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L'impugnazione della delibera assembleare e la cessazione della materia del contendere

Affinché si configuri la cessata materia del contendere l'assemblea condominiale regolarmente riconvocata cosa deve fare?
Avv. Anna Nicola 
27 Feb, 2023

Se un condomino è contrario, o assente, o, ancora, si è astenuto dal votare in sede assembleare circa un certo argomento portato all'ordine del giorno, ha trenta giorni per impugnare la deliberazione. Questo termine decorre dalla data dell'assemblea per il votante contrario e l'astenuto, mentre, per chi era assente, dalla data di ricezione del verbale.

Nonostante la norma di riferimento, art. 1137 c.c., sia molto chiara su questi punti, occorre considerare che si innesta prima del giudizio l'istituto della mediazione che ha valenza obbligatoria in ambito di condominio ex art. 5 D. Lgs. 28.2010.

La mediazione non ha però alcuna rilevanza sulla richiesta di urgenza di sospendere la delibera che il condomino può presentare in via autonoma al giudice competente.

Questo perché, essendo un procedimento d'urgenza, necessita di una decisione immediata onde evitare eventuali pregiudizi economici e non che potrebbero derivare dall'esecuzione del deciso assembleare.

Una delle ultime applicazioni riscontrate in giurisprudenza su questo tema è stata data la decisione del Tribunale di Roma n. 12654 del 26 agosto 2022

Ancor prima - o dopo - di questo iter si può avere una nuova delibera assembleare che vada a modificare e rettificare la parte invalida del precedente deciso assembleare.

Se questo è in linea con le aspettative e i desiderata della controparte, o comunque si trova un accordo tra le parti in questo senso, anche in sede stragiudiziale, la causa nel frattempo instaurata viene conclusa con la pronuncia della cessazione della materia del contendere.

Ha quindi trovato applicazione l'art. 2377 c.c., dettato in materia di società di capitali, ma ritenuto espressivo di un principio valido anche per le delibere condominiali, che stabilisce testualmente: "l'annullamento della deliberazione non può avere luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita da altra presa in conformità della legge o dello statuto".

Conclusione della causa per accordo tra le parti

La declaratoria della cessazione della materia del contendere presuppone non solo che, nel corso del processo, sia sopraggiunto un evento incidente sulla situazione sostanziale preesistente in qualche modo idoneo a soddisfare l'interesse finale dell'attore, ma anche che entrambe le parti concordino tanto sull'esistenza dell'evento quanto sul sopravvenuto reciproco disinteresse alla pronuncia del giudice (Trib. Catania n. 1650 del 09.05.2014).

Affinché si configuri la cessata materia del contendere è sufficiente che l'assemblea condominiale, regolarmente riconvocata, abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto dell'impugnazione, ponendo in essere, pur in assenza di forme particolari, un atto formalmente sostitutivo di quello invalido.

In tale ipotesi resta sottratto al Giudice adito con l'impugnazione il potere/dovere di sindacare incidentalmente la legittimità dell'atto di rinnovo, il quale semmai potrà essere sottoposto ad ulteriore impugnazione, ove anch'esso non sia conforme a legge o a regolamento.

Né rileva la circostanza che la successiva assemblea si sia limitata a deliberare sui medesimi argomenti posti all'ordine del giorno nella precedente assemblea, senza annullare la precedente delibera, affetta da vizi e/o irregolarità, né a sostituire la delibera impugnata di cui è causa.

In tal caso, ossia ogni qual volta l'assemblea condominiale, regolarmente riconvocata, abbia deliberato sui medesimi argomenti della delibera oggetto della impugnazione, ai sensi dell'art. 2377 c.c., al verificarsi della situazione prevista dal suo ottavo comma, la nuova delibera, sostitutiva di quella impugnata, provoca la cessazione della materia del contendere per difetto d'interesse (in senso conforme cfr. Cass. n. 20071/2017; Cass. n. 24957/2016, Cass. n. 2999/2010; Cass. n. 11961/2004). La cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata.

Ciò si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell'impugnazione ex art. 1137 c.c., in quanto la sussistenza dell'interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l'azione, ma anche al momento della decisione (cfr. Cass. n. 10847/2020).

L'eventuale conseguenza della cessazione della materia del contendere: la soccombenza virtuale

La cessata materia del contendere non implica l'automatica compensazione delle spese, ma impone che la regolazione di queste venga effettuata secondo il principio della "soccombenza virtuale" (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 271 del 11/01/2006), ossia valutando le "probabilità normali di accoglimento della domanda… basata su considerazioni di verosimiglianza, ovvero su apposita indagine sommaria, volta alla delibazione del merito" (v. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4889 del 05/08/1981; conf. Cass. n. 24234 del 29/11/2016, in motivazione).

Delibera sopravvenuta e soccombenza virtuale

Nel compiere questa indagine, non verranno presi in considerazione ed esaminati (neanche incidenter tantum) fatti e circostanze irrilevanti ed esulanti dal thema decidendum dell'oggetto della vertenza per le quali parte attrice non ha formulato alcuna domanda (quali l'invalidità del regolamento di condominio, illegittimità delle tabelle e/o presunta inesistenza del condominio) ed oggetto di altro giudizio ancora sub iudice.

Il principio generale è quindi la soccombenza virtuale. Ci sono però alcune eccezioni.

La statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l'obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali del giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale (cfr. Cass. n. 3148 del 2016).

Pur individuata la parte ipoteticamente soccombente, è tuttavia possibile disporre la compensazione delle spese per motivi che, nei procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, devono essere esplicitamente indicati nella motivazione.

Come è noto, a seguito della modifica del 2005, dell'art. 92 c.p.c., comma 2, dispone che "Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti" (Cass., 14 luglio 2020, n. 14939).

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