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Cosa succede se il conduttore paga i canoni di locazione scaduti all'udienza di convalida dello sfratto?

Locazione commerciale, pagamento banco iudicis dei canoni e risoluzione del contratto.
Avv. Alessandro Gallucci 

Che cosa succede se il conduttore di un bene immobile adibito a locale commerciale paga i canoni di locazione scaduti all'udienza di convalida dello sfratto?

Se il locatore accetta il pagamento, ma non modifica la domanda di risoluzione del contratto, è legittima la decisione con la quale il giudice adito, al termine della causa, pronunci la risoluzione del contratto di locazione.

La questione è sovente oggetto di diatriba e contrasti in sede giurisprudenziale. Un caso, risolto dalla Cassazione nel 2014, con la sentenza n. 25853, è significativo rispetto all'argomento che tratteremo.

Pagamento banco iudicis, locazioni commerciali e risoluzione del contratto, questi i termini attorno ai quali è ruotata la vicenda decisa dalla Suprema Corte.

Pagamento banco iudicis, che vuol dire?

Con l'espressione latina banco iudicis ci si riferisce ad un atto giuridicamente rilevante rispetto alla materia del contendere compiuto davanti al giudice adito; classico esempio di quest'atto è proprio il pagamento di una somma di denaro da parte del debitore verso il creditore.

Si badi: davanti al giudice non si può solamente pagare ma anche fare un'offerta di pagamento (es. perché difforme dalla richiesta di pagamento).

Nel caso delle locazioni ad uso abitativo il pagamento banco iudicis rappresenta un momento importante connotato con la locuzione termine di grazia.

Pagamento banco iudicis nelle locazioni ad uso abitativo

L'art. 55, primo comma, legge n. 392/78 recita:

La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.

Insomma nel caso di questo genere di locazioni il pagamento banco iudicis salva la validità del contratto: questo il significato della locuzione termine di grazia. In casi di particolare difficoltà economica del conduttore, il termine di pagamento può essere spostato a 90 giorni dopo l'udienza.

Diversa la situazione per il caso di locazioni per uso diverso dal quello abitativo, le così dette locazioni commerciali.

Pagamento banco iudicis nelle locazioni ad uso non abitativo, quali differenze?

Rispetto alle locazioni ad uso diverso da quelli abitativo (negozi, uffici, ecc.), la Cassazione ha da tempo specificato che l'art. 55 della legge 392/78, ossia la norma che consente al conduttore di sanare la morosità dei canoni trova applicazione solamente con riferimento alle locazioni per uso abitativo e di conseguenza non è applicabile a quelle "per uso non abitativo, che sono assoggettate ad un'autonoma disciplina alla quale possono essere estese solo le norme sulle locazioni abitative espressamente richiamate, tra le quali non rientra quella del citato articolo" (così, ex multis, Cass. n. 2496/92).

Nulla vieta tuttavia, che il conduttore di un locale commerciale possa pagare quanto richiestogli davanti al giudice, al fine di evitare che il giudice adotti il provvedimento di sfratto per morosità.

Per le locazioni non abitative esiste l'obbligo di adeguare l'immobile?

Tale comportamento, però, non influisce sul prosieguo della causa, se il proprietario/locatore non rinuncia alla domanda di risoluzione del contratto.

Pagamento banco iudicis nelle locazioni ad uso non abitativo, nessun blocco automatico per l'azione di risoluzione

Nel caso risolto dalla sentenza n. 25853 del 2014, il conduttore di un locale commerciale aveva provveduto al pagamento banco iudicis dei canoni di locazione scaduti. Ciò aveva fatto sì che il giudice non emettesse ordinanza provvisoria di rilascio, ma non aveva impedito all'esito della causa, di arrivare alla pronuncia di risoluzione del contratto.

Secondo l'inquilino questa decisione, confermata dal giudice di appello, aveva violato il disposto dell'art. 1453, terzo comma, c.c. a mente del quale il debitore non può più adempiere dopo che il creditore ha presentato la domanda giudiziale di risoluzione del contratto.

Secondo la Cassazione la decisione assunta era corretta ed il ricorso, sul punto, infondato.

Motivo?

Si legge in sentenza che la regola prevista dall'art. 1453, terzo comma, cod. civ. ha carattere dispositivo, ossia "nulla vieta che il creditore, nell'ambito delle facoltà connesse all'esercizio dell'autonomia privata, possa accettare l'adempimento della prestazione, successivo alla domanda di risoluzione, rinunciando agli effetti della stessa (Cass. n. 11967 del 2004), prendendo atto dell'adempimento per quanto tardivo del conduttore".

Tuttavia, dice la Corte, nel caso di specie il locatore avrebbe potuto "a fronte del pagamento banco iudicis del debito capitale per i canoni scaduti, rinunciare del tutto alla domanda o concentrare la sua domanda di risoluzione sull'inadempimento limitato alla mancata corresponsione di interessi e spese" (Cass. 9 dicembre 2014 n. 25853).

Come dire: se si conduce in locazione un locale commerciale, il pagamento davanti al giudice non salva il contratto a meno che non sia il locatore/creditore che ricevuto il pagamento per i debiti maturati in passato si ritenga soddisfatto e dunque decida autonomamente di rinunciare alla domanda di risoluzione del contratto e proseguire nel rapporto.

Insomma nessun automatismo, come per le locazioni ad uso abitativo.

Locazione commerciale, quando può essere dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento?

Sentenza
Scarica Cass. 9 dicembre 2014 n. 25853
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