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Cassetta dell'acquedotto ed impianti idrici: quale distanza?

I limiti all'applicazione dell'art. 889 c.c. con riguardo agli edifici in condominio.
Avv. Eliana Messineo 

L'art. 889 c.c. prevede che le tubazioni idriche di adduzione o scarico siano installate almeno ad un metro di distanza dal confine.

In particolare, l'art. 889 cc in materia di istanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi dispone che: "chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette.

Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali".

La distanza di almeno un metro dal confine per l'installazione dei tubi dell'acqua, gas e simili è stata stabilita dal legislatore tenendo conto della loro potenziale pericolosità ed attitudine ad arrecare danno alla proprietà del vicino.

La disposizione dell'art. 889 c.c., che è stata concepita con riferimento al rapporto tra fondi contigui ossia tra distinte proprietà confinanti, si applica anche agli edifici in condominio in relazione ai quali va, tuttavia, considerata la peculiarità dell'ambito condominiale che, oltre ad essere costituito da unità immobiliari appartenenti a proprietari differenti, presenta spazi ed aree "comuni" ossia destinati al servizio di tutti i condòmini.

Giova, allora, chiedersi quali siano i limiti all'applicazione della normativa sulle distanze per le tubazioni idriche, di gas e simili, con particolare riferimento agli immobili in condominio.

La questione è stata di recente affrontata dal Tribunale di Foggia con sentenza n. 662 del 8 marzo 2023.

Distanze: cassetta dell'acquedotto ed impianti idrici. Fatto e decisione

I proprietari di un immobile in condominio si rivolgevano al Tribunale di Foggia lamentando che i vicini proprietari dell'appartamento confinante avevano spostato, arbitrariamente e senza autorizzazione, sia la cassetta dell'acquedotto sia il citofono, sulla proprietà esclusiva di loro attori, causandone pregiudizio.

Con riferimento allo spostamento della cassetta dell'acquedotto, i coniugi attori evidenziavano il pericolo di danni alla loro proprietà per l'eventuale rottura dei tubi dell'acqua in essa contenuti.

Deducevano, di conseguenza, la violazione dell'art. 889 c.c., la lesione del decoro architettonico dell'edificio, e chiedevano il ripristino dello stato dei luoghi nonché il risarcimento per i danni all'immobile causati dai lavori di ristrutturazione posti in essere dai convenuti.

Nelle more del giudizio, gli attori vendevano l'immobile oggetto di causa ai convenuti; conseguentemente, il Tribunale dichiarava la cessazione della materia del contendere e, ai fini della regolamentazione delle spese di lite, valutava la soccombenza virtuale effettuando una valutazione sulla probabilità di accoglimento della domanda attrice.

Ai soli fini della soccombenza virtuale, pertanto, il Tribunale riteneva l'azione infondata.

Per il Tribunale, la domanda non era meritevole di accoglimento sulla base di due considerazioni fondamentali: 1) perché era stato accertato che il muro di facciata su cui erano stati spostati il contatore idrico ed i relativi tubi, nonché l'impianto citofonico, non era di proprietà esclusiva dei coniugi attori bensì oggetto di proprietà comune; 2) perché la cassetta dell'acquedotto costituiva un indispensabile strumento al servizio degli impianti idrici posizionato dalla società di acquedotto in quel determinato punto per evidenti ragioni igienico-sanitarie ed in attuazione delle prescrizioni del regolamento del servizio idrico.

Considerazioni conclusive

In ambito condominiale, le norme sulle distanze vanno contemperate con le norme sul condominio negli edifici ove rileva l'art. 1102 c.c. secondo il quale " ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto".

La facciata condominiale essendo considerata, ex art. 1117 c.c., presuntivamente parte comune dell'edificio, è destinata al servizio di tutti i condòmini.

Entro i limiti di cui all'art. 1102 c.c., ciascun condomino può servirsi dei muri perimetrali comuni dell'edificio e appoggiarvi tubi, fili, condutture, targhe, tende e altri manufatti analoghi (Cassazione, n. 25790/2020).

Tuttavia, anche con riguardo agli edifici condominiali vanno rispettate le distanze legali previste dall'art.889 c.c. per pozzi, cisterne, fossi e tubi, salvo che si tratti di impianti da considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale utilizzazione dell'immobile, tale da essere adeguata all'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini nel campo abitativo e alle moderne concezioni in tema di igiene. (Cass. n. 13313/2009; Cass. n. 17549/2019).

Ne consegue che ove, come nella specie, la cassetta dell'acquedotto ed i tubi in essa contenuti vengano posizionati, dalla società di acquedotto, senza rispetto della distanza legale, ma per soddisfare l'esigenza essenziale ed indispensabile di una completa e reale utilizzazione dell'immobile secondo le prescrizioni del regolamento del servizio idrico, nonché per evidenti ragioni igienico sanitarie, l'art. 889 c.c. non può trovare applicazione.

Sentenza
Scarica Trib. Foggia 8 marzo 2023 n. 662
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