Il Tar Campania traccia una chiara linea di demarcazione fra normativa urbanistico-edilizia che prevede svariate forma di partecipazione di privati e soggetti portatori di interessi diffusi e rilascio del permesso di costruire che, invece, non prevede alcuna partecipazione di terzi interessati
I proprietari di due appartamenti collocati in un edificio condominiale risalente al periodo fascista, in occasione dei lavori di manutenzione straordinaria consistenti nel rifacimento della facciata, comunicano all'assemblea di condominio la loro intenzione di trasformare due finestre, collocate nei rispettivi immobili, in balconi.
L'assemblea di condominio si esprime negativamente deliberando che tali lavori non avrebbero potuto essere eseguiti, ma incuranti della volontà espressa dall'organo assembleare i proprietari degli appartamenti in questione, dopo aver presentato al Comune una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività), provvedono alla realizzazione dei balconi. => Permesso di costruire al singolo condomino. È possibile in assenza di una delibera dell'assemblea condominiale?
Preso atto di tale circostanza il condominio, tramite il proprio legale, chiede al Comune di riesaminare tale atto assertivo puntualizzando che lo stesso non aveva tenuto conto in alcun modo del diniego espresso dal condominio in merito alla realizzazione delle opere in questione. Il Comune dal canto suo rifiutava di riesaminare nuovamente la questione motivando tale rifiuto sostenendo:
a) l'assenza nelle pratiche edilizie esaminate del diniego condominiale all'istanza di autorizzazione degli interventi,
b) e la natura non pattizia della Scia, tanto che con successiva nota dirigenziale invitava i condòmini al che “ ogni pretesa di terzi sull'area oggetto di intervento dovrà essere svolta nelle sedi giudiziarie competenti”.
I condomini, ritenendo che l'Ente aveva illegittimamente omesso di prendere in considerazione la loro richiesta impugna i provvedimenti appena menzionati, motivando il proprio ricorso sulla base di una serie di motivazioni fra i quali i ricorrenti fanno figurare quello secondo cui l'atto di assenso condominiale costituisce un presupposto di legittimità del titolo edilizio, la cui mancanza comporta il dovere di demolizione delle opere realizzate ( balconi)…
Il Tar campano, esaminato i motivi del ricorso e la questione giuridica nel suo insieme, ha precisato che il suo sindacato “ non può spingersi fino alla verifica circa l'effettiva necessità dell'assenso condominiale alla luce delle caratteristiche dell'intervento realizzato. ….
Nel caso in questione, infatti, sono in gioco la violazione delle norme del Codice civile circa l'uso delle parti comuni e pertanto si tratta di censure che investono la violazione di diritti soggettivi… che riguardano il diritto di proprietà del Condominio e dei singoli proprietari sulle aree comuni….” ( A tal proposito la sentenza cita il seguente precedente giurisprudenziale Tar Venezia, Veneto, sez. II, 14.2.2014, n. 199)
Tutta la questione sollevata con il ricorso, infatti, ruota intorno alla rilevanza dell'autorizzazione condominiale al fine del rilascio della Scia attraverso l'iniziativa di contro interessati.
A tal proposito è bene sottolineare, così come evidenziato dalla sentenza in commento, che la giurisprudenza amministrativa fornisce una risposta negativa a tale quesito ribadendo unanimemente che “ deve assolutamente censurarsi quella prassi amministrativa che subordina il rilascio di titoli edilizi abilitativi al consenso di titolari di diritti reali confinanti o di diritti reali di comunione – tra cui il condominio- e finanche di diritti personali di godimento” pertanto tale circostanza comporta che “ i rapporti fra l'istante ed i vicini hanno natura e rilevanza privatistica e non devono interessare l'amministrazione locale ….” (Tar Latina, Lazio, sez. I, 9.12.2010 n. 1949; Tar. Venezia, Veneto, sez. II, 2.7.2007 n. 2139; Consiglio di Stato, sez. V, 9.11.1998 n. 1583)
Dunque, collocandosi nel solco giurisprudenziale prevalente, la sentenza del Tar Campano in commento ha ulteriormente ribadito che il rilascio di titoli abilitativi edilizi non è subordinato al consenso dei condòmini, in quanto i rapporti fra questi ultimi e l'istante hanno natura privatistica e non devono interessare l'amministrazione locale anche perché in tali casi opera la clausola di salvaguardia generale che fa salvi i diritti dei terzi prevista dall'art. 11, comma terzo, del Dpr 380/2001.
In seguito alla presentazione di un'istanza edificatoria, quindi, il Comune ha l'obbligo di valutare se l'istante abbia l'effettiva disponibilità del bene oggetto dell'intervento edificatorio quando tale circostanza sia posta in discussione da uno o più comproprietari che si attivino per denunciare il proprio dissenso al rilascio del titolo (Tar Puglia, Lecce, sent. 49/2012; Tar Piemonte, sez. I, n. 3182/2008), ma non può certo esercitare un potere di autotutela una volta giunto a conoscenza della mancanza di autorizzazione condominiale.