Secondo il nostro ordinamento, non è possibile costruire un edificio senza considerare una distanza minima tra i fabbricati. Lo sviluppo del territorio, perciò, passa anche attraverso il rispetto di questo principio generale, puntualmente precisato e specificato all'interno delle varie norme di riferimento.
Quindi in ragione di questa regola, allorché essa sia violata, spetta il generale rimedio dell'azione di ripristino dello status quo ante. In pratica, colui che ha realizzato una costruzione in difetto delle distanze di legge tra gli edifici, può essere costretto a demolirla oltre al pagamento del danno arrecato al vicino.
Cosa succede, però, se la questione in esame riguarda uno dei tanti condominii, con una parete finestrata? I proprietari facenti parte dell'edificio sono tutti legittimati ad agire contro il costruttore dell'adiacente fabbricato realizzato in violazione delle distanze?
Ha affrontato l'argomento, rispondendo alla domanda appena posta, la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 7604 del 21 marzo 2024. Non ci resta, perciò, che approfondire il tema non prima di aver individuato il quadro normativo di riferimento.
Violazione distanze tra condominii con pareti finestrate: cosa dice la legge?
In tema di distanza tra fabbricati con pareti finestrate, bisogna, innanzitutto, considerare la regola generale contenuta nell'art. 873 cod. civ. "Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore".
A questa disposizione occorre, quindi, aggiungere le prescrizioni contenute nell'art. 9 del Dm 1444/1968 secondo il quale la distanza minima tra edifici, nelle zone che non sono di particolare carattere storico, artistico o di pregio ambientale, è almeno di dieci metri "Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti".
Infine, non bisogna dimenticare che i regolamenti edilizi locali possono derogare a questo limite di dieci metri, ma soltanto aumentandolo e mai diminuendolo. Infatti, come ha affermato, più volte, la giurisprudenza della Cassazione, non è ammissibile il contrario anche perché si finirebbe per contraddire il dettato dell'art. 873 cod. civ. "l'art. 873 c.c. non può subire deroghe da parte di fonti secondarie, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, atteso che il rinvio a norme integrative contenuto nell'ultima parte dell'art. 873 c.c. riguarda la sola possibilità, per tali norme, di stabilire un distacco maggiore di quello codicistico (v. tra le varie Cass. n. 23845/2018)".
Violazione distanze tra condominii con pareti finestrate: può agire solo il proprietario con l'affaccio?
Nel caso in commento, la diatriba nasceva poiché, a detta di un proprietario di un appartamento di un edificio munito di parete finestrata che affacciava sull'adiacente fabbricato, quest'ultimo era stato costruito in violazione delle distanze previste dall'art. 9 del Dm 1444/1968 e dai regolamenti locali.
In particolare, secondo quest'ultimi, lo spazio intercorrente tra i due manufatti doveva essere di almeno 14 metri. In ragione di ciò, chiedeva che il convenuto fosse condannato al ripristino dello stato dei luoghi.
Ebbene, gli Ermellini, nel valutare le decisioni assunte a riguardo dalla precedente Corte di Appello di Reggio Calabria, hanno precisato che tutti i proprietari di un condominio dotato di parete finestrata hanno la facoltà di agire per ottenere il rispetto delle distanze di legge tra gli edifici.
Non è, perciò, essenziale che ad agire sia, ad esempio, il titolare di un immobile munito della relativa veduta verso il fabbricato costruito in violazione.
L'azione di ripristino, infatti, è prevista a tutela dell'intero fabbricato e mira a proteggere una precisa caratteristica dell'edificio "la norma dell'art. 10 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, la quale prescrive che tra pareti finestrate deve essere osservata la distanza di dieci metri, ha inteso indicare una caratteristica del fabbricato, nel senso che quando questo presenta una facciata munita di finestre, il vicino non può costruire a meno di dieci metri da essa. Conseguentemente, ciascun condomino e non i soli proprietari degli appartamenti con vedute site lungo la facciata interessata, è legittimato a esperire l'Azione per fare valere il rispetto, da parte del vicino, della detta distanza, in quanto tale Azione è posta a tutela dell'intero edificio (Sez. 2, n. 1387, 05/03/1986)".