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Al condominio si applica la normativa a tutela dei consumatori

In caso di controversia giudiziale il foro è quindi quello del luogo in cui si trova l'edificio condominiale.
Avv. Gianfranco Di Rago 

Nel caso di controversia che veda coinvolto il condominio, quest'ultimo ha diritto a essere giudicato dal giudice del luogo in cui sorge l'edificio condominiale. Questo perché al condominio si applica la normativa a tutela dei consumatori di cui al dlgs 206/2005.

Di conseguenza, nel caso in cui il creditore abbia ottenuto da un giudice territorialmente incompetente un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, quest'ultimo può presentare opposizione e ottenere la revoca dell'ordine di pagamento. Lo ha ricordato il Tribunale di Napoli nella recente sentenza n. 4905 del 18 maggio 2022.

La normativa a tutela dei consumatori: Il condominio

Già da tempo la Suprema Corte aveva avuto modo di affermare l'applicabilità della disciplina dei c.d. contratti del consumatore a quelli conclusi dal condominio con le imprese incaricate della manutenzione di beni e servizi comuni, atteso che l'amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale dagli stessi eventualmente svolta (Cass. civ., sez. VI, 22 maggio 2015, n. 10679).

Di conseguenza, nelle relative controversie trova applicazione la competenza funzionale e inderogabile del foro del consumatore, cioè del luogo in cui è sito il condominio (Tribunale Milano, 21 luglio 2016).

Da ultimo anche la Corte di Giustizia della Comunità Europea, nel rispondere a una domanda di pronuncia pregiudiziale svolta dal medesimo Tribunale di Milano e vertente sull'interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 1, e dell'articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, ha statuito che le stesse devono essere interpretate nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che applichi la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell'ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell'ambito di applicazione della suddetta direttiva" (sez. I, 2 aprile 2020, n. 329).

La Corte di Giustizia ha inteso offrire garanzie sostanziali ai contraenti c.d. deboli, sostenendo quindi l'elaborazione giurisprudenziale interna ai singoli stati comunitari tesa ad allargare le maglie della legislazione a tutela dei consumatori.

I giudici europei sono infatti partiti da una considerazione di diritto che non può essere messa in discussione: le misure protettive di cui alla direttiva 93/13/CEE si applicano soltanto ai consumatori, i quali a loro volta sono le persone fisiche che si trovano a contrattare con dei professionisti per finalità che non rientrano nella propria attività imprenditoriale o professionale.

Conseguentemente il condominio non può essere identificato come consumatore, in quanto gli difetta il presupposto essenziale dell'essere una persona fisica.

Tuttavia la Corte di Giustizia ha riconosciuto che nel diritto italiano il condominio non è nemmeno una persona giuridica, diversamente da quanto previsto in altri ordinamenti giuridici comunitari.

Questa circostanza non costituisce però un problema, in quanto in materia di proprietà e diritti reali non esiste ancora una normativa comunitaria armonizzata e resta quindi impregiudicata la disciplina adottata da ciascun stato membro.

La Corte di Giustizia ha rilevato anche come la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritenga che la normativa in materia di consumatori possa essere applicata al condominio, nonostante esso non sia una persona giuridica.

Di qui la domanda alla quale i giudici europei hanno fornito risposta positiva: può un giudice nazionale interpretare la normativa interna di recepimento della direttiva 93/13/Cee in modo che le disposizioni a tutela dei consumatori siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell'ordinamento italiano, ossia da un soggetto che non possa essere qualificato né come persona fisica né come persona giuridica?

A tale riguardo la Corte di Giustizia ha innanzitutto ricordato come l'art. 169, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea preveda che gli stati membri possono mantenere o introdurre misure di tutela dei consumatori più rigorose, a condizione che esse siano compatibili con i trattati.

Sulla stessa linea il considerando n. 12 e l'art. 8 della Direttiva 93/13/CEE, che lasciano agli Stati membri la possibilità di garantire un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe di quelle contenute nella medesima direttiva.

Nel caso in questione è indubbio che la Corte di Cassazione abbia sviluppato un orientamento giurisprudenziale volto a tutelare maggiormente il consumatore, estendendo l'ambito di applicazione della tutela prevista dalla Direttiva 93/13/CEE a un soggetto giuridico, quale il condominio nel diritto italiano, che non è una persona fisica, conformemente al diritto nazionale.

Tale orientamento giurisprudenziale, secondo i giudici europei, si inserisce appunto nella direzione di offrire maggiore tutela ai consumatori.

Infatti anche se un soggetto giuridico come il condominio non rientra nella nozione di consumatore, non essendo una persona fisica, gli stati membri possono applicare disposizioni di tale direttiva a settori che esulano dall'ambito di applicazione della stessa, a condizione che una siffatta interpretazione garantisca un livello di tutela più elevato per i consumatori e non pregiudichi le disposizioni dei trattati.

Una prima conseguenza processuale dell'equiparazione del condominio a un consumatore: la competenza territoriale si individua in base al luogo in cui si trova l'edificio condominiale

Come è noto, nel contratto tra consumatore e professionista predisposto unilateralmente da quest'ultimo, l'efficacia della clausola convenzionale che intenda derogare alla competenza territoriale del foro del consumatore è subordinata non solo alla specifica approvazione per iscritto prevista dall'art. 1341 c.c., ma anche - a norma dell'art. 34, comma 4, D.Lgs. 206/2005 - allo svolgimento di una trattativa individuale con il consumatore sulla clausola stessa, la cui prova è posta a carico del professionista.

Nella specie il creditore del condominio aveva richiesto e ottenuto il decreto ingiuntivo presso un giudice diverso da quello del luogo in cui si trovava l'edificio condominiale, violando quindi il c.d. foro del consumatore.

La clausola di designazione convenzionale del diverso foro territoriale non era munita dei requisiti di specificità e separatezza imposti dall'art. 1341, secondo comma, c.c., non essendovi una specifica sottoscrizione.

Inoltre il creditore non aveva documentato la specifica trattativa intercorsa con l'amministratore di condominio sulla deroga alla competenza territoriale.

Di qui la decisione del giudice di accogliere l'opposizione proposta dal condominio e revocare il decreto ingiuntivo impugnato, in quanto emesso da un giudice territorialmente incompetente.

Sentenza
Scarica Trib. Napoli 18 maggio 2022 n. 4905
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