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Agevolazioni acquisto prima casa, cambio di residenza e dichiarazione di volersene avvalere

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle agevolazioni per l'acquisto della prima casa con due ordinanze emesse il 17 marzo 2020
Avv. Francesco Saverio Del Buono - Foro di Bari 

Le agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa, disciplinate dall'art. 1, comma 1, nota II bis, della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n.131, (che ricordiamo sono per le vendite esenti IVA una imposta di registro proporzionale del 2% ed imposte ipotecaria e catastale in misura fissa pari a 50 euro ciascuna, e l'applicazione dell'aliquota IVA del 4% per le transazioni soggette a questa imposta, con imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa pari ad euro 200 ciascuna) prevedono una articolata casistica di requisiti necessari per il riconoscimento, legate sia alle caratteristiche dell'immobile che alla situazione personale dell'acquirente.

Un tale quadro normativo, che richiede il mantenimento di requisiti anche per un periodo successivo all'atto di compravendita stesso, non poteva che creare inevitabilmente anche una mole di contenzioso, dovuto anche alla varietà delle fattispecie che possono verificarsi.

La Corte di Cassazione si è occupata recentemente di questo tema con due diverse ordinanze, la n. 7389 e la n. 7390 emesse entrambe il 17 marzo 2020.

Agevolazioni acquisto prima casa e trasferimento di residenza, l'ordinanza n. 7389

L'ordinanza n. 7389 del 17 marzo 2020 affronta la questione relativa al requisito della residenza dell'acquirente nel Comune di ubicazione dell'immobile - o l'impegno a trasferirla nello stesso entro 18 mesi dalla data di acquisto dell'appartamento - o che l'abitazione si trovi nel Comune in cui svolga la sua attività.

Nel caso di specie l'acquirente di un immobile trasferito con le agevolazioni fiscali prima casa non aveva poi provveduto al cambio di residenza entro 18 mesi e si era visto notificare per questo motivo un avviso di liquidazione della maggiore imposta (rispetto a quella agevolata versata).

L'acquirente impugnava l'atto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma sostenendo che l'Amministrazione Finanziaria aveva ignorato la circostanza che il ricorrente pur non avendo trasferito la residenza nel Comune di Roma aveva nella capitale il proprio luogo di lavoro; il ricorso veniva rigettato e così anche dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

La Corte di Cassazione cui l'acquirente era ricorso ha ritenuto, rigettando il ricorso e pertanto confermando l'atto di liquidazione impugnato dall'acquirente, che questi non avesse comunque rispettato la dichiarazione di impegno, formulata nel rogito notarile a trasferire la propria residenza a Roma, Comune nel quale era situato l'immobile, nulla avendo dichiarato rispetto all'ubicazione del suo luogo di lavoro nella stessa città.

Il mancato trasferimento della residenza ha determinato la revoca dell'agevolazione; pertanto in una situazione di questo tipo andrà espressamente indicato che l'acquirente intende avvalersi dell'agevolazione in virtù della collocazione del posto di lavoro.

Benefici fiscali anche se il mancato trasferimento della residenza è dovuto a causa di forza maggiore.

Agevolazioni acquisto prima casa, quando bisogna dichiarare di avvalersene? L'ordinanza n. 7390

L'ordinanza n. 7390 invece verte su un altro aspetto, cioè quello del momento in cui l'acquirente è tenuto a dichiarare di volersi avvalere delle agevolazioni fiscali.

Nel caso di specie il promissario acquirente aveva ottenuto a seguito di domanda giudiziale di adempimento di un contratto preliminare rimasto adempiuto, una sentenza traslativa della proprietà dell'immobile, senza dichiarare di volersi avvalere del regime fiscale di vantaggio per l'acquisto della "prima casa".

L'amministrazione finanziaria notificava pertanto avviso di liquidazione dell'imposta in misura proporzionale (imposta di registro pari al 9% dell'importo di vendita, imposta ipotecaria e catastale pari ad euro 50 ciascuna), impugnato dal contribuente che invocava l'applicazione dell'agevolazione.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale (CTP Chieti) che quella Regionale (CTR Abruzzo), rigettando il ricorso del contribuente, affermavano che l'acquirente avrebbe dovuto chiedere il riconoscimento dell'agevolazione in sede di registrazione della sentenza traslativa della proprietà, e nel caso ove questa non fosse registrata avrebbe ancora potuto farlo in tale occasione, e non nel giudizio di impugnazione dell'avviso di liquidazione della maggiore imposta.

Ecco perchè non basta la semplice dichiarazione di adibire l'immobile ad abitazione principale.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, argomentando come "in materia d'imposta di registro, la sentenza ex art. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa"; la pronuncia riprende quanto già disposto dalla Corte con la sentenza n. 2261/2014, che aveva affermato come per il riconoscimento dei benefici fiscali ex art. 16 DPR 131/86 la dichiarazione di volersi avvalere dell'agevolazione ex art. 1 nota II bis della Tariffa allegata al medesimo DPR devono essere rese, nei casi di acquisto a seguito di sentenza ex art. 2932 cod civ prima della registrazione della stessa, essendo l'atto con il quale si trasferisce la proprietà del bene immobile, non essendo invece possibile effettuarsi in un momento successivo, in deroga al principio generale ex art 77 del DPR 131 secondo cui una agevolazione non "richiesta al momento della imposizione non è perduta, potendosi rimediare, nei previsti limiti temporali, alla erroneità di quest'ultima".

Deve infatti considerarsi quello della registrazione, prosegue la Suprema Corte, il primo atto nel quale l'acquirente può far valere il proprio diritto all'applicazione del beneficio; una dichiarazione effettuata successivamente deve ritenersi inammissibile, per di più dopo che l'Amministrazione abbia provveduto alla liquidazione dell'imposta o nel successivo giudizio di impugnazione dell'atto, violando così l'esigenza di tutela dell'Amministrazione alla certezza del tributo, secondo quanto aveva detto in tal senso anche la sentenza della stessa Cassazione n. 3683/2009.

Sentenza
Scarica Cass. nn. 7389 e 7390 del 17 marzo 2020
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