La Corte d'Appello di Bari, con la sentenza n. 1513 del 13 ottobre 2022, ha affrontato l'ennesimo caso di responsabilità per pregiudizi causati da infiltrazioni d'acqua da un immobile a un altro. La pronuncia in commento è particolarmente interessante in quanto afferma il principio secondo cui il custode risponde dei danni anche se questi sono imputabili, seppur parzialmente, a un difetto di costruzione del bene danneggiato.
Per la il collegio barese, infatti, il caso fortuito che deve provare il custode ai sensi dell'art. 2051 c.c., deve consistere in un fatto assolutamente eccezionale e imprevedibile, tale da escludere ogni responsabilità in capo a chi aveva la disponibilità del bene che ha causato il danno. Approfondiamo l'argomento analizzando la sentenza in commento.
Inoltre, in base al disposto dell'art. 2055 c.c., anche qualora le infiltrazioni fossero favorite da vizi dell'immobile imputabili al costruttore, è diritto del danneggiato agire per l'intero nei riguardi anche di uno solo dei coobbligati in via solidale.
Responsabilità per danni da infiltrazioni in un condominio
Un condominio conveniva in giudizio il proprietario di un edificio limitrofo per sentirlo condannare al risarcimento dei danni causati ai locali, siti al piano terra e al piano interrato del suddetto condominio, dalle infiltrazioni di acque meteoriche e reflui fognari provenienti dal locale commerciale e del relativo piazzale antistante appartenente al convenuto.
In primo grado, il Tribunale di Bari accoglieva la domanda attorea riconoscendo la responsabilità in capo al convenuto il quale, potendo esercitare un concreto potere di controllo sull'immobile di sua proprietà, in qualità di custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., ben avrebbe dovuto prendere ogni accorgimento necessario ad evitare il suo improprio utilizzo e la conseguente causazione di eventi dannosi a terzi.
Il giudice di primo grado fondava il proprio convincimento:
- sia sulla consulenza eseguita in sede di accertamento tecnico preventivo la quale, pur riconoscendo un difetto di tipo strutturale nei locali danneggiati, in quanto sprovvisti di un'adeguata intercapedine areata e costruiti in aderenza al muro di confine del piazzale, aveva ritenuto che la causa principale delle infiltrazioni fosse da ricondurre alle condizioni di degrado in cui versava il suddetto piazzale, la cui pavimentazione si presentava sconnessa, soggetta a cedimenti del sottofondo e con comparsa di vegetazione che impediva il corretto deflusso delle acque meteoriche e ne favoriva l'infiltrazione verso gli immobili confinanti;
- sia sull'integrazione peritale, redatta dal medesimo ctu, il quale, in occasione del sopralluogo, aveva rilevato che i fenomeni infiltrativi erano diminuiti a seguito della cessazione dell'attività commerciale svolta sul piazzale (supermercato), essendo stati eliminati fattori quali il transito e la sosta dei mezzi pesanti e l'uso improprio delle tubazioni di scarico, ma all'interno della proprietà del condominio continuava il ruscellamento delle acque meteoriche.
In conclusione, il Tribunale riteneva che il convenuto dovesse comunque rispondere ai sensi dell'art. 2051 c.c., in mancanza della prova del caso fortuito, essendo evidente che fattori scatenanti delle lamentate infiltrazioni fossero ravvisabili nell'uso improprio del piazzale e nell'uso illecito delle tubazioni, mentre il difetto strutturale imputabile all'impresa costruttrice, pur emerso all'esito della ctu, non poteva rilevare, non essendo quest'ultima parte del giudizio.
Motivi dell'appello contro la sentenza di risarcimento
Avverso la sentenza di primo grado proponeva impugnazione il convenuto. L'appellante lamentava un'erronea valutazione da parte del Tribunale delle risultanze probatorie e della ctu, laddove non avrebbe tenuto in debito conto, sotto il profilo causale, del difetto strutturale dell'immobile danneggiato, pur evidenziato dal consulente tecnico d'ufficio.
In considerazione dell'influenza causale di tale difetto strutturale (mancanza di un'adeguata intercapedine areata), il giudice di prime cure non avrebbe dovuto addossare la piena responsabilità del convenuto, ma avrebbe dovuto mitigarla in considerazione della presenza del fattore concausale.
Inoltre, l'appellante ha censurato l'incoerenza, l'illogicità e contraddittorietà tra le premesse e le conclusioni della sentenza, posto che il giudice di primo grado, pur dichiarando di volersi riportare alle conclusioni del ctu, avrebbe comunque deciso di condannare integralmente il convenuto in qualità di custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., affermando di non poter accertare la responsabilità del costruttore dell'immobile danneggiato in quanto terzo estraneo al processo.
