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No al centro estetico in condominio se il regolamento prevede solo studi professionali

Centro estetico escluso dal regolamento di condominio.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

L'esigenza di chiarezza che devono rivelare i divieti e i limiti regolamentari di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva, comporta che il contenuto di detti divieti vengano determinati fondandosi sulle espressioni letterali usate.

La vicenda. La Corte di Venezia, - pronunciando in sede di rinvio a seguito della sentenza di cassazione del 28 settembre 2016, n. 19212, in punto di apponibilità dei limiti regolamentari all'acquirente dell'immobile che li abbia accettati- dichiarava che l'illegittimità della destinazione ad uso di solarium e centro estetico dell'unità immobiliare di proprietà di Tizia e Caia e condotta in locazione dalla Società beta, compresa nel Condominio, perché in violazione del regolamento condominiale, che imponeva di adibire i locali degli appartamenti dei piani superiori al primo ad uffici o studi professionali.

Ad avviso dei giudici di rinvio, la previsione del regolamento inerente a "uffici e studi professionali" si doveva intendere riferita alle professioni intellettuali di cui all'art. 2229 e ss. c.c., rendendo perciò illecita l'utilizzazione dell'appartamento per l'esercizio di un centro di estetica, in quanto attività commerciale.

I motivi di ricorso. Tizia e Caia hanno proposto ricorso in Cassazione eccependo l'errore della Corte d'Appello per aver erroneamente escluso la natura professionale dell'attività di estetista, o meglio ancora, di solarium, svolta dalla società beta, richiamando la legislazione in materia.

Il ragionamento della Cassazione. Secondo gli ermellini, nella specie, l'interpretazione fatta dalla Corte d'Appello del regolamento del Condominio, che impone di adibire i locali degli appartamenti dei piani superiori al primo ad "uffici e studi professionali", non rivelava le denunciate violazioni dei canoni di ermeneutica.

Per meglio dire, secondo la Suprema Corte, la condivisa esigenza di chiarezza e di univocità che devono rivelare i divieti ed i limiti regolamentari di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva, coerente con la loro natura di servitù reciproche, comporta che il contenuto e la portata di detti divieti e limiti vengano determinati fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate.

Regolamento di condominio e divieto destinazione a uso commerciale

L'art. 1362 c.c., del resto, allorché nel primo comma prescrive all'interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l'elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (Cass. Sez. 3, 27/07/2001, n. 10290).

Ed ancora, l'interpretazione di una clausola del regolamento di condominio, contenente l'obbligo di destinare gli appartamenti dei piani superiori al primo ad "uffici e studi professionali", secondo cui collide con esso l'esercizio in un'unità immobiliare dell'attività di estetista (solarium e centro estetico), non risulta né contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, né confliggente con l'intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito, né contraria a logica o incongrua, rimanendo comunque sottratta al sindacato di legittimità l'interpretazione degli atti di autonomia privata quando il ricorrente si limiti a criticare il risultato ermeneutico raggiunto dal giudice ed a lamentare che quella prescelta nella sentenza impugnata non sia l'unica interpretazione possibile, né la migliore in astratto.

Del resto, come inteso dalla Corte di appello, esula dalla nozione di studio professionale l'attività di estetista, come disciplinata dalla legge 4 gennaio 1990, n. 1, svolgendosi la stessa con l'attuazione di tecniche manuali o con l'utilizzazione di apparecchi elettromeccanici, e con l'applicazione dei prodotti cosmetici, e rimanendone escluse le prestazioni aventi finalità di carattere terapeutico.

Trattasi di attività che per legge viene svolta "in forma di impresa, individuale o societaria", e perciò impone l'iscrizione all'Albo delle imprese artigiane o nel Registro delle imprese.

In conclusione, il ricorso è stato rigettato.

TABELLA RIEPILOGATIVA

OGGETTO DELLA PRONUNCIA

INTERPRETAZIONE CLAUSOLE REGOLAMENTO

RIFERIMENTI NORMATIVI

1362 C.C.

PROBLEMA

Il precedente provvedimento aveva dichiarato l'illegittimità della destinazione ad uso di solarium e centro estetico dell'unità immobiliare compresa nel Condominio, perché in violazione del regolamento condominiale, che imponeva di adibire i locali degli appartamenti dei piani superiori al primo ad uffici o studi professionali.

LA SOLUZIONE

Secondo la Cassazione, l'interpretazione di una clausola del regolamento di condominio, contenente l'obbligo di destinare gli appartamenti dei piani superiori al primo ad "uffici e studi professionali", secondo cui collide con esso l'esercizio in un'unità immobiliare dell'attività di estetista (solarium e centro estetico), non risulta né contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, né confliggente con l'intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito.

LA MASSIMA

Con la previsione del regolamento condominiale inerente "uffici e studi professionali" si intende riferirsi alle professioni intellettuali di cui all'art. 2229 e ss. c.c., rendendo perciò illecita l'utilizzazione dell'appartamento per l'esercizio di un centro di estetica, in quanto attività commerciale esclusa dal regolamento e in quando attività diversa dall'ufficio.

Cass. civ., sez. VI, ord. 7 ottobre 2019, n. 24926

Il divieto è troppo generico e non è opponibile al proprietario dell'immobile

Sentenza
Scarica Cass. civ. sez. VI ord. 7 ottobre 2019 n. 24926
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