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Cambio proprietà immobiliare col portiere: il custode può opporsi al nuovo datore di lavoro?

Nell'ipotesi di trasferimento di una proprietà presso la quale lavora un custode, il codice civile e il contratto collettivo di categoria assicurano la conservazione del rapporto di lavoro.
Avv. Marco Borriello 

In un contratto a prestazioni corrispettive, le parti sono tenute ad eseguire una certa prestazione reciprocamente e in connessione l'una con l'altra. Tipico esempio di questo tipo di contratto è la compravendita, dove in cambio della cessione di un bene, per ipotesi un immobile, il compratore deve versare il prezzo pattuito. Appartiene alla categoria dei contratti corrispettivi anche quello di lavoro.

Infatti, in cambio della prestazione eseguita a favore del datore e della sua azienda, al lavoratore spetta la retribuzione.

Ebbene, per questo tipo di contratti, vige una regola particolare sancita dal codice civile. Si tratta dell'art. 1406 secondo il quale è possibile modificare il rapporto originale sostituendo una delle parti del contratto, purché quella ceduta sia d'accordo.

Se fosse applicata questa disposizione al contratto di lavoro, la cessione del rapporto col lavoratore, avvenuta a seguito di un cambio del datore, potrebbe realizzarsi soltanto con il consenso del dipendente.

Si è discusso in merito a tale questione all'interno del procedimento culminato con la recente sentenza della Corte di Appello di Milano n. 998 del 16 novembre 2023. Nel caso specifico, una lavoratrice, custode di un immobile e precedentemente alle dipendenze di un altro datore, si era opposta al trasferimento del rapporto in capo ad un neo costituito condominio, contestandone la legittimità.

Né è scaturita una lite che è, quindi, opportuno approfondire.

Cambio proprietà immobiliare col portiere: il rapporto di lavoro si risolve?

Nella vicenda in discussione, in una proprietà immobiliare appartenente ad un fondo, presso la quale svolgeva il lavoro di custode una signora, a seguito del frazionamento del bene e della costituzione di un condominio, si verificava la cessione/modifica del suddetto rapporto. In pratica, la lavoratrice passava alle dipendenze del condominio.

Ebbene, per la dipendente, il mutamento del datore non era accettabile. Secondo la sua tesi, affinché si potesse consolidare il rapporto di lavoro con il nuovo datore, era necessario il suo consenso. Essa, quindi, si opponeva a questa modifica, chiedendo che il Tribunale di Milano accertasse l'illegittimità del suddetto passaggio.

Prima di capire, però, il Tribunale di Milano e la Corte di Appello a chi hanno dato ragione, da entrambi i procedimenti è emersa un'interessante affermazione: nel caso di trasferimento della proprietà dello stabile o di cambio della titolarità, ad esempio, per un frazionamento e/o per la successiva costituzione di un condominio, il contratto del lavoratore, già portiere e/o custode dell'immobile, non si risolve.

Confermano ciò:

  • l'art. 2112 del codice civile riferibile alla diversa ipotesi di cessione dell'azienda "In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano";
  • l'articolo del contratto di lavoro collettivo di categoria, l'attuale art. 130, che sentenzia il diritto del lavoratore a mantenere inalterato il rapporto in capo al nuovo datore senza che la cessione possa determinarne la risoluzione "Il trasferimento della proprietà dello stabile non risolve il rapporto di lavoro ed il lavoratore conserva i diritti e gli obblighi contemplati nel contratto individuale di lavoro in essere".

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Cambio proprietà immobiliare col portiere e nuovo datore: quale valore al consenso del custode?

Nell'ipotesi di trasferimento di una proprietà immobiliare presso la quale lavora un custode e/o un portiere, il codice civile e il contratto collettivo di categoria assicurano la conservazione del rapporto di lavoro.

Questo, perciò, non si risolve e non può venir meno soltanto perché muta la titolarità del bene presso il quale si presta servizio e, tanto meno, perché cambia il datore di lavoro (cioè il neo proprietario).

Con la sentenza in esame, la Corte di Appello di Milano, a conferma del verdetto emesso dal giudice di prime cure, aggiunge che, nell'ipotesi de quo, oltre al diritto alla conservazione del posto, al lavoratore è riservata la facoltà di prestare consenso o meno alla cessione del rapporto. In pratica, se non accetta il nuovo datore, egli resta alle dipendenze del vecchio proprietario del bene.

Ritornando, perciò, alla norma dettata in materia di contratti a prestazioni corrispettive e alla disposizione, quindi, che ammette la sostituzione nel rapporto solo se la parte ceduta accetta la cessione (art. 1406 cod. civ.), è questa la regola che, nella vicenda in commento ed in altri casi analoghi, bisogna tenere in considerazione.

La Corte di Appello di Milano ha, pertanto, confermato la decisione di primo grado, secondo la quale il trasferimento del rapporto di lavoro dal vecchio proprietario dell'immobile custodito al neo proprietario del bene, era stato illegittimo senza il consenso del lavoratore.

Sentenza
Scarica App. Milano 16 novembre 2023 n. 998
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