Secondo la prospettazione difensiva dell'appellante, la presenza di gravi vizi strutturali dell'edificio, imputabile a responsabilità del costruttore avrebbe dovuto indurre il tribunale ad escludere o mitigare fortemente la propria responsabilità, in presenza di un fattore estraneo alla propria sfera soggettiva idoneo ad interrompere il nesso causale con la sua proprietà o quantomeno ad affermare la responsabilità, ai sensi dell'art. 2051 c.c., del condominio.
Il custode risponde delle infiltrazioni anche se il bene danneggiato ha vizi strutturali
La Corte d'Appello di Bari, con la sentenza n. 1513 del 13 ottobre 2022, ha rigettato l'impugnazione, ritenendo che l'appellante non abbia dimostrato il caso fortuito, cioè quell'evento imprevedibile e inevitabile che l'art. 2051 c.c. prevede come unico possibile rimedio alla responsabilità oggettiva del custode.
In effetti, le doglianze dell'appellante si concentrano sulla concausa rappresentata dai difetti strutturali dell'immobile danneggiato. Il ctu aveva infatti rilevato come il bene oggetto di infiltrazioni non avesse un'intercapedine muraria (cioè, uno spazio di aria interposto tra due pareti verticali parallele) capace di incrementare la coibentazione termica della tamponatura esterna per isolare l'edificio dal terreno da eventuali infiltrazioni o trasudazioni di acqua (che sono appunto raccolte nella intercapedine o smaltite per evaporazione).
Tuttavia, il ctu aveva anche accertato che tale carenza strutturale non giustificasse il ruscellamento e la percolazione delle acque nei locali e nella muratura condominiali, che trovava la propria causa principale nelle condizioni di degrado in cui versava il piazzale dell'appellante, la cui pavimentazione si presentava sconnessa, soggetta a cedimenti del sottofondo e con comparsa di vegetazione ed impediva il corretto deflusso delle acque meteoriche che, anche a cause delle errate pendenze, penetrava nel sottosuolo lungo il confine con l'immobile condominiale, invadendo i locali a piano terra ed interrato dell'edificio confinante.
Il perito aveva riscontrato, altresì, che, a seguito della cessazione di ogni attività del supermercato all'interno del locale del convenuto e del venir meno del transito e della sosta dei mezzi pesanti sull'adiacente piazzale, le infiltrazione erano diminuite ma non cessate.
La Corte d'Appello di Bari ritiene quindi che il giudice di prime cure abbia fatto corretta applicazione del criterio di imputazione della responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c., che ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima.
Non v'è dubbio che, nel caso concreto, l'atp prima e la ctu dopo abbiano accertato il nesso eziologico tra i danni lamentati dagli attori e la pavimentazione del terrazzo del convenuto/appellante.
In effetti, è pur vero che il ctu ha ravvisato una carenza strutturale dell'immobile del condominio, consistente appunto nella mancanza di una intercapedine muraria, ipotizzando implicitamente che tale difetto strutturale possa essere stata una concausa del propagarsi del fenomeno infiltrativo, ma tale difetto strutturale, come evidenziato correttamente dal giudice di prime cure, sarebbe un vizio costruttivo originario astrattamente imputabile all'impresa costruttrice che, tuttavia, non è stata evocata in giudizio.
La responsabilità solidale ex art. 2055 c.c.
Va poi considerato che, allorquando una parte agisce in giudizio per il risarcimento del danno (da infiltrazioni), prospettando la responsabilità del proprietario dell'immobile confinante ex art.2051 c.c., come nel caso di specie, il risarcimento non può essere negato in ragione del concorrente apporto causale colposo imputabile ad un terzo estraneo al giudizio , applicandosi in tal caso l'art.2055 c.c., che prevede appunto la responsabilità solidale degli autori del danno, prospettandosi la situazione di un medesimo danno provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità, che dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria.
Nondimeno, la conseguenza della corresponsabilità in solido, ex art. 2055 c.c., comporta che la domanda del danneggiato vada intesa sempre come volta a conseguire per l'intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno (cfr. Cass. civ. n. 7044/2020).
Il condominio, quindi, pur in presenza di vizi strutturali imputabili al costruttore, ha legittimamente esercitato la propria azione ex art. 2051 c.c. nei riguardi del proprietario limitrofo.