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Posso mettere la cucina sul balcone?

È legale chiudere il balcone per installarvi una cucina? Abuso edilizio, decoro architettonico, sopraelevazione, regolamento condominiale e immissioni.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

Ricavare un vano dal proprio balcone è operazione davvero comune. Il più delle volte, il proprietario decide per la chiusura e la trasformazione del balcone in veranda, all'interno della quale magari installare una cucina.

Proprio perché la chiusura del balcone comporta un aumento della volumetria dell'immobile, per la realizzazione di questo tipo di lavoro occorre il permesso di costruire da parte dell'ente comunale.

La chiusura del balcone ha implicazioni non solo sul piano amministrativo, ma anche penale (la carenza di idoneo titolo edilizio costituisce il reato di abuso edilizio) e civile, nel caso in cui la chiusura del balcone violi la normativa condominiale, ledendo ad esempio il decoro architettonico. Vediamo cosa dicono la legge e la giurisprudenza a proposito.

Chiusura balcone: serve il permesso di costruire?

Pe chiudere il proprio balcone (magari per realizzare una veranda) occorre il permesso di costruire. Infatti, l'operazione determina, dal punto di vista edilizio, un aumento della volumetria dell'edificio e una modifica della sua sagoma.

Chi intende chiudere il balcone per ricavarne un vano da adibire a cucina dovrà dunque chiedere al Comune il rilascio del permesso di costruire. In caso contrario, si incorrerà nel reato di abuso edilizio.

Cucina sul balcone: quando è reato?

Chi realizza una cucina sul proprio balcone chiuso in assenza di permesso di costruire commette un abuso edilizio.

Secondo il testo unico in materia di edilizia (art. 44, Dpr n. 380/01), a meno che il fatto costituisca un reato più grave, ferme comunque le sanzioni amministrative, per l'abuso edilizio si applica:

  • l'ammenda fino a 10.329 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalla legge, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
  • l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;
  • l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio.

    La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

    La sentenza definitiva del giudice penale che accerta la lottizzazione abusiva dispone anche la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.

Equiparata all'assenza di un titolo edilizio è l'assenza della segnalazione certificata di inizio attività (scia): secondo la legge, le stesse pene si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante segnalazione certificata di inizio attività, ovvero eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa.

Secondo la giurisprudenza (Trib. Brindisi n. 224/11), «si deve rilevare come integri il reato di cui all'art. 44 lett. b) DPR 380/01 la copertura, in difetto di permesso di costruire, di mura perimetrali preesistenti laddove si venga a determinare la creazione di nuova superficie utile ed al fine di modificare la originaria destinazione d'uso.

E nel caso di specie non è confutabile il mutamento abusivo della destinazione d'uso da terrazzo a vano abitabile (nella specie, cucina, come comprovato dalla predisposizione di supporti in muratura per allocarvi elettrodomestici, v. rilievi fotografici in atti) attuato mediante la realizzazione della copertura lignea».

Non va peraltro sottaciuto che, allo stesso tempo, l'abuso edilizio è anche un illecito amministrativo, punito con l'ordine di demolizione pronunciato dall'autorità amministrativa competente.

Sanatoria veranda abusiva: come fare?

Secondo l'art. 36 del testo unico in materia edilizia, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

Per la precisione, il permesso in sanatoria può essere chiesto:

  • nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità da esso o con variazioni essenziali, fino alla scadenza del termine di 90 giorni concesso per provvedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi;
  • nelle ipotesi di interventi di ristrutturazione in assenza di permesso di costruire o in totale o parziale difformità da esso, fino alla scadenza del congruo termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale.

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Il rilascio del permesso in sanatoria é subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione é calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Contro il silenzio diniego è possibile proporre ricorso al tribunale amministrativo regionale competente per territorio.

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Cucina sul balcone e problemi condominiali

La cucina sul balcone può comportare problemi non solo dal punto di vista penale e amministrativo, ma anche civile. Anche se perfettamente lecita (perché costruita dietro regolare rilascio del permesso di costruire) oppure se successivamente sanata, la chiusura del balcone può contrastare con la disciplina condominiale, soprattutto se l'intento è di realizzarvi una cucina all'intero.

