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Il sindaco non può ordinare di riallacciare l'acqua all'utente moroso

Il Sindaco non può ordinare il riallaccio dell'acqua all'utente moroso. il Comune è estraneo al rapporto contrattuale utente-gestore.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

Il Sindaco non può ordinare al gestore del servizio idrico il ripristino immediato della fornitura di acqua a favore dell'utente che non paga le bollette.

Lo ha stabilito il TAR Lazio – Sezione distaccata di Latina con la sentenza n. 711/2015 in commento, una delle cinque sentenze “gemelle” depositate il 2 novembre 2015 con cui il tribunale amministrativo laziale ha annullato le ordinanze emesse da tre Sindaci a difesa di alcuni cittadini a cui era stata interrotta l'erogazione dell'acqua per gravi morosità.

Il giudice amministrativo, conformandosi ai precedenti giurisprudenziali in materia, ha ribadito che il Sindaco non può intervenire d'autorità in quanto il Comune è estraneo al rapporto contrattuale utente-gestore.

Peraltro, lo stesso strumento amministrativo utilizzato per imporre il riallaccio dell'acqua (ordinanza ex art. 50 del d.lgs. n. 267/2000) risulta illegittimo e del tutto sproporzionato all'obiettivo da raggiungere, in carenza dei presupposti di contingibilità e di urgenza richiesti dalla legge.

Infiltrazioni provenienti dalla rete privata condominale. Poteri limitati del Sindaco

I fatti – Il gestore del servizio idrico integrato procedeva alla sospensione della fornitura di acqua nei confronti di alcuni cittadini-utenti residenti negli 85 Comuni serviti per gravi morosità (da 3.000 fino a 20.000 euro).

Successivamente, i Sindaci di 3 Comuni adottavano 5 ordinanze contingibili e urgenti per ripristinare immediatamente il servizio idrico ad alcuni cittadini morosi, ritenendo tra l'altro che il gestore non potesse procedere al distacco completo del servizio idrico, ma soltanto alla riduzione del flusso al “minimo vitale”.

Il gestore impugnava le ordinanze dinanzi al TAR, ritenendole contrarie alle norme sulle competenze del sindaco fissate dal Testo unico degli enti locali (comma 5, articolo 50, D.lgs n. 267/2000) poiché non esistevano o non indicavano pericoli per l'igiene e la salute pubblica, tutelavano “esclusivamente gli interessi dell'utente privato”, e si basavano su irrilevanti “aspetti di natura socio-assistenziale”.

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso sulla base del principio, più volte affermato in giurisprudenza (da ultimo, TAR Cagliari, sentenza n. 855/2015), secondo cui “il Sindaco non può intervenire con l'ordinanza prevista dall'articolo 50, comma 5, Tuel a vietare al gestore del servizio idrico l'interruzione della fornitura nei confronti di singoli utenti morosi, poiché in questo caso si realizza uno sviamento di potere, che vede il Comune, estraneo al rapporto contrattuale gestore–utente, impedire al medesimo gestore di azionare i rimedi di legge tesi ad interrompere la somministrazione di acqua nei confronti di utenti non in regola con il pagamento della prevista tariffa, e ciò a prescindere dall'imputabilità di siffatto inadempimento a ragioni di ordine sociale”

Quanto innanzi – aggiunge il TAR Lazio – anche in considerazione del fatto che “all'Autorità comunale non può essere riconosciuto un ruolo nello svolgersi del rapporto di utenza tra il soggetto gestore ed il destinatario della fornitura idrica, ed in ordine al suo sviluppo contrattuale”.

In ogni caso, chiosano i giudici, ove comunque si volesse ipotizzare “una sorta di “dinamica di rapporti” tra Autorità comunale e gestore del servizio, lo strumento amministrativo utilizzabile non potrebbe legittimamente rinvenirsi nell'ordinanza ex articolo 50 citato, che, in carenza dei presupposti di contingibilità (...) e di urgenza, risulta essere del tutto sproporzionato rispetto all'obiettivo da raggiungere”.

La giurisprudenza amministrativa sembra ormai concordare sul principio secondo il quale il Comune e, più in generale, la pubblica amministrazione, non può intervenire d'autorità nella sfera dei rapporti tra privati utilizzando gli strumenti del diritto pubblico.

A tal proposito, si segnala la recente sentenza del TAR Piemonte (n. 996 del 27 maggio 2015) che ha annullato l'ordinanza con cui il Sindaco imponeva al Condominio il ripristino del riscaldamento centralizzato e l'eliminazione degli impianti autonomini, a tutela dei condomini rimasti senza riscaldamento.

Tornando alla gestione del servizio idrico, e in senso parzialmente diverso dall'orientamento prevalente, si segnala anche la decisione del TAR Catanzaro (sentenza n. 358/2012), che ha invece confermato l'ordinanza sindacale emessa per il rispristino dell'erogazione dell'acqua; ma in quel caso specifico, a non pagare era lo stesso Comune-utente e lo “stop” non riguardava solo singole utenze.

Ecco perchè il sindaco non può ordinare di ripristinare il riscaldamento centralizzato

Sentenza
Scarica T.A.R. Lazio - sez. Latina, n. 711 del 2 novembre 2015
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