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Cessazione della materia del contendere in condominio: la delibera illecita sostituita

La cessazione della materia del contendere è istituto non disciplinato ma può dirsi pienamente esistente nel nostro ordinamento processuale in forza di un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

La cessazione della materia del contendere costituisce una forma di definizione del processo a cui ricorre ogni qual volta viene meno la stessa ragion d'essere della lite, per la sopravvenienza di un fatto suscettibile di privare le parti di ogni interesse alla prosecuzione del giudizio e alla sua definizione in punto di merito.

La pronuncia va emessa, in particolare, d'ufficio o su istanza di parte, quando i contendenti si diano reciprocamente atto dell'intervenuto mutamento della situazione in giudizio, tale da eliminare totalmente ed in ogni suo aspetto la posizione di contrasto tra le parti e da far venir meno del tutto la necessità di una decisione sulla domanda originariamente proposta; in tal caso le parti sottopongano al giudice conclusioni conformi - intese, appunto, a sollecitare l'adozione di una declaratoria della cessazione della materia del contendere - potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale.

Condominio e sostituzione della delibera assembleare

La disposizione di cui all'art. 2377 c.c., comma 8, prevede che l'annullamento della deliberazione (invalida) non possa aver luogo qualora la deliberazione impugnata sia sostituita con altra, presa in conformità della legge e dell'atto costitutivo. Tale principio ha carattere generale ed è, pertanto, applicabile anche alle assemblee dei condomini.

Alla luce di quanto sopra si può affermare che, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'articolo 2377 c.c., comma 8, dettato in tema di società di capitali.

In altre parole, può accadere che la compagine condominiale si accorga che una delibera sia stata presa in violazione di una norma di legge e, quindi, decida di porre rimedio deliberando nuovamente, ma conformando il nuovo deliberato alle norme di legge.

Ne deriva che, nel giudizio d'impugnazione di una delibera di assemblea condominiale che si assuma affetta da nullità (o da una ragione di annullabilità), il giudice del merito deve dichiarare cessata la materia del contendere ove risulti che l'assemblea dei condomini, regolarmente riconvocata, abbia deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata, ponendo in essere, pur senza l'adozione di formule ad hoc, un atto sostitutivo di quello invalido (Trib. Napoli Nord 14/11/2023, n. 4587).

Dunque, ove sopravvenga la sostituzione della delibera invalida ex art. 2377 c.c., comma 8, non può farsi luogo ad una pronuncia di annullamento e interviene la cessazione della materia del contendere, restando sottratto al giudice adito per l'impugnazione il potere - dovere di sindacare incidentalmente la legittimità dell'atto di rinnovo, il quale potrà semmai essere sottoposto ad ulteriore impugnazione, se si ritenga che anch'esso non sia conforme alla legge o all'atto costitutivo (cfr. in tal senso: Trib. Torino 19 giugno 2008, n. 4459; Trib Monza 5 marzo 2001).

In ogni caso la cessazione della materia contendere, conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata, si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell'impugnazione ex articolo 1137 c.c. in quanto la sussistenza dell'interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l'azione, ma anche al momento della decisione (Cass. civ., sez. VI, 08/06/2020, n. 10847).

È bene precisare però che si può parlare di cessazione della materia del contendere soltanto quando la seconda delibera modifichi le decisioni del primo in senso conforme a quanto richiesto dal condomino che impugna e non anche quando reiteri o comunque adotti una decisione nello stesso senso della precedente, presupponendo la stessa il sopravvenire di una situazione che consenta di ritenere risolta o superata lite insorta tra le parti, così da comportare il venir meno dell'interesse a una decisione sul diritto sostanziale dedotto in giudizio (Cass. civ., sez. VI, 23/02/2022, n. 5997).

Impugnazione di delibera e cessazione della materia del contendere: cosa succede?

Il problema del residuo contenzioso sulle spese legali

Quando, in ambito condominiale, interviene la cessazione della materia del contendere si pone poi il problema del pagamento delle spese processuali. A tale proposito occorre osservare che vale il criterio della soccombenza virtuale, criterio che deve essere ricercato ed attuato secondo una "prognosi postuma" consistente nel valutare (in via sommaria) quale sarebbe stato l'esito del giudizio se non fosse intervenuta la nuova delibera (così, Cass. civ., sez. VI, 11/08/2017, n. 20071).

In virtù della soccombenza virtuale - che è espressione del principio di causalità - in forza del criterio generale di cui all'art. 91 c.p.c., le spese del processo vanno poste a carico della parte che, azionando una pretesa accertata come infondata o resistendo ad una pretesa fondata, abbia dato causa al processo o alla sua protrazione e che debba qualificarsi tale in relazione all'esito finale della controversia.

Di conseguenza se in virtù del principio della soccombenza virtuale, analizzando la fattispecie, come emerge dagli atti di causa e dai documenti allegati, appare verosimile ritenere che ove non fosse stata dichiarata cessata la materia del contendere, la delibera impugnata sarebbe stata dichiarata invalida con conseguente soccombenza del condominio, la collettività condominiale risultata "virtualmente" soccombente viene condannata al pagamento delle spese di lite. Conseguentemente, nell'ipotesi in cui il giudizio venga definito con un provvedimento di cessazione della materia del contendere, il giudice non potrà - salvo diverso accordo delle parti - dichiarare la compensazione delle spese del giudizio, ma dovrà pronunziarsi su di esse secondo la regola della soccombenza virtuale, ossia in base alla normale probabilità di accoglimento della pretesa di parte su criteri di verosimiglianza o su un'indagine sommaria di delibazione del merito (Cass. civ., sez. II, 29/11/2016, n. 24234).

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