Il condomino che voglia chiudere il proprio balcone non deve chiedere il permesso al condominio, il quale però potrebbe opporsi nel caso in cui l'opera:

  • sia espressamente vietata dal regolamento contrattuale di condominio;
  • pregiudichi la stabilità dell'edificio;
  • leda il decoro architettonico dell'intero fabbricato.

A ciò si deve aggiungere l'eventuale problema causato dalle immissioni provenienti dalla cucina: fumi e odori non possono essere intollerabili per i vicini, pena il ricorso al tribunale per far cessare la molestia.

Cucina sul balcone: quando lede il decoro architettonico?

La chiusura del balcone costituisce sempre una modifica dell'estetica dell'immobile. Il proprietario dell'immobile si trova dunque nella paradossale situazione in cui, pur avendo ottenuto il permesso dal Comune e dovendo agire sulla sua proprietà esclusiva, può essere bloccato dal condominio, il quale riterrebbe violato il decoro dell'edificio.

In sostanza, il condomino pur avendo preventivamente ottenuto l'autorizzazione amministrativa ad operare potrebbe vedersi eccepita, da parte del condominio, l'alterazione del decoro dello stabile.

D'altronde la stessa pubblica amministrazione rilascia le autorizzazioni facendo salvi i diritti dei terzi o a volte proprio richiedendo il placet del condominio rispetto all'intervento.

Se la veranda è fissa, inoltre, bisogna considerare che gli altri condòmini potrebbero richiedere la revisione delle tabelle millesimali, con un conseguente aumento delle spese.

Veranda e divieto di sopraelevazione

La trasformazione in veranda di una terrazza a livello può far incorrere nella violazione dell'art. 1127 cod. civ. La sopraelevazione di edificio condominiale, infatti, deve essere intesa non solamente come costruzione oltre l'altezza originaria dell'edificio, ma come edificazione di uno o più nuovi piani o nuove costruzioni sopra l'ultimo piano dello stabile, poiché in tal caso la sopraelevazione comporta l'occupazione dell'area comune su cui sorge il fabbricato.

Secondo pacifica giurisprudenza (ex multis, Corte di Cassazione, sent. n. 4804/1978), l'installazione di una veranda a vetri, con copertura del terrazzo all'ultimo piano dell'edificio condominiale, effettuata dal relativo proprietario, è soggetta alla disciplina dettata dall'art. 1127 c.c., e, in particolare, alla disposizione del terzo comma di detto articolo, la quale vieta sopraelevazioni che «pregiudichino l'aspetto architettonico dell'edificio» medesimo.

L'illegittimità di tale installazione, pertanto, postula il verificarsi non di una pura e semplice modificazione della linea stilistica del fabbricato, ma di una concreta diminuzione del valore economico dello stesso, in relazione al suo aspetto esteriore.

Immissioni intollerabili dalla cucina sul balcone

Infine, non può essere sottaciuto un altro problema che può scaturire dalla cucina sul balcone: le immissioni di fumo e odori in grado di infastidire i vicini.

In ipotesi del genere, i vicini disturbati dalle immissioni provenienti dalla cucina potrebbero adire l'autorità giudiziaria affinché, ex art. 844 cod. civ., venga intimata la cessazione della molestia e il risarcimento dei danni.

Si può mettere la cucina sul balcone?

Tirando le somme, è possibile affermare che si può mettere la cucina sul balcone, tenendo però presente una serie di aspetti:

  • il permesso di costruire rilasciato dal Comune, necessario per chiudere il balcone ed evitare di incorrere in abuso edilizio;
  • il regolamento condominiale, il quale potrebbe vietare la realizzazione di un'opera del genere;
  • il decoro architettonico;
  • le regole sulla sopraelevazione;
  • il divieto di immissioni intollerabili.

    => Si può mettere la lavatrice sul balcone?

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