Va annullata la delibera che vieta al proprietario esclusivo di utilizzare come bed & breakfast la sua unità immobiliare se il regolamento di condominio non lo vieta in maniera chiara e univoca. Si può sintetizzare così il principio espresso dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 727 del 18 gennaio 2017.
Il giudice capitolino ha accolto il ricorso del condomino contro la delibera assembleare che vietava di esercitare l'attività ricettiva all'interno del proprio immobile.
È vero che il regolamento di condomino, di natura condominiale, può imporre limiti alla proprietà esclusiva,elencando le attività vietate oppure con riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare. Tuttavia, tali limitazioni vanno espresse in maniera chiara. Occorre indicate in maniera specifica le attività vietate.
Se i divieti previsti in regolamento sono troppo generici, vanno interpretati in maniera restrittiva e, comunque, a favore del singolo proprietario.
Nel caso di specie, il regolamento contrattuale prevedeva sì delle limitazioni, ma senza specifico riferimento alle attività ricettive. Anche il richiamo alla tutela della quiete e di “igiene, sicurezza, decenza e moralità”, secondo il Tribunale, appare troppo generico e non sufficiente per bloccare il b&b in condominio.
Il fatto–Un condomino impugnava la delibera con la quale l'assemblea aveva espresso parere contrario allo svolgimento dell'attività di b&b, dallo stesso esercitata all'interno dell'appartamento di sua proprietà.
Secondo il condominio, l'attività ricettiva è vietata dal regolamento di condominio, di natura contrattuale, che all'art. 16 dispone: “gli appartamenti non possono essere adibiti ad uso diverso dall'abitazione o ufficio professionale privato, con divieto di adibirli ad uso di gabinetti di cura od ambulatori, nonché ad usi contrari alla piena tranquillità, all'igiene, alla sicurezza, alla decenza, alla più rigida moralità ed al buon nome del condominio”.
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