sospensione dell'erogazione dell'acqua per il condomino in ritardo con il pagamento delle proprie quote, anche se relative a beni o servizi comuni diversi.

La tutela dei servizi essenziali. Secondo altra parte della giurisprudenza più "garantista", invece, proprio il coinvolgimento dei predetti servizi essenziali richiederebbe di interpretare l'art. 63 disp. att. c.c. bilanciando i contrapposti gli interessi di volta in volta coinvolti. La privazione di una fornitura essenziale per la vita, infatti, è suscettibile di ledere diritti fondamentali della persona anche di rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.). Viceversa, l'interesse del condominio che s'intende tutelare con la sospensione del servizio è puramente economico e, dunque, sempre riparabile (cfr. Trib. Roma, 27 giugno 2014 e Trib. Milano 24 ottobre 2013).

Sentenza
Scarica Trib.TempioPausania ordinanza 10.7.2018
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