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Se il condomino critica l'operato dell'amministratore non può essere condannato per diffamazione

Richiesta di risarcimento del danno per diffamazione formulata da un amministratore contro un condomino.
Avv. Alessandro Gallucci 

C’è un reato penale che si chiama diffamazione che risulta compiuto quando l’insultante proferisce i propri strali contro un soggetto assente ed almeno davanti a due. Una lettera affissa ad una bacheca integra il reato di diffamazione. Essa, infatti, può essere letta da un numero indefinito ed indefinibile di persone.

Il reato in sé è spesso oggetto di critiche da parte di chi, come lo scrivente, ritiene che la libertà d’espressione non debba essere mai limitata o sanzionata a livello penale (ossia nel modo legalmente più duro). Non foss’altro per quanto detto dell’art. 21 della nostra Costituzione.

Anche in considerazione dell’importanza del diritto di cronaca e di critica, tuttavia, la giurisprudenza ha posto alcuni limiti alla punibilità delle espressioni ritenute offensive.

Come nel caso di cui parleremo che, per la cronaca, riguarda una causa civile avente ad oggetto una richiesta di risarcimento del danno per diffamazione formulata da un amministratore contro un condomino, per così dire, troppo loquace.

Nella sostanza, afferma il professionista revocato dal incarico, il suo ex rappresentato avrebbe tenuto una condotta gravemente lesiva della sua reputazione personale e professionale, inveendo in più occasioni, in assemblea e per iscritto, contro di lui.

Il Tribunale chiamato a dare giustizia alla domanda dell’amministratore ha prima d’ogni cosa inquadrato giuridicamente la vicenda. Si legge nella sentenza che " in tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo della stampa, qualora il fatto non sia stato ancora valutato in sede penale, presupposto per l'applicabilità della esimente dell'esercizio del diritto di cronaca è la continenza del fatto in esso, intesa in senso sostanziale e formale.

Sotto il primo profilo, i fatti narrati debbono corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma soggettiva; sotto il secondo, la esposizione dei fatti deve avvenire in modo misurato, deve, cioè, essere contenuta negli spazi strettamente necessari.

Peraltro,quando,come accade frequentemente, la narrazione di determinati fatti sia esposta insieme alle opinioni dell'autore dello scritto, in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica, la valutazione della continenza non può essere condotta, sulla base dei soli criteri indicati, essenzialmente formali, dovendo, invece, lasciare spazio alla critica mira non già interpretazione soggettiva dei fatti esposti.

Infatti, la ad informare, ma a fornire giudizi e valutazioni personali, e, se è vero che, come ogni diritto, anche quello in questione non può essere esercitato se non entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall'ordinamento positivo, da ciò non può inferirsi che la critica sia sempre vietata quando sia idonea ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanc iamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita.

Siffatto bilanciamento è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all'interesse pubblico, cioè nell'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, che è presupposto dalla stessa, e, quindi, fuori di essa, ma di quella interpretazione del fatto, interesse che costituisce, assieme alla correttezza formale (continenza), requisito per la invocabilità della esimente dell'esercizio del diritto di critica" (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 9746 del 25/07/2000)” (Trib. Modena 18 aprile 2012 n. 648).

Nel caso di specie, ha concluso il Tribunale emiliano, non poteva dirsi esistente una condotta offensiva nel senso diffamatorio, se non in un isolato e trascurabile caso, in quanto il condomino aveva sempre circostanziato le proprie critiche a ben precise ipotesi.

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