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Regolamento di condominio

Regolamento di condominio e regolamento di condominio di natura contrattuale.
 

Regolamento di condominio

Il regolamento di condominio, quali ne siano l'origine ed il procedimento di formazione e, quindi, anche quando abbia natura contrattuale, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico ed a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale, quanto, soprattutto, per i singoli condomini. Cass. 29 novembre 1995 n. 12342

Non sussiste alcuna violazione di legge nella previsione del regolamento condominiale che stabilisca le caratteristiche, i requisiti e i titoli che deve avere l'amministratore del condominio.

Invero, in tema di condominio negli edifici, l'art. 1138 c.c., comma 4, pur dichiarando espressamente non derogabile dal regolamento (tra le altre) la disposizione dell'art. 1129 c.c., la quale attribuisce all'assemblea la nomina dell'amministratore e stabilisce la durata dell'incarico (Sez. 2, Sentenza n. 13011 del 24/05/2013, Rv. 626458), non preclude però che il regolamento condominiale possa stabilire che la scelta dell'assemblea debba cadere su soggetti (persone fisiche o persone giuridiche) che presentino determinare caratteristiche, requisiti o titoli professionali. Cass. 30 novembre 2016 n. 24432

Il conduttore che si è impegnato a rispettare le clausole contenute in un regolamento condominiale può essere chiamato in causa per risoluzione del contratto, ove si sia reso inadempiente rispetto a tale impegno. Trib. Monza 7 settembre 2016 n. 2395

Nell'ambito dei regolamenti condominiali vanno distinte le clausole con contenuto tipicamente regolamentare dalle clausole contrattuali le quali devono essere approvate all'unanimità. E' fuori discussione che una clausola, che limita ad un determinato uso un immobile escludendo gli altri possibili, costituisce limitazione del diritto di proprietà.

Pertanto le norme del regolamento condominiale, che incidono sulla utilizzabilità e sulla destinazione delle parti dell'edificio, in particolare sullo stato giuridico di una cosa comune, come nella specie le scale, hanno carattere convenzionale e, se predisposte dall'originario proprietario dello stabile, debbono essere accettate dai condomini nei rispettivi atti di acquisto ovvero con atti separati, e, se invece deliberate dall'assemblea condominiale, debbono essere approvate all'unanimità (cfr. tra le tante, Cass. 11 febbraio 1977 n. 621).

E, non potendo formare oggetto di decisione assembleare a maggioranza, sono assolutamente nulle le deliberazioni delle assemblee condominiali lesive dei diritti di proprietà comune. Cass. 20 marzo 2015 n. 5657

Le clausole del regolamento condominiale di natura assembleare, anche se approvate con il consenso di tutti i condòmini, possono essere modificate con le maggioranze indicate dall'art. 1138 c.c. Cass. 6 maggio 2014 n. 9681

Qualora nel regolamento condominiale sia inserita, secondo quanto previsto eccezionalmente dall'art. 70 disp. att. c.c., la previsione di una "sanzione pecuniaria", avente natura di pena privata, a carico del condomino che contravvenga alle disposizioni del regolamento stesso, l'ammontare di tale sanzione non può essere superiore, a pena di nullità, alla misura massima consentita dallo stesso art. 70 e pari ad Euro 0,05 (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10329 del 21/04/2008; Cass. n. 948 del 26.01.1995).

A maggior ragione dunque non si può ritenere che sia consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie, ovvero diversamente "afflittive", ciò che sarebbe in contrasto con i principi generali dell'ordinamento che non consentono al privato - se non eccezionalmente - il diritto di "autotutela". Cass. 16 gennaio 2014 n. 820 N.B. Gli importi e le modalità di erogazione delle sanzioni sono state oggetto di intervento ad opere dalla riforma del condominio e della successivo d.l. n. 143/13

Le deliberazioni assembleari condominiali (con le necessarie maggioranze di legge) o lo stesso regolamento condominiale possono limitare l'uso delle parti comuni, per cui, in caso di diversa disciplina condominiale, non trova applicazione l'art. 1102 c.c., il quale svolge una funzione sussidiaria (ovvero opera nella sola eventualità in cui non sia intervenuta una differente regolamentazione in sede condominiale).

Infatti, a tal scopo, deve affermarsi che - secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 2369 del 1971; Cass. n. 1600 del 1975; Cass. n. 2727 del 1975 e Cass. n. 3169 del 1978) - l'art. 1102 c.c., nel prescrivere che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne lo stesso uso secondo il loro diritto, non pone una norma inderogabile, ragion per cui i suoi limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale o dalle apposite delibere assembleari adottate con i "quorum" prescritti dalla legge. Cass. 4 dicembre 2013 n. 27233

La delibera assembleare che, in considerazione dell'insufficienza dei posti auto in rapporto al numero dei condomini, ha previsto l'uso turnario e stabilito l'impossibilità, per i singoli condomini, di occupare gli spazi ad essi non assegnati anche se i condomini aventi diritto non occupino in quel momento l'area parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l'art. 1102 c.c., ma costituisce corretta espressione del potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune da parte dell'assemblea.

Infatti, se la natura di un bene immobile oggetto di comunione non ne permette un simultaneo godimento da parte di tutti i comproprietari, l'uso comune può realizzarsi o in maniera indiretta oppure mediante avvicendamento (Cass. 3-12-2010 n. 24647; Cass. 4-12-1991 n. 13036).

Pertanto, l'assemblea, alla quale spetta il potere di disciplinare i beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione (Cass. 11-1-2012 n. 144; Cass. 22-3-2007 n. 6915), ben può stabilire, con deliberazione a maggioranza, il godimento turnario della cosa comune, nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, non sia possibile l'uso simultaneo da parte di tutti i condomini, a causa del numero insufficiente dei posti auto condominiali. Cass. 19 luglio 2012 n. 12485

L'art. 1138 cod. civ. si limita a stabilire che la formazione del regolamento, per disciplinare l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, è obbligatoria quando il numero dei condomini è superiore a dieci, ma non pone affatto l'obbligo della sua redazione a carico del venditore delle singole unità abitative di cui è composto il condominio, che sia anche costruttore dello stabile. Cass. 23 febbraio 2012 n. 2742

Nell'interpretare il regolamento di condominio il Giudice deve osservare gli stessi canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 cod. civ. e segg., per la interpretazione degli atti negoziali, avendo questi validità generale. Cass. 23 gennaio 2007 n. 1406

È stata da tempo abbandonata l'opinione secondo cui sarebbero di natura contrattuale, quale che sia il contenuto delle loro clausole, i regolamenti di condominio predisposti dall'originario proprietario dell'edificio e allegati ai contratti d'acquisto delle singole unità immobiliari, nonché i regolamenti formati con il consenso unanime di tutti i partecipanti alla comunione edilizia (v. sent. nn. 2275 del 1968,882 del 1970).

La giurisprudenza più recente e la dottrina ritengono, invece, che, a determinare la contrattualità dei regolamenti, siano esclusivamente le clausole di essi limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive (divieto di destinare l'immobile a studio radiologico, a circolo ecc...) o comuni (limitazioni all'uso delle scale, dei cortili ecc.), ovvero quelle clausole che attribuiscano ad alcuni condomini dei maggiori diritti rispetto agli altri (sent.nn. 208 del 1985,3733 del 1987,854 del 1997).Quindi il regolamento predisposto dall'originario, unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni pure se immobili. Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943

Un regolamento di condominio non contenuto nello scritto è inconcepibile perché l'applicazione delle sue disposizioni, a volte di incerta interpretazione, e la sua impugnazione sarebbero difficili se non impossibili in assenza di un riferimento documentale. Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943

La distinzione delle clausole del regolamento contrattuale

Regolamento di condominio di natura contrattuale

Come più volte affermato in giurisprudenza (v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 3944 del 18/03/2002 Rv. 553129; Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003 Rv. 559834) il legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 cod. civ.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio). Cass. 24 febbraio 2017 n. 4844

Con il regolamento di condominio di fonte e contenuto contrattuale ben può essere attribuita la comproprietà delle cose, incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 cod. civ., a coloro cui appartengono alcune determinate unità immobiliari, indipendentemente dalla sussistenza di fatto del rapporto di strumentalità che determina la costituzione ex lege del condominio edilizio (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1366 del 10/02/1994; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15794 del 11/11/2002). Cass. 21 febbraio 2017 n. 4432

Il regolamento di condominio di origine contrattuale può vietare che nelle unità immobiliari ubicate in condominio si esercitino attività di affittacamere, cui vanno equiparate, per simiglianza, quella alberghiera e di bed and breakfast. Cass. 7 gennaio 2016 n. 109

E' ammissibile e vincolante la clausola compromissoria contenuta in un regolamento condominiale che deroghi a quanto stabilito dall'art. 1137 c.c. in quanto è da ritenere che anche la materia delle deliberazioni condominiali, siccome attinenti a diritti patrimoniali disponibili sia devolvibile ad arbitri. Trib. Milano 16 novembre 2015 n. 12843

il regolamento di condominio edilizio predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio è vincolante, purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto, sì da far parte per relationem del loro contenuto, per coloro che successivamente acquistano le singole unità immobiliari, anche se non per coloro che abbiano acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione del regolamento stesso (v., tra le altre, Cass., sentt. n. 15734 del 2004, n. 856 del 2000). Cass. 19 aprile 2014 n. 19798

In caso di regolamento di condominio c.d. contrattuale, non basta indicare il medesimo ma occorre indicare le clausole di esso incidenti in senso limitativo sui diritti dei condomini sui beni condominiali o sui beni di proprietà esclusiva (Cass. 15 dicembre 1986 n. 7515).

In altri termini ai fini della opponibilità delle servitù reciproche costituite con il regolamento di condominio c.d. contrattuale, è necessaria una trascrizione specifica ed autonoma del vincolo. Cass. 31 luglio 2014 n. 17493

L'interpretazione di un regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità, quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione (v. ex pluribus, Cass. nn. 17893/09, 1406/07 e 9355/00). Cass. 19 ottobre 2012 n. 18052

E' del tutto legittimo che le norme del regolamento di condominio - ove di natura contrattuale, id est predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti d'acquisto dai subentrati condomini ovvero adottate con il consenso unanime di questi ultimi in sede assembleare, questione, comunque, non sollevata in questa sede - possano derogare od integrare la disciplina legale ed, in particolare, possano dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall'art. 1120 CC, estendendo il divieto d'immutazione sino alla conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio quali risultanti nel momento della sua costruzione od esistenti in quello della manifestazione della volontà negoziale.Cass. 6 ottobre 2009 n. 11121

I vincoli e le limitazioni d'uso alle parti comuni e di proprietà esclusiva contenute in un regolamento di origine contrattuale possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare) (Cass., n. 1560 del 1995; Cass., n. 9564 del 1997; Cass., n. 11126 del 1994). Cass. 18 settembre 2009 n. 20237

Le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d'incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni (Cass. n. 23 del 07/01/2004).

Trattandosi di materia che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono quindi dar luogo ad un'interpretazione estensiva delle relative norme. Cass. 20 luglio 2009 n. 16832; conf. tra le tante Cass.20 ottobre 2016 n. 21307

Laddove […] il regolamento contempli (anche) clausole di natura contrattuale (che pongano cioè nell'interesse comune limitazioni ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà), queste sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione. Cass. 20 aprile 2005 n. 8216

Modifica del regolamento contrattuale e adempimenti connessi